STUPIDA RAZZA

mercoledì 13 luglio 2022

Superdollaro, cala il prezzo del petrolio

 

Dollaro sempre più porte, soprattutto nei confronti dell’euro, con gli investitori che si chiedono se la divisa Ue riuscirà a mantere la parità appena raggiunta con la moneta Usa. Risposta ardua, ma ciò che appare sicuro è che difficilmente l’euro riuscirà a trovare la forza per invertire il trend finché la Fed risulterà più aggressiva della Bce nel contrastare l’inflazione. Sicuro poi l’effetto sui prezzi delle materie prime denominate in dollari, petrolio su tutti, tornato ieri sotto i 100 dollari al barile (-8% su lunedì) : il dollaro forte scoraggia infatti gli acquisti con un conseguente indebolimento dei consumi mondiali.Gli investitori sono già passati al secondo quesito: l’euro riuscirà a mantenere la parità con il dollaro? Dopo che il primo dubbio, quello sull’aggancio tra le due valute - che solo fino a qualche mese fa sembrava impensabile - è ormai passato agli annali della finanza a inizio settimana quando le divise di Stati Uniti ed Eurozona si sono eguagliate, come 20 anni fa. Nel corso dell’ultima seduta l’euro è sceso per qualche minimo in area 0,999 dollari salvo poi riemergere in zona 1,006. Siamo comunque lì, con gli operatori incerti sul da farsi. Anche perché i due fattori che hanno spinto il dollaro a guadagnare il 13% nei confronti dell’euro da inizio anno e il 14% su scala globale come misurato dal dollar index - ieri confermatosi oltre i 108 punti come non accadeva dal 2002 - non si sono certo dissolti. Ci riferiamo alla guerra tra Russia e Nato - che difatti è anche una guerra energetica che sta colpendo soprattutto l’economia europea e ancor di più la Germania che per la prima volta dal 1991 è andata in deficit commerciale - e al differente passo in politica monetaria tra Federal Reserve (che da marzo ha alzato i tassi di 150 punti base, con il mercato che sconta altre strette per altri 160-185 punti entro fine anno) e la Bce (che il 21 luglio timidamente dovrebbe annunciare il primo rialzo, da 25 punti base, dal 2011). Finché la guerra persisterà e finché la Fed risulterà più aggressiva della Bce nel contrastare l’inflazione (che negli Usa è più da domanda mentre nel Vecchio Continente è più legata all’offerta) sarà difficile per l’euro trovare una grande forza per invertire il trend. Allo stesso tempo gli investitori si chiedono anche fino a che punto l’economia statunitense potrà reggere un dollaro così forte. A tal proposito saranno decisive le trimestrali la cui stagione (quella relativa al secondo quarto) sarà inaugurata domani da Jp Morgan. I dati sui conti - e in particolare le forward guidance sui prossimi trimestri - faranno capire quanto gli analisti (che si aspettano un aumento degli utili nel 2022 a Wall Street con un earning per share nei prossimi 12 mesi a 245 dollari) siano ottimisti o meno. Un dubbio enorme, così come quello relativo al dato sull’inflazione generata a giugno negli Usa che sarà svelato oggi pomeriggio. Il consensus prevede un incremento dall’8,6% all’8,8%. Staremo a vedere. Nell’attesa ieri gli investitori hanno mantenuto un atteggiamento guardingo con Borse poco mosse. Perfino il dollaro, assoluto padrone del mercato in questa fase, si è preso una pausa in attesa di capire quanto la Fed potrà essere aggressiva dopo l’aggiornamento sul costo della vita. Ad oggi gli investitori si attendono un rialzo di ulteriori 75 punti base in questo mese e poi un “wait and see” per settembre. Difficile fare pronostici. Pronostici, sull’imminente arrivo della recessione negli Usa, però li stanno facendo gli investitori del mercato delle materie prime. Il rame, che gli americani chiamano “Dr copper” in funzione della sua capacità diagnostica sull’andamento futuro dell’economia essendo completamente legato al ciclo, ha dato il segnale già da inizio giugno, da quando ha perso il 27%. Sulla stessa barca sta salendo il petrolio che da inizio mese ha perso il 13% e che ieri è nuovamente sceso sotto i 100 dollari al barile. Il dollaro forte, ma soprattutto lo scenario recessivo che si va dipanando, probabilmente hanno decretato il picco delle commodities dopo un rally partito più di due anni fa, poco dopo lo scoppio della pandemia.

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