STUPIDA RAZZA

domenica 17 luglio 2022

« L’Ue vuole sostituire l’a g r i c o l tu ra coi laboratori usando l’alibi sostenibilità»

 

«Un gelato al limon, sprofondati in fondo a una città, è vero limon...». Conte, quello buono, Paolo da Asti, potrebbe essere la colonna sonora dell’incontro con un giovane imprenditore piemontesissimo che con un gelato sta conquistando il mondo aprendo punti vendita nelle città. «Ma è fatica», commenta Luca Baravalle da Cuneo, 40 anni, che gli italiani conoscono per la girandola di spot con cui a promosso Dario’s, il gelato con l’apostrofo, «perché fare impresa in Italia è come correre i 100 metri con una zavorra da una tonnellata». Ha dietro le spalle un cursus honorum politico di rispetto. «Ho fatto l’assistente parlamentare per cinque anni, ho ricevuto molto da Silvio Berlusconi, mi sono confrontato con politici di spessore come Antonio Martino e con imprenditori come Ennio Doris. Con questo bagaglio ho preso la mia strada, ma non mi aspettavo così tanti ostacoli. Eppure dovevo saperlo da mio nonno: producevamo compensato e già allora pagavamo 200 milioni per abbattere i fumi mentre i nostri concorrenti spagnoli non sborsavano un soldo. L’i mpresa in Italia non è considerata un valore». Colpa della politica che lei conosce bene? «Credo che chi arriva ad amministrare consideri il denaro pubblico cosa sua, non frutto del lavoro dei cittadini e perciò governa senza una visione di tutela di quel valore. Ma è un atteggiamento che ormai ha preso piede ovunque. Mi è capitato di dover fare un prelievo in un’agenzia di una banca di cui siamo clienti, ma siccome il direttore di quello sportello non mi conosceva non voleva darmi i miei soldi. L’i m p re s a è trattata così». Da r io’s, il suo gruppo però , è in espansione: gelati, l at te, biscotterie, paste ripiene. È il re della colazion e… «Stiamo crescendo molto all’estero. Merito della nostra tecnologia che ci consente di produrre gelati usando panna e latte piemontese, ingredienti di primissima qualità solo italiani e di farlo in modo tale che siamo i soli ad avere la certificazione Fdai. Vuol dire che il nostro gelato è sanissimo, dura un anno e lo può mantecare chiunque. Grazie al latte, gli altri usano l’acqua e gonfiano il gelato con l’aria. Per questo non possono vendere il kit che chiunque può usare. È il segreto del nostro successo. In Cina stiamo lavorando a una catena in franchising di 300 gelaterie entro il 2027. Abbiamo il progetto di diventare una piattaforma di distribuzione dell’altissima qualità alimentare italiana nel mondo. Abbiamo stretto collaborazioni con Lavazza e in Italia con Vergnano, abbiamo puntato molto sulla biscotteria. Guardassimo solo all’Ita l i a l’orizzonte sarebbe fosco». Vuole fare concorrenza anche ad H a a ge n Da z s ? Magari cambiando nome? «Haagen fa un ottimo gelato ma non è italiano. Il nostro gelato è totalmente italiano nel gusto, nelle materie prime e nella lavorazione. La ricetta l’ho messa a punto con Dario Osella. Ma siccome il nostro plus è proprio il latte ci chiameremo Dallatte che è un nome, ma anche una garanzia e una promessa di qu a l i tà » . Mungitura, gestione delle stalle, forni, catena del freddo: quanta energia mangiano le sue aziende? « L’impatto dell’energia sui costi è devastante. Do solo un dato rispetto alla produzione che assorbe meno. Siamo passati da 30.000 a 120.000 euro al mese di bolletta solo per il confezionamento di latte delle fattorie. Ciò che è sconfortante è che l’Ital i a non sta facendo nulla per contrastare questa follia energetica e non sostiene le imprese. Con l’Europa che va in ordine sparso e ci rema contro. Ripeto, fortuna che c’è il mercato estero anche se il lockdown in Cina ci ha rallentato la crescita. Se operassimo solo in Italia saremmo disperati. Anche perché, e l’ho scritto in un tweet, quando lo Stato dice che ci aiuta ci prende in giro: a noi per il Covid hanno dato dopo quasi due anni 2.500 euro ogni 100.000 persi! In più ho il sospetto che durante il Covid abbiano usato cassa integrazione ordinaria, l’abbi am o pagata noi industriali. E se oggi ci fosse bisogno per il caro energia forse non ce la finanzierebbero. Viviamo situazioni assurde: se voglio assumere persone in uno stabilimento dove mi servono e licenziarle in un altro dove ho esuberi non posso farlo se il sindacato non è d’ac c o rd o. E se assumo senza accordo e ho cassa integrazione in corso me la bloccano. Ci pensino a cambiare i meccanismi perché se la crisi energetica va così in autunno ci sarà un contraccolpo durissimo». L’inflazione la preoccup a? «Moltissimo. La sentivamo anche prima della guerra in Ucraina tant’è che noi abbiamo dovuto ritoccare del 10% i listini. Ma ora si sta aggravando e determina il crollo dei consumi. Già da molti mesi vedevo che alla quarta settimana gli scontrini medi dei supermercati cadevano. E continuiamo a dire che siamo un Paese del primo mondo. La gente non arriva alla fine del mese». Lei vive di latte. Che ne pensa dell’Ue che chiude le stalle perché sostiene che inquinano? «Penso che inquinino molto di più le caldaie! Vogliono liquidare l’agricoltura sostituendola con i laboratori. Il professor Umberto Veronesi disse che i tumori erano in espansione da quando si era alterata l’a li m e nta z io n e. Dobbiamo tornare alla natura, rispettarla e lasciarla fare. Sento parlare di latte sintetico, vedo che si investono soldi pubblici per distruggere i prodotti dei nostri campi e delle nostre stalle che sono i migliori del mondo. Nessuno può pensare di cancellarli con la scusa della difesa dell’ambiente perché non c’è nulla di più naturale del nostro latte che diventa gelato, delle nostre nocciole e della nostra farina che diventano biscotti e paste ripiene». 

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