P urtroppo il profilo degli esborsi dovuti dal governo argentino nei prossimi 12 mesi non lascia margini di manovra. Ci sono 75 miliardi di debito da rimborsare, di cui 33 in valuta estera, non solo all’ Fmi ma anche ad altri organismi internazionali. Se sul debito in valuta nazionale il governo può contare sugli anticipi di cassa della banca centrale, la solvibilità del debito in dollari è garantita solo dalle riserve valutarie del Paese, allo stato attuale meno di 40 miliardi e in un trend discendente nonostante gli stringenti controlli sull’esportazione di valuta estera. La fuga di capitali verso l’estero prosegue con altri mezzi: negli ultimi mesi è proliferato l’utilizzo di nuovi meccanismi, con l’acquisto di asset finanziari in pesos argentini e la loro liquidazione in dollari su mercati esteri da parte di società di brokeraggio che aggirano le restrizioni. De facto, gli aiuti finanziari dell’Fmi hanno lasciato il Paese sotto forma di interessi/dividendi e depositi in banche estere effettuati da una classe privilegiata di investitori nazionali. Il risultato è uno scollamento crescente tra il tasso di cambio ufficiale peso/dollaro e quello parallelo utilizzato nelle transazioni reali, che risulta svalutato del 100%. Ovviamente un tasso di cambio in caduta libera accresce la bolletta energetica e il costo dell'import, rinfocolando le pressioni dell’inflazione (50% annuo). Lo stesso Fmi ha riconosciuto gli errori del programma in un recente paper di valutazione ex-post, unico nel suo genere. Secondo gli analisti, il Fondo ha accettato (dietro forti pressioni politiche di Washington, N.d.A.) le stime ottimistiche del governo neoliberista di Macri su deficit, inflazione e crescita. I tagli alle spese pubblicizzati dal governo si sono rivelati una tantum e hanno influenzato marginalmente l’andamento dei conti pubblici. Il prestito è stato poi erogato in maniera accelerata, senza condizionare l’esborso di ulteriori tranches ad una verifica simultanea delle performance. La ricetta del Fmi si è infine concentrata sugli obiettivi fiscali del governo, ignorando l’equilibrio complessivo del settore pubblico che comprende anche la banca centrale, detentrice di 47 miliardi di debito atipico a breve termine. A fine 2019 il Fmi ha imposto il consolidamento nel bilancio pubblico di una parte di questo debito tramite la ricapitalizzazione della banca centrale, ma il problema resta. In definitiva, da un lato le riserve valutarie argentine sono più fragili, a fronte di un passivo della banca centrale fuori controllo. Dall’altro il debito governativo è più massiccio di quel che sembra. Carte pessime da mostrare al mercato, mentre il negoziato con l’Fmi sulla ristrutturazione del prestito va verso la fase più delicata. Le buone intenzioni tra le parti potrebbero non bastare.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
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