STUPIDA RAZZA

martedì 18 gennaio 2022

Gli inetti al governo ci hanno regalato un lockdown di fatto

 

Di Patrizio Bianchi, ministro della Pubblica istruzione, nel Pd dicono: non è in malafede, non dice che nella scuola va tutto bene anche se centinaia di migliaia    di studenti e professori sono costretti a restare a casa, in Dad, perché vuole nascondere il fallimento del governo. No, B i a n ch i non è un imbroglione, assicurano i suoi compagni: è solo un incapace, che non ha ancora capito dove sta, quale sia il suo compito, che impegno richieda il suo ruolo. Per giustificare la scelta di un ministro che riesce quasi nell’impresa impossibile di far rimpiangere Luc i a A z zol i n a , ex responsabile della scuola ai tempi di G iu - seppe Conte, signora che ha collezionato più di una gaffe, nel Partito democratico danno la colpa a Romano Prodi, che di B i a n ch i pare sia stato lo sponsor, ma anche a Ste fa n o B on ac ci ni , governatore dell’Emilia Romagna, della cui giunta il ministro fu assessore. Una cosa è certa: il milieu da cui proviene l’uomo che avrebbe dovuto risollevare l’istruzione dal baratro in cui sprofondò grazie alla ministra grillina, è quello della sinistra bolognese che ruota intorno al Mulino, casa editrice vicina all’ex presidente della Ue e tuttora aspirante presidente della Repubblica, anche se giorno dopo giorno i bagarini delle scommesse quirinalizie danno le sue quotazioni in discesa. B i a n ch i non era né carne né pesce, né un docente di prima fila, né un politico di seconda fila. Oggi nessuno si sente in obbligo di intestarsi la nomina, ma sta di fatto che nel governo di Mario Draghi venne spacciato come un tecnico. Di area, ma pur sempre un tecnico. E in dodici mesi o quasi, da quando è arrivato ai vertici del ministero con più dipendenti e con più problemi, di tecnico non ha fatto quasi nulla. Al punto che, come dicevo, perfino chi lo ha voluto un po’ se ne vergogna. Nella storia delle Repubblica ci sono stati ministri arroganti, ministri prepotenti, in qualche caso corrotti. No, Bianchi non è nulla di tutto ciò: è semplicemente un ministro di carta velina. Come un tempo in Italia ci fu un Avvocato di panna montata, perfetta definizione di un imprenditore che, pur non avendo fatto nulla, fu sempre considerato un industriale illuminato e geniale, tale da meritarsi l’elezione a presidente di Confindustria, adesso abbiamo il ministro trasparente. Non per le scelte fatte, di cui deve rendere conto agli italiani, ma perché guardandolo nessuno capisce che a cosa serva e che cosa faccia. L’ultima sua apparizione è di oltre una settimana fa. Al fianco del presidente del Consiglio Mario Draghi, si è presentato per spiegare le nuove misure contro la pandemia. A chi si aspettava un rinvio dell’apertura delle scuole, Bianch i ha spiegato che non c’e ra ragione di ritardare, perché le lezioni sarebbero riprese in sicurezza. Secondo lui, solo una minoranza di docenti avrebbe saltato l’appello e per quanto riguarda gli studenti, solo pochissimi avrebbero dovuto seguire i professori da casa. Una rassicurazione a cui fin dall’inizio quasi nessuno ha creduto, ma alla ripresa delle lezioni dopo Natale, la maggioranza degli italiani con figli ha avuto la certezza che B i a n ch i aveva parlato a vanvera, senza sapere nulla di ciò che stava accadendo. Pronti via, il tempo di salire in cattedra e molti professori hanno dovuto scendere, per via dei contagi e delle assenze. Del resto, non c’è da essere sorpresi: se dopo due anni di pandemia la sola misura preventiva adottata sono le finestre aperte delle aule per consentire il ricircolo d’aria, si fa fatica a immaginare che le lezioni possano procedere senza interruzioni. Non solo. Se per la riammissione a scuola dopo un periodo di contagio bisogna fare un percorso a ostacoli, si fa fatica a immaginare che le lezioni possano riprendere con regolarità. E infatti non ripartono. Nessuno ha statistiche precise, ma il numero di studenti sospesi nel limbo del tempo e del certificato verde è notevole (secondo Il Messaggero il 70% degli studenti sarebbe in didattica integrata, cosa che rende complicatissimo lo svolgimento delle lezioni). Qualche lettore magari si starà domandando perché io abbia dedicato tanto spazio ai guai del ministro B i a n ch i e del dicastero a lui affidato. La risposta è semplice: la scuola è lo specchio di ciò che sta accadendo nel Paese, dove grazie alle norme introdotte dal governo si rischia un lockdown di fatto. Il blocco dell’Italia non è dichiarato, né vi sono ordinanze che danno lo stop ai negozi e ai ristoranti, ma di questo passo lo stop sarà nei fatti. Già ora si fa fatica a riaprire i locali e tornare alla normalità, ma se non si smette di inseguire i no vax, per pensare a chi desidera recuperare la vita di tutti i giorni, come accade in Gran Bretagna e anche in molte parti del mondo, sarà difficile lasciarsi alle spalle la pandemia. Soprattutto sarà impossibile raggiungere quei livelli di crescita necessari a far ripartire l’economia anche perché, a forza di fare la fila di fronte alle farmacie per i tamponi, c’è il pericolo di rimanere imb ott i g l i at i . Ovviamente Bi anchi n on ha colpa di tutto ciò. Ma il suo disastro è l’emblema di un disastro del Paese, ostaggio di un pugno di ministri che da Fra n c e s ch i n i a B i a n ch i , invece aiutare l’Italia a superare la pandemia, fanno di tutto per farcela restare, perché - in fondo - lo stato d’e m e rge n za fa male a qualcuno, ma non a tutti. Pensate solo a quante noie parlamentari l’e s e c ut ivo ha potuto evitare grazie all’emergenza. Con il voto di fiducia tutto è più semplice. A parte naturalmente la vita degli italiani, costretti a fare la coda non per la tessera del pane, ma per la tessera vaccin a l e.

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