NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
mercoledì 16 marzo 2022
Peserico: «A rischio tutte le Pmi della filiera»
Un percorso di espansione verso Est interrotto, vista la situazione in Ucraina, Russia e Bielorussia, quello dell’azienda veneta di abbigliamento Peserico, che prima del Covid aveva sfiorato gli 80 milioni di fatturato, con un export del 70% circa. Ma non si tratta solo di perdita economica: «Per noi e per tutte le persone con le quali lavoriamo da anni in Ucraina e che abbiamo imparato a conoscere e apprezzare, è una speranza tradita – spiega Riccardo Peruffo, amministratore delegato e direttore creativo dell’azienda di famiglia –. È un danno economico enorme per noi, ma anche un sogno spezzato per i nostri partner in Ucraina, dove il made in Italy e lo stile italiano, negli ultimi cinque-sei anni, era diventato un punto fermo sul quale costruire un futuro diverso, più europeo». Peruffo si fa portavoce non solo della sua azienda – che nel 2021 aveva chiuso in crescita del 6%, recuperando almeno in parte il terreno perduto nell’annus horribilis del Covid – bensì di tutte le piccole e medie imprese che, in Veneto e in tante altre regioni italiane, costituiscono la spina dorsale del sistema moda italiano. «La situazione è difficile da prima dell’invasione dell’Ucraina, perché i rincari erano iniziati già nel secondo semestre del 2021 – sottolinea Peruffo –. Ora però la situazione è insostenibile: le materie prime sono aumentate del 60-80% e i costi dell’energia sono triplicati e forse continueranno a crescere. Venendo alla guerra, in Ucraina non possiamo consegnare la merce pronta, né evadere gli ordini raccolti nei mesi scorsi e per i quali noi e molte altre aziende abbiamo avviato la produzione e comunque già ordinato e pagato tutte le materie prime». L’export è da decenni il traino del tessile-moda-accessorio (Tma), nonostante uno degli effetti collaterali più nefasti della globalizzazione, la competizione sleale e, per certi settori, il dumping. Le aziende italiane, anche grazie alla qualità e forza della filiera, hanno resistito spostandosi sempre di più verso il medio e alto di gamma, ma Peruffo ora si chiede: «Come potremo difendere le nostre quote di mercato, quando non riusciremo a mantenere prezzi allineati a quelli dei produttori non colpiti dai ritorni delle sanzioni?». La situazione in Russia infatti è altrettanto drammatica: il rublo ha perso a oggi il 45% del suo valore e i clienti locali, partner delle molte aziende italiane del Tma, non possono più pagare le merci prodotte, né confermare gli ordini previsti in consegna tra luglio e agosto. Proprio oggi Peserico avrebbe aperto un negozio a Kiev, che si sarebbe aggiunto a quelli di Odessa, Mariupol, Leopoli e Karkiv. Peruffo non ha soluzioni, come potrebbe, se non le hanno i capi di Stato di tutto il mondo o l’Onu? «Vorrei però far capire che è tutto interconnesso e che la guerra non crea problemi solo sui mercati di sbocco, come Russia e Ucraina – spiega l’imprenditore –. Non possiamo ignorare che in assenza del turismo dall’Asia e dalla Cina in primis, negli ultimi due anni i russi erano clienti importantissimi per il made in Italy di qualità nelle nostre città e in tantissime altre capitali o luoghi di vacanza europei». L’amministratore delegato di Peserico non pensa certo a ridisegnare l’ordine mondiale, pone piuttosto l’accento sulle mosse di breve periodo necessarie per salvare una delle filiere italiane più importanti, come del resto ha fatto pochi giorni fa Sergio Tamborini, presidente di Sistema moda Italia: «Le misure che il Governo e l’Unione europea stanno studiando e prendendo, sono coraggiose e per certi versi innovative, ma non dobbiamo nasconderci che potrebbero non essere sufficienti. Ripeto, guardiamo il quadro complessivo: ci sono tantissime Pmi a rischio chiusura. Non se ne parlerà mai abbastanza, così come è giusto continuare senza sosta a invocare la pace».
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