STUPIDA RAZZA

mercoledì 5 ottobre 2022

Ue Il capo del Fondo salva Stati sfida la Meloni: ecco perché l’Italia deve ratificare il nuovo Mes

 

«Non ho mai discusso con la signora Meloni della mia visione del Mes, ma le spiegherei che l’Unione monetaria ha bisogno del Mes perché la Bce non può finanziare direttamente gli Stati membri, è escluso dai Trattati», ha detto il direttore del Meccanismo europeo di stabilità, Klaus Regling, nel corso della sua conferenza stampa di addio in vista del termine del suo mandato in scadenza venerdì. In particolare, ha risposto così a un giornalista che ricordava come la leader di Fdi, che guiderà probabilmente il prossimo esecutivo, avesse fatto campagna nel 2020 contro la riforma del Mes non ancora ratificata dall’Italia (e nemmeno dalla Germania). IL NO DELLA LEADER FDI A dicembre di due anni fa Giorgia Meloni aveva inviato una lettera a La Verità, mancava una settimana esatta al passaggio in Aula del Mes e all'eventuale ratifica. La leader di FdI ribadì il suo «no». La riforma del Mes, scriveva, «era immotivata e irricevibile già prima della pandemia». Poi è andata come aveva previsto la Meloni, con la giravolta dei 5 Stelle e l’ex capo del Mef, Roberto Gualtieri ave va portato a casa un mezzo risultato e un mezzo ok. Solo che adesso siamo messi assai peggio tra inflazione e debito pubblico alle stelle, l’impatto del caro-bollette, Bruxelles che tentenna sul gas e il mega rialzo dei tassi annunciato dalla Bce. Che potrebbe risponderci picche anche sul Tpi. A quel punto resterebbe il cappio del Mes, ovvero un prestito con condizioni in grado di affossare qualunque scelta politica di bilancio per vent’anni. Quello di Regling non è del resto il primo monito preventivo indirizzato al nuovo governo. L’Eu rog r uppo ha «piena fiducia che l’Italia rispetti gli impegni assunti facendo ciò che è necessario», così un alto funzionario Ue aveva risposto il 28 settembre alle agenzie di stampa. Già all’inizio di settembre, e dunque in piena campagna elettorale, il solito “alto funzionario” della Ue aveva filtrato alle agenzie che a Bruxelles «ci attendiamo che l’Italia ratifichi la riforma del Mes, è un impegno preso dalla Repubblica i ta l i a n a » . Ieri Regling è stato incalzato anche sui rischi corsi durante la crisi del debito sovrano 2010-2012: «Io non ho mai pensato che l’Italia sarebbe uscita dall’euro, e perché avrebbe dovuto? Contrariamente a quanto molti si aspettavano in Europa, non ha mai avuto bisogno dei fondi dal Mes», ha detto. Sottolineando che in questo momento Paesi come il nostro «hanno la spesa per gli interessi sul debito pubblico più bassi nel loro bilancio degli ultimi 30 anni. Quindi, il solo fatto che i tassi di interesse ora si stanno normalizzando, non significa che ci sia una nuova crisi del debito immediata, e questo vale ovunque, Italia compresa». È comunque chiaro che sulla ratifica si misurerà il profilo pro Ue della nuova coalizione di governo. Ma ai vertici del Mes forse conviene tenere ben accesi i riflettori sul nostro Paese anche per spostare un p o’ l’attenzione dalle grane interne. Perché il fondo Salva-Stati non trova il successore di Regling. Il trattato sul Mes fissa chiaramente un limite di due mandati di cinque anni per il suo managing director, e dunque un nuovo mandato per il direttore uscente sarebbe chiaramente “i l l ega l e”, mentre anche una proroga per un breve interim nell’attes a che venga nominato il suo successore sarebbe una «zona grigia» che è meglio evitare e che «non è mai stata seriamente considerata», ha spiegato lui stesso. NOMINA IN STALLO Ma il processo per la nomina del nuovo direttore è in stallo dopo che nella corsa alla successione a Regling i due candidati rimasti, il portoghese Joao Leao (sponsorizzato dalla Francia) e il lussemburghese Pierre Gramegna (ap poggiato dalla Germania), si sono ritirati, visto che nessuno dei due è riuscito a raggiungere la soglia necessaria dell’80% dei voti degli Stati membri. Il consiglio dei governatori (i ministri delle Finanze) si riunirà in videoconferenza domani. Se non sarà stato individuato un candidato in grado di raccogliere l’80% dei consensi, sarà comunque necessario procedere a una nomina ad interim.

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