STUPIDA RAZZA

venerdì 4 febbraio 2022

E-commerce via social in ritardo ma la svolta è sempre più vicina

 

E ra stato battezzato come “Holiday Shop-Along Spectacular”. Questo il titolo del format di un’ora, organizzato da Walmart a metà dicembre del 2020 negli Stati Uniti: un evento di “livestreaming shopping” con 10 fra i migliori creator di TikTok, testimonial di prodotti acquistabili direttamente tramite il social. Bastava toccare i video per saperne di più sui prodotti visualizzati e completare l’acquisto. Senza uscire da TikTok. Ed è riuscita così bene che Walmart ha voluto fare il bis sulla stessa piattaforma nei mesi successivi fino a spingersi a fare da apripista, lo scorso novembre, quale primo brand a utilizzare la nuova funzione di livestream shopping di Twitter. Dagli Usa al Regno Unito, L’Oreal è stato il primo brand ad attivare, la scorsa estate, una partnership con TikTok per vendere prodotti direttamente all’interno della app. Del resto il gigante mondiale di beauty e cosmetica il fenomeno era già andato a testarlo nella tana del lupo: in una Cina da anni punto di riferimento quanto a nuovi trend social ed e-commerce e in cui L’Oreal si è messa al lavoro con la piattaforma di video brevi Douyin (TikTok cinese), appunto per vendere direttamente agli utenti. Esempi di un cambiamento che, sull’asse che lega e-commerce e social, promette di ridisegnare il panorama dello shopping. «Il fenomeno del social commerce, inteso come possibilità di completare il processo di acquisto senza mai dover uscire dal social network, è uno dei più importanti cambi di paradigma con cui i brand stanno cominciando a confrontarsi» commenta Federica Setti, Chief research officer di GroupM Italy. Il modello del social commerce, aggiunge, «non è ancora pienamente operativo in Italia, ma lo sarà prossimamente. E andrà a rappresentare la nuova frontiera evolutiva dell’e-commerce capace di rivoluzionare, ancora una volta, il modo in cui gli italiani si approcciano a prodotti e servizi». I numeri messi in fila in uno studio di GroupM evidenziano i grandi margini di crescita del fenomeno che, dall’altra parte, si traducono nella necessità per aziende investitrici e centri media di muoversi per tempo, per  non rimanere travolti dall’onda. Secondo eMarketer negli Usa gli acquisti social sono arrivati a 36 miliardi di dollari. Una cifra enorme ma che vale un decimo rispetto ai 351 miliardi di dollari di vendite realizzate tramite le piattaforme cinesi come come Wechat, Douyin e Kuaishou. Insomma si parla di un fenomeno che già ora, nei due mercati più avanzati, pesa fra il 4% (negli Usa) e il 14% (in Cina) del totale e-commerce. A dare la misura dell’apertura dei consumatori italiani sono i dati di fonte GroupM Business Intelligence & Insight. E il risultato è eloquente: il 64% di chi dice di aver scoperto prodotti grazie ai social, si dichiara pronto all’acquisto attraverso le piattaforme. E attenzione: perché la nuova era dello shopping strizza l’occhio anche ai mondi di streaming e app di messaggistica. Tant’è che i consumatori si dicono propensi ad acquistare anche tramite Amazon Prime Video (56%) o WhatsApp (54%) o ancora Netflix (46%). Abbigliamento, libri, e cosmetica sono i principali target di spese perlopiù immaginate nell’ordine dei 25-50 euro (32%). Certo, i fattori di riluttanza non mancano: dal lasciare i dati di pagmento al social network ai dubbi su servizio di assistenza, reale qualità dei prodotti o del servizio di consegna. Ma la realtà è che i social sono già una fonte di ispirazione trasversale per gli acquisti. E non solo per i giovanissimi. Il 76% degli utilizzatori di social network dice di aver scoperto almeno un nuovo prodotto o brand grazie ai social. E si va dall’89% degli interpellati appartenenti ai “GenZ”, al 62% dei “boomers”. Instagram e Pinterest fanno oggi la parte del leone quanto a offerta di esperienze di social commerce più rilevanti per i marchi. Ma Facebook, Snapchat e TikTok stanno crescendo. Per un fenomeno che sta rimodellando il customer journey – riducendo la distanza fra scelta e acquisto del prodotto – ma che inevitabilmente promette ripercussioni anche in chiave advertising. Livestreaming, story-reel, video e post non hanno infatti lo stesso tasso di conversione in acquisti. Si va dal 65% del primo al 46% di stories e reel al 42% dei video al 39% dei post. Le televendite in chiave 4.0 vincono quindi di gran lunga. Ma qui la battaglia si combatterà sempre di più a colpi di influencer.

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