STUPIDA RAZZA

venerdì 4 febbraio 2022

La via del Pnrr resta tracciata, possibili solo ritocchi

 

Massima attenzione da parte di Bruxelles al complesso passaggio politico-istituzionale risolto in extremis con la rielezione di Sergio Mattarella, che comunque non altera la tabella di marcia. Entro febbraio la Commissione Ue procederà all’erogazione della prima tranche dei fondi Pnrr da 21 miliardi. È in arrivo una prima modifica al Pnrr, come peraltro previsto in presenza di “circostanze oggettive”? Occorre distinguere. Se la modifica del Piano – si osserva a Bruxelles - è da attribuire a un cambio di maggioranza o di governo che si traduca in una diversa strategia su riforme e investimenti programmati, come nel gioco dell'oca si torna alla casella di partenza. Occorre una nuova deliberazione da parte della Commissione e del Consiglio sulla congruenza del nuovo Piano rispetto alle linee guida del Ngeu. Il 70% delle risorse assegnate al nostro Paese (il totale è 191,5 miliardi) è blindato. Si potrebbe ridurre la quota residua per effetto della maggiore crescita rispetto a quanto previsto lo scorso autunno? L'ipotesi è ritenuta a Bruxelles improbabile e comunque limitata a ritocchi marginali. Per valutare questo parametro non si fa riferimento soltanto alla performance del singolo Paese, ma a quella che viene definita la “performance relativa” rispetto agli altri Paesi europei. Ed è più che probabile che nel biennio 2021-22 in gran parte dei paesi si possano conseguire tassi di crescita superiori alle stime. Dunque i “movimenti” da questo punto di vista saranno minimi. Diverso è il caso, segnalato dal ministro Enrico Giovannini che ipotizza modifiche al Pnrr in corso d’anno per effetto dell'aumento dei prezzi dell’energia e delle materie prime «che potrebbe mettere sotto pressione gli enti appaltatori». Su questo aspetto è in atto un confronto in sede europea. Più in generale, si trae la conferma a Bruxelles che la scommessa italiana sul Pnrr è la scommessa di tutta l’Europa: la quota di prefinanziamento assegnata a tutti i paesi è stata di 52 miliardi e poco meno della metà è stata destinata a Roma. Se poi si sposta il ragionamento sulle modalità di finanziamento dell'intero piano europeo (attorno agli 800 miliardi), la questione è sostanzialmente questa: finora la Commissione ha emesso bond sul mercato per 70 miliardi. Risorse garantite dal bilancio comunitario con il “timbro” politico di tutti gli Stati membri. Dunque siamo in presenza di veri “common bond”, in sostanza una prima, embrionale mutualizzazione del debito. È una svolta epocale. Ecco perché l'Europa non può permettersi che l'Italia fallisca nell’implementazione del suo Piano. L’effetto a cascata sull'intero percorso di integrazione sarebbe catastrofico. 

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