STUPIDA RAZZA

lunedì 10 gennaio 2022

Serve raddoppiare l’estrazione per abbattere i rincari

 

Si fa presto a dire aumentiamo la produzione di gas in Italia per tamponare l'impennata dei costi dell'energia elettrica. Per avere un effetto significativo sui prezzi la produzione dovrebbe raddoppiare rispetto ai volumi attuali, da 4,4 ad almeno 8 miliardi di metri cubi all'anno. E dunque allinearsi all'impatto che hanno avuto le forniture di gas del gasdotto Tap. Sommando le due fonti di approvvigionamento, una produzione che supera gli 8 miliardi e il Tap con altri 8 miliardi si arriverebbe a 16 miliardi di metri cubi su un fabbisogno nazionale annuo di oltre 70 miliardi, ripristinando l'equilibrio che c'era fino a 15-20 anni fa, quando la produzione interna era pari a 16 miliardi di metri cubi l'anno. Dove trovare i mezzi per raddoppiare la produzione? I giacimenti sinora sfruttati sono maturi e ogni riducono la capacità produttiva. La strada da percorrere resta sfruttare i giacimenti nuovi scoperti oltre 10 ann fa i e mai utilizzati, perché negli ultimi anni le leggi hanno progressivamente vietato o fortemente limitato queste attività. Oppure accelerare i pochi progetti che sono andati avanti. Dei 4,4 miliardi di metri cubi oggi prodotti, 3 miliardi fanno capo all'Eni. Il gruppo petrolifero ha individuato nell'alto Adriatico un giacimento da 40 miliardi di metri cubi, con una potenzialità di 2 – 2,5 miliardi di metri cubi l'anno. Nel canale di Sicilia il gruppo sta lavorando su un altro giacimento che può fruttare 1-1,5 miliardi di metri cubi e secondo le stime degli esperti avrebbe una capacità complessiva di 10 miliardi di metri cubi. Le norme esistenti vietano attività estrattive ed esplorativa in tutto l'alto Adriatico, senza fare distinzioni tra petrolio e gas. Altre norme vietano le stesse attività, salvo la produzione in giacimenti esistenti, entro le 12 miglia dalle coste italiane. Mettere in esercizio queste due riserve da solo basterebbe a raggiungere l'obiettivo. Ma non è facile: la resistenza delle comunità locali a consentire iniziative nell'alto Adriatico è forte, per il timore di creare instabilità nel sottosuolo. Peccato che dall'altra parte del mare non ci si faccia scrupoli a estrarre il gas. Senza contare il fatto che gli uffici ministeriali predisposti ad autorizzare e controllare queste attività sono stati smantellati nel tempo. Servirebbe un forte e chiaro indirizzo politico per varare una deroga alle attività estrattive limitandole al gas e autorizzando caso per caso. Ammesso e non concesso che arrivasse rapidamente un'autorizzazione in questo senso, sviluppare un progetto per l'estrazione nell’alto Adriatico richiederebbe tra 12 e 18 mesi, con un investimento di 2 miliardi di euro. Non ci sarebbe bisogno dell'impegno economico delle imprese energivore o del settore della ceramica, perché le aziende dell'oil &gas questi progetti sono in grado di finanziarli con proprie risorse. Il percorso per il giacimento siciliano sarebbe più semplice, perché lì il progetto sta andando avanti, seppure a rilento. Sono previsti 700 milioni di investimenti con una produzione che dovrebbe partire nel 2024; se però l'iter fosse accelerato si potrebbe iniziare nel 2023. Se poi si potesse ridare impulso all'attività esplorativa si potrebbero misurare le dimensioni di un altro giacimento vicino a quello già individuato nel canale di Sicilia, mentre anche nel medio Adriatico sono prestiti altri giacimenti minori. Estrarre gas avrebbe un costo nettamente inferiore rispetto alle importazioni: 20- 30 centesimi a metro cubo contro 1,1 euro dell'import toccati in questi giorni. Ma la soluzione dell'approvvigionamento del gas deve passare anche attraverso un equilibrata gestione degli stoccaggi a livello europeo, come del resto auspicato anche dal premier Draghi. L’Italia da questo punto di vista rappresenta un'eccellenza, perché il sistema è regolato: ci sono riserve obbligatorie per 4,5 miliardi sui 17,5 miliardi di capacità complessiva e chi acquista il gas in estate per stoccarlo è obbligato a conferirlo. In altri paesi non è così: come la Germania che ha iniziato l'autunno con un tasso di riempimento del 68% contro l'85% di Italia e Francia. La capacità europea è pari a 100 miliardi di metri cubi, ma quest'anno circa 18 miliardi di metri cubi non sono stati conferiti. Mentre ci sarebbe la possibilità di creare nuovi siti di stoccaggio per un altro 20 per cento della capacità. Ma proprio di questo si discute in queste settimane, per ora senza grande successo, a Bruxelles.

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