STUPIDA RAZZA

martedì 11 gennaio 2022

«Perché festeggiare l’eur o? La Bce ha distrutto il credito»

 

SPECULAZIONE BELLEZZA !

I prezzi salgono perché la moneta messa in circolo dalle banche centrali è tanta.
Ti compri le azioni di Elon Musk che ormai è più ricco di Rockfeller e ancora non ha fatto nulla. Ti compri i bitcoin. E alla fine ti compri pure il grano, il gas, e le materie prime, all’ingrosso, sulle piattaforme di trading. Il mercato dei future impazzisce e i prezzi per le imprese e i consumatori vanno alle stelle».

Con il Pnrr si inverte la rotta? «Di sicuro è un piano di riforme più che di investimenti. Le maggioranze politiche che avremo in futuro saranno costrette a seguire l’at - tuazione di scelte già prese in fretta e furia.

«Non esistono le frontiere, non esiste la storia. Tanto meno la geografia. Viviamo in un eterno presente. Questo è quello che ci raccontano, anche quando festeggiano i 20 anni di euro. Che poi sarebbe più corretto chiamarla commemorazione. Altro che celebrazione. Scopriamo che c’è l’Uc ra i n a . Poi la Bielorussa. E infine il Kazakhistan. E ci sbattono la testa». Guido Salerno Aletta è «il miglior civil servant della Repubblica»: così parlava di lui in privato il presidente emerito Francesco Cossiga. Consigliere al Senato con i più alti incarichi e un trascorso professionale negli uffici del governo a Palazzo Chigi. Economista preparato e apprezzato editorialista. Ma soprattutto agricoltore. Lo scopro perché gli chiedo un’opinione sull’i nf l az io n e. Fenomeno transitorio o duratur o? «Ho un pezzo di terra in Sicilia. Sono 6 ettari e io coltivo di tutto. A giugno ho fatto la mietitura del grano. L’ho fatto controllare. Io il grano non lo vendo, lo regalo, come la paglia o la crusca. Mi hanno proposto 28 centesimi al chilogrammo. Dopo sei mesi 48. È il mercato, b e l l ez za ! » . Annata di magra? «Ma quando mai! Mi sono guardato i dati del dipartimento statunitense dell’Agricoltura, le tonnellate prodotte, di grano e mais: l’annata agraria del 2021 è andata meglio della precedente. I prezzi salgono perché la moneta messa in circolo dalle banche centrali è tanta. Ti compri le azioni di Elon Musk che ormai è più ricco di Rockfeller e ancora non ha fatto nulla. Ti compri i bitcoin. E alla fine ti compri pure il grano, il gas, e le materie prime, all’ingrosso, sulle piattaforme di trading. Il mercato dei future impazzisce e i prezzi per le imprese e i consumatori vanno alle stelle». Tutte le banche centrali hanno inondato il pianeta di soldi? «Più dei numeri mi interessano le culture. La Banca di Inghilterra è la più antica al mondo. Ma la City non ha più il mito della sterlina. A Londra stipuli contratti in qualsiasi valuta. La sterlina serve per gli scambi interni. Al contrario della Fed che vive per il dollaro. Strumento di condizionamento geopolitico. Poi c’è la Banca del Giappone, Paese in surplus commerciale da decenni. Tutta la valuta che incamerano devono riutilizzarla. L’im - menso debito pubblico giapponese a questo serve; a mettere a terra una gran parte dell’avanzo estero per migliorare la produttività generale. È un impiego finanziario produttivo ma non speculativo». Infine c’è la Bce. «Senza storia, senza cultura, senza tradizione. Inonda il sistema di liquidità? Peccato che imponga una ricapitalizzazione da un miliardo a una banca popolare. Il modo migliore per sancire la definitiva distruzione delle banche. Poco importa che poi facciano politiche monetarie ultra-espansive». Le chiamano politiche non conve n z io n a l i . «Il progetto europeo dovrebbe teoricamente basarsi sulla convergenza? Bene. Se rispetti i vincoli del fiscal compact non si capisce perché la Bce tolleri che esistano differenze sui rendimenti dei titoli di Stato. Lo spread dovrebbe essere zero. È questo, quello che la Bce avrebbe dovuto dire nel 2012. Mentre l’Italia era ancora piegata dallo spread nonostante tutte le manovre lacrime e sangue imposte dal governo Monti. Convergenza, appunto. Sui tassi. Ma la Bce è una banca senza storia e senza cultura. Il risultato è stata la distruzione del credito. Anzi del sistema creditiz io » . Fatico a cogliere il passaggio. «Con il quantitative easing la Bce ha alzato bandiera bianca. Con rendimenti sempre più bassi, e soprattutto negativi, le banche non riescono più neppure a mantenere il valore nominale dei depositi a vista, perché gli impieghi a breve hanno tutti rendimenti negativi, dai Bund ai titoli italiani, non solo i Bot. Lo spread fra i vari Paesi non è stato cancellato ma ridotto appena. Una resa incondizionata alla speculazione. Credito e risparmio massacrati. Mi saprebbe spiegare perché una banca dovrebbe dannarsi l’anima a raccogliere denaro fra i risparmiatori se gli impieghi istituzionali hanno rendimenti negativi? O perché dovrebbe affannarsi a fare prestiti - con il rischio di insolvenze e svalutazioni da ricoprire poi con aumenti di capitale monstre - se può fare soldi con un terminale e investire sulle Borse di tutto il resto del mondo?». Discorsi più o meno simili li fanno in Germania… «E hanno ragione. Il bund aveva rendimenti negativi su tutte le scadenze fino a poco tempo fa. Ora per avere rendimenti dello zero virgola devi comunque investire a 20 anni. Se poi guardiamo ai rendimenti reali - al netto cioè dell’inflazione - troviamo un -5% a dieci anni. Praticamente i sacrifici non li fanno i contribuenti pagando le imposte ma gli investitori acquistando quello che dovrebbe essere un bene r i f ug io » . Draghi cerca la sponda Macron per mettere in minoranza la Germ a n i a? «Illusorio. Macron ha fallito. Indipendentemente dal fatto che riesca a essere rieletto. Il suo obiettivo esplicito era fare “meglio dell’Ita - l i a”. Parliamo della liberalizzazione sui trasporti ferroviari, cominciando dall’Alta velocità. La concessione a Italo è stata fatta a condizioni di favore, sotto il governo Prodi. In Francia si voleva addirittura mettere all’asta il parco rotabile della Sncf. Sono iniziati scioperi a scacchiera e proteste dappertutto. E tutto è naturalmente fermo al palo, come la riforma delle pensioni». L’intesa con Parigi è impossibil e? «Da un punto di vista produttivo, noi un’integrazione già l’abbi a m o. Quella industriale del Nordest con la Germania: rapporti di fornitura e subfornitura. Catene del valore che si incastrano. Con la Francia no. Visto che non ha una capacità di crescita organica del fatturato, concepisce l’integrazione soltanto attraverso le acquisizioni: da Stellantis ai tentativi con Tim e Medias et » . Il Trattato del Quirinale a che serve allora? «Nasce ai tempi di Gentiloni. Il Trattato del Quirinale è una sponda prestata alla Francia per ribilanciare i rapporti con la Germania. E per creare un’influenza geopolitica regionale che parte dal golfo di Guinea, sale su dal Mali verso il Niger e ancora su per la Libia fino ad arrivare all’Ita l i a » . In tempi di prezzi dell’e n e rg i a alle stelle le centrali nucleari francesi hanno ancora un valore. «Meno di quel che si creda. Sulle nuove tecnologie del nucleare l’Ita - lia può giocare ancora un ruolo importante. La Germania ha abbandonato il settore da tempo. Del resto, l’ex cancelliere Schröder non a caso è andato a presiedere il gasdotto Nordstream». Una nota di ottimismo sul futuro industriale italiano… «La nostra classe dirigente si fa strumento di strategie altrui. Chiede aiuto all’estero per battere gli avversari interni. Questo da sempre. Garibaldi, tanto per dire, aveva legami tanto solidi con Londra da diventare l’Eroe dei Due Mondi. Ne l l ’America latina, per spodestare altri rapporti imperiali. I rampolli delle nostre classi dirigenti vivono, studiano e lavorano all’este - ro. E quindi non si interessano affatto dello sviluppo del Paese, di industrie o manifattura. E senza manifattura inevitabilmente ti ridimensioni. Ho vissuto la prima rivoluzione di internet da uomo delle istituzioni. Imprenditori di successo come Elserino Piol avevano in testa già allora l’idea che lo sviluppo del Paese fosse legato alla rete e non all’acciaio. Fare i soldi con l’accesso a internet, che poi invece è ancora uno zero-billion business. Guadagni solo se vendi i profili degli utenti, o se metti sulle piattaforme i servizi in alternativa alla gestione diretta. Una mattanza. La produzione manifatturiera si fa da anni oltre frontiera: sono salari, fatturati e profitti. Un’idea non solo italiana. In America già negli anni Ottanta delocalizzavano in Messico. Andando in Cina, dal 2001, hanno chiuso praticamente tutto. Così non devono più discutere di ferie e questioni salariali con gli operai. Una rogna in meno e profitti assicurati, almeno finora». Con il Pnrr si inverte la rotta? «Di sicuro è un piano di riforme più che di investimenti. Le maggioranze politiche che avremo in futuro saranno costrette a seguire l’at - tuazione di scelte già prese in fretta e furia. Tra la bozza di Conte e il piano di Draghi sono cambiate solo le condizionalità. Non a caso. E qualsiasi decisione di sviluppo venga intrapresa, ad esempio sul digitale, già m’immagino il risultato. Acquisteremo servizi e tecnologie dalla Microsoft di turno. In pratica peggioreremo la nostra bilancia commerciale e rinunceremo definitivamente a una industria italiana. D’altra parte, di imprenditori come gli Olivetti, da Camillo ad Adriano, non ne vedo». L’Italia è sempre in una posizione di debolezza? «La nostra classe dirigente ci mette al servizio di grandi progetti sovranazionali, ma abbiamo ancora tanti punti di forza. A partire dalla nostra posizione patrimoniale con l’estero. Eravamo indebitati con l’estero per 400 miliardi nel 2014 e oggi abbiamo un surplus di oltre 80 miliardi. È costato sangue, sudore e lacrime, per dirla alla Churchill. Tuttavia tutti questi proventi non vengono reinvestiti in Italia ma all’estero. Finanziamo i c o n c o r re nt i » . Un surplus nonostante l’euro e i suoi squilibri. «Consideri che la Germania aveva una posizione netta verso l’este - ro sostanzialmente pari a zero nei primi anni Duemila e oggi supera di slancio i 2.000 miliardi. Numeri aspri, vicende complesse e prospettive incerte. Come ho avuto modo di scrivere. Prima di festeggiare ci sarebbe da riflettere». La partita per il nuovo presidente della Repubblica deve ancora iniziare. Come va a finire? «Tenere in pugno il Quirinale è una sfida per tante cancellerie. Avere un presidente amico, una necessità assoluta. Moro lo sapeva bene, Cossiga ce lo aveva detto, e Craxi pure: l’Italia è cruciale negli equilibri europei e globali. Gli unici a non accorgersi di quanto siamo importanti siamo solo noi: Ah, les Ital ie n s !».

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