STUPIDA RAZZA

venerdì 4 febbraio 2022

Subito la stretta sulle pensioni Bollette e bonus, tensione alle stelle

 

Appena 11 mesi, prima che l’arrivo della data per le elezioni politiche del 2023 faccia di fatto calare il sipario sull’attività del governo. Sono quelli che ha a disposizione Mario Draghi, facendo i conti con le pressioni pre-elettorali che eserciterà la maggioranza seppure indebolita dalla schizofrenica partita per il Colle, per ricalibrare il piano Covid in vista della scadenza dello stato d’emergenza fissata il 31 marzo, ottimizzare la fase attuativa del Pnrr per non rischiare di perdere la seconda tranche di aiuti europei, su cui sono puntati i riflettori di Bruxelles. E per completare il ciclo di riforme in cantiere. A cominciare da quelle elettoralmente meno commestibili, come il riassetto della previdenza, che è al centro del primo importante appuntamento in agenda, al netto dei Cdm in programma: il 7 febbraio è prevista la prima verifica politica con i leader sindacali sullo stato di avanzamento del confronto sulle pensioni. Ma, a meno di 24 ore dalla caotica conferma di Sergio Mattarella al Quirinale, i partiti della maggioranza, pur alle prese con le rese dei conti interne e con la necessità di rimettere insieme i cocci delle rispettive coalizioni, sono già in pressing sul premier. Con una richiesta ben precisa. Che arriva, quasi inaspettatamente, dal tandem Matteo Salvini ed Enrico Letta: intervenire ancora e subito contro il caro bollette affrontando il dossier, magari insieme all’opzione del nuovo scostamento di bilancio (sulla quale il Mef resta cauto) già nel Consiglio dei ministri in calendario oggi. Che è quindi destinato a diventare il primo banco di prova per i nuovi rapporti di forza tra Draghi e la maggioranza, indebolita dopo lo spettacolo offerto nella settimana di votazioni per eleggere il capo dello Stato, ma anche per questo motivo ancora più desiderosa di far fruttare a fini elettorali i mesi finali della legislatura. Pensioni più flessibili I ritocchi alla «Fornero» La strategia delle forze politiche rischia di essere messa immediatamente in crisi da una parte delle riforme che il premier conta di realizzare entro fine anno per lasciare il segno. Come il riassetto della previdenza. Palazzo Chigi punterebbe a definire un primo memorandum d’intesa con i sindacati in tempo utile per il Def da presentare  entro il 10 aprile, con l’obiettivo di rendere più flessibile la legge Fornero una volta che a fine 2022 si sarà esaurita Quota 102, ma rimanendo rigidamente all’interno del solco del metodo contributivo, a differenza di quanto auspicato dai sindacati e da alcuni partiti, con in testa la Lega. Che spinge per lasciare la soglia minima di pensionamento a 62-63 anni. Decreti e riforme Febbraio decisivo Sempre a febbraio dovrà essere gestita la navigazione di cinque delicati decreti in scadenza, da quelli sul Covid al Milleproroghe e al Sostegni ter. Dovranno poi essere studiate le nuove modalità di gestione della pandemia da far scattare dopo la conclusione dello stato d’emergenza. E dovrà essere gestita con attenzione la fase attuativa del Pnrr. Scelte importanti, con annesso rischio di fibrillazioni nella maggioranza, da compiere già nei prossimi 30 giorni, nel corso dei quali si capirà come, e se, il premier riuscirà ad addomesticare una maggioranza. Anche perché i segnali che arriveranno dalle prossime settimane saranno indispensabili per capire quali sono le reali “chance” di arrivare alla meta di un altro provvedimento strategico e potenzialmente divisivo come la delega fiscale, attualmente all’esame della Camera con il suo carico di emendamenti dal catasto alla flat tax, che per decollare dovrebbe essere approvata dal Parlamento non più tardi della prossima primavera. Quando comincerà ad essere  più chiaro anche il destino della legge annuale sulla concorrenza, agganciata al Pnrr, che dovrebbe diventare operativa entro fine anno, ma fin qui rimasta al palo al Senato. Risorse insufficienti Aiuti e caro bollette Il più complesso per misurare la tenuta della maggioranza post Colle è certamente il nuovo decreto “sostegni ter” con la stretta sui bonus edilizi e su quelli Covid e le misure contro il caro energia. Ancor prima di approdare sulla Gazzetta Ufficiale i partiti che sostengono il governo si sono scagliati contro la nuova stretta sulla cessione dei crediti d’imposta e le stesse misure per ridurre il caro energia e per i nuovi aiuti a fondo perduto. Le risorse stanziate dal Governo, 2,2 miliardi su più anni, sono di fatto una partita di giro recuperati dalle pieghe del bilancio e da subito ritenuti insufficienti dalla Lega e da Forza Italia per sostenere le imprese in difficoltà. Dubbi, quelli dell’ala destra della maggioranza, che in Parlamento potrebbero dar vita a una raffica di richieste per incrementare il peso degli aiuti da distribuire a imprese e famiglie in difficoltà con le chiusure e con le bollette da pagare. Lotta alle frodi No alla stretta sui bonus Lo stesso decreto, poi, ha compattato la maggioranza contro la norma del governo che limita ad una sola la cessione dei crediti d’imposta e dello sconto in fattura nati dai bonus edilizi, dal 110% e dai tax credit targati Covid. Una misura voluta dall’esecutivo per contrastare frodi e riciclaggio, così come per rispondere ai dubbi mai rimossi di Eurostat sulla natura payball o no payball dei bonus edilizi e dello stesso Superbonus. Pur sottolineando l’importanza del contrasto alle frodi tutta la maggioranza, ad eccezione di Leu, ha invitato il governo a rivedere la nuova stretta annunciando sul tema interventi diretti in Parlamento con correttivi che il governo a quel punto non potrà ignorare. E la tensione politica sul tema sarà certamente elevata. Non va trascurato il fatto che il decreto con la cancellazione delle cessioni “multiple” dei crediti d’imposta segna di fatto l’addio definitivo alla “moneta fiscale”. Il progetto portato avanti negli ultimi cinque anni proprio a Palazzo Madama dal Movimento 5 Stelle e su cui il governo si è già scontrato a più riprese con questa parte della maggioranza (la cessione dei crediti di Transizione 4.0, prima autorizzata in Commissione bilancio e poi stralciata in aula con il parere contrario della Ragioneria). Proprio dai pentastellati è partito immediato il fuoco di sbarramento contro la nuova norma sulla cessione dei crediti d’imposta e dello sconto in fattura, quando ancora la norma era stata presentata in bozza. A loro si è aggiunta la Lega, con richieste di modifica annunciate dai due capigruppo di Senato e Camera, il Pd con la presidente della commissione Attività produttive di Montecitorio e Forza Italia. Richieste omnibus Dalla Tosap alle moratorie Alla Camera c’è, poi, il Milleproroghe su cui da sempre il governo è obbligato ad arginare le pretese della maggioranza. Sul tavolo dell’esecutivo in attesa di istruttoria ci sono oltre 2.800 emendamenti depositati. Correttivi destinati a essere sfoltiti con inammissibilità e segnalati, ma i cui temi in molti casi sono ad alta tensione per maggioranza e governo. Dalle nuove rottamazioni alle esenzioni Tosap e Tari, dalle concessioni demaniali alle moratorie per le imprese in crisi.

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