PERO' HO UN DUBBIO : SE FOSSE RESA OBBLIGATORIA LA VACCINAZIONE,COME FAREBBERO A GIUSTIFICARE IL FLOP DEI VACCINI PER FERMARE LA PANDEMIA...? ADESSO SCARICANO LA COLPA SUI NO VAX !
Che si fa per
Natale (anzi
«per le feste», in
modo da non
turbare il lessico «inclusivo»
europeo)? Una bella norma
su ll ’obbligo vaccinale, che
contraddirebbe la solenne
promessa dell’Ue di non discriminare i non vaccinati.
Ce lo chiede la Germania,
verrebbe da dire. Perché Berlino chiama e Bruxelles risponde. Prima il premier in
pectore tedesco, Olaf Scholz,
lancia l’idea. E subito dopo la
teutonica Ursula von der Leyen, presidente della Commissione Ue, rilancia: «È ora
che l’Unione europea inizi a
discutere dell’obbligo vaccinale». Musica per le orecchie
del governo tedesco, in cerca
di una copertura internazionale per questa stretta che
serve a tamponare l’onda dei
contagi. Poi toccherà agli altri Paesi adeguarsi, in nome
di un «approccio comune»
ancora tutto da chiarire.Che si fa per Natale (anzi
«per le feste», in modo da non
turbare il lessico «inclusivo»
europeo)? Una bella norma
sul l ’obbligo vaccinale, che
straccerebbe e contraddirebbe buona parte delle cose solennemente dette e scritte dalla stessa Ue nell’ultimo semes tre.
Ma ora le carte in tavola sono improvvisamente cambiate. E come mai? Elementare,
Watson: perché la situazione
sanitaria tedesca è in netto e
rapidissimo peggioramento, e
a Berlino stanno cercando il
modo di ottenere ciò che vogliono (cioè norme draconiane) senza assumersi il costo
politico di una decisione nazionale diretta, ma simulando
di farsi imporre la scelta da
Br u xe l l e s .
«Quello che va bene per la
Fiat va bene per l’Italia», sussurrava l’avvocato Gia nni
Ag nelli. La formula, riveduta e
corretta in salsa tedesca, suonerebbe così: «Quello che va
bene alla Germania dovrà andar bene anche al resto d’Eu -
ropa». E così, dopo mille occasioni in cui il vincolo esterno è
scattato come frusta per punire qualcun altro, stavolta lo
schema conoscerebbe una curiosa variante: il vincolo esterno per imporre a tutti gli altri
ciò che Berlino ritiene utile a
sé in un dato momento. E in
effetti, se si considera la sequenza di dichiarazioni delle
ultime 48 ore, c’è una triangolazione impressionante.
Scena uno. Parla Ste f fe n
Seiber t, il portavoce di A n gel a
M e rkel : «La Germania si prepara a discutere in Parlamento
l’obbligo vaccinale generalizzato per il Covid e va verso una
sorta di lockdown per non vacc i n at i » .
Scena due. La palla viene
raccolta e rilanciata dall’o rmai quasi certo successore di
Angela Merkel, l’attuale ministro delle Finanze e leader socialdemocratico Olaf Scholz:
«È importante stabilire un obbligo generalizzato alla vaccin a z io n e » .
Scena tre (il giorno dopo,
cioè ieri pomeriggio, in conferenza stampa). Entra in campo
Ursula von der Leyen, già ministro merkeliano e ora presidente tedesca della Commissione Ue: «È ora che l’Un io n e
europea inizi a discutere dell’opportunità di introdurre il
vaccino obbligatorio contro il
C ov id » .
Furbescamente, la von der
L eye n ha lasciato cadere la
bomba parlando di Atene e
non di Berlino: la tedesca ha
infatti risposto a una domanda
sulle possibili sanzioni che la
Grecia potrebbe introdurre
per gli over 60 non vaccinati.
Così, la tedesca ha fatto presente che ci sono 150 milioni di
persone tuttora non inoculate,
e ha aggiunto: imporre l’obbli -
go «è assoluta competenza degli Stati membri. Su questo
non spetta a me dare alcuna
raccomandazione». Ma subito
dopo ha lasciato a verbale: «Se
mi chiedete qual è la mia posizione personale, due o tre anni
fa non avrei mai pensato di vedere quello a cui assistiamo
ora. Abbiamo una pandemia
orribile, abbiamo vaccini che
salvano la vita, ma non vengono usati in modo adeguato
dappertutto. Pertanto, questo
è un enorme costo sanitario».
Conclusione: «Penso che sia
comprensibile e appropriato
condurre questa discussione
ora su come possiamo incoraggiare e potenzialmente
pensare alla vaccinazione obbligatoria all’interno dell’Ue .
Serve un approccio comune,
ma penso che sia una discussione che deve essere fatta».
E qui arriva il primo avvertimento: che vuol dire «approccio comune»? Dobbiamo attenderci convocazioni urgenti
dei rappresentanti dei governi
in sede di Consiglio europeo?
Oppure la ripresa della questione carsica (che di tanto in
tanto scompare e riappare)
delle maggiori competenze Ue
in materia sanitaria? La strada
scelta non è ancora chiara: la
prima sarebbe intergovernativa, la seconda più comunitaria. Ma non è escluso un terzo
modo per arrivare allo stesso
obiettivo: che qualche Stato si
offra come battistrada, e che
poi (in modo apparentemente
«spontaneo») scatti il processo
imitativo, replicando il meccanismo in tutta Europa o quasi.
Peccato che tutto ciò contrasti con quello che la stessa
Ue aveva a più riprese affermato a chiare lettere, ad esempio
quando fu varato il green pass
europeo (che tra l’altro, giova
ricordarlo, nasceva non per
vietare ma per favorire la circolazione delle persone, risparmiando ai viaggiatori il labirinto delle quarantene). All’epoca la normativa Ue spiegò
che era «necessario evitare la
discriminazione diretta o indiretta di persone che non sono vaccinate o hanno scelto di
non esserlo». Non solo: una risoluzione del Consiglio d’Eu -
ropa invitava l’Ue e gli Stati ad
assicurare che i cittadini fossero «informati del fatto che la
vaccinazione non e obbligatoria e che nessuno può essere
sottoposto a una pressione politica, sociale o di altro genere
affinché si vaccini se non desidera farlo, e che nessuno sia
discriminato» in caso di scelte
d ive r s e.
Anche in sede politica, ancora l’estate scorsa, la M e rkel
in persona, dopo la decisione
francese del pass e dell’obb l i go
per il personale sanitario, disse: «Non stiamo programmando di rendere la vaccinazione
anti Covid obbligatoria». E uno
dei portavoce della Commissione aggiunse: «Le campagne
vaccinali sono competenze
nazionali, quindi se siano obbligatorie o meno spetta agli
Stati membri deciderlo». Ma
ora è scattata l’inversione a U.
Come si dice «contrordine,
compagni» in tedesco?
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