«Se va avanti così, rischiamo di cedere quote di mercato ai competitor turchi e indiani. E comunque saremo costretti a scaricare sul prodotto finale i maggiori costi energetici, con il rischio che le oscillazioni così rilevanti e imprevedibili costringano a modificare i listini in continuazione. Ma è un problema anche la mancanza di una posizione chiara sulla politica energetica da parte della Commissione europea, in termini ad esempio di quali fonti siano realmente utilizzabili per la transizione ecologica». Giovanni Savorani, presidente di Confindustria ceramica, ha davanti a sé i dati della chiusura del 2021 che certificano un andamento brillante del settore: volumi di vendite intorno ai 458 milioni di metri quadrati (+12% rispetto al 2019), export in crescita del 13% e vendite sul mercato domestico in aumento del 9%. Ma a rovinare la festa ci si è messo il caro e n e rg i a . Può farci una fotografia del momento che sta vivendo l’industria della ceramic a? «Il settore nel 2021 è andato molto bene fino a settembre e la domanda è rimasta altissima anche a ottobre, quando i costi di produzione sono esplosi. Il gas, che costava 20-25 centesimi al metro cubo, è andato a 180 centesimi, fino a 7-8 volte tanto. Ci hanno spiegato che è un fenomeno geopolitico ma l’industria si trova a dover fronteggiare oscillazioni di costo rilevanti. Ogni giorno in azienda si fanno riunioni con i nostri dirigenti per capire come gestire questa situ a z io n e » . In che misura il caro gas incide sul fatturato del setto re? «Il fatturato delle piastrelle di ceramica nel 2021 è arrivato a circa 5,9 miliardi di euro ma la bolletta del metano, che era intorno ai 250 milioni l’anno, ora è schizzata a 1,25 miliardi. Come possiamo assorbire questi spropositati incrementi di costo è il dilemma di ogni impresa. È chiaro che dovremmo incrementare i prezzi dei nostri prodotti, ma ci sono evidenti limiti». Rincarando i prodotti finali non rischiate di favorire competitori che non hanno questo problema? «È proprio questo il problema. Noi esportiamo l’85% del prodotto e fuori dall’Eu - ropa va il 33-34%. Mentre in Europa giochiamo ad armi pari, non è così al di fuori. In poche parole, stiamo rischiando il lavoro. Tant’è che all’inizio di ottobre siamo andati a Roma a chiedere che la cassa integrazione ricomprendesse anche queste situazioni straordinarie. Oggi 4-5 aziende hanno già fatto ricorso alla cassa straordinaria e tante altre stanno utilizzando le ferie arretrate. È un problema che riguarda tutti i settori dell’industria e quando colpirà l’alimentare allora saranno guai seri. Un altro tema è l’alto costo della transizione ecologica». Caro energia ed e f fetti d el l ’accelerazione dell’economia green si stanno somm a n d o? «Stiamo pagando salato le emissioni di CO2 senza che esista un’alternativa. In attesa di altre fonti energetiche, è scattato tutto il meccanismo della transizione ecologica e il mercato della CO2, per scelte ideologiche scollegate dalla realtà scientifica, è nelle mani della speculazione con costi che sono diventati 20 volte quelli iniziali. Ora la presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, ci viene a dire che il gas metano è necessario per gestire la transizione energetica, come il ministro Cingolani sostiene da tempo: ma allora perché in questa fase la burocrazia di Bruxelles tassa le nostre emissioni già ottimizzate con imponenti investimenti e senza alternative? Come facciamo a vivere con questi p rez z i ? » . La ceramica come intende difendersi? «La domanda per i nostri prodotti è alta nel mondo. Sono convinto che per il nostro settore ci sarà una via d’uscita ma sarà cara, perché dovremo aumentare i prezzi e si rischia di perdere quote di mercato. In mancanza di interventi devono preoccupare le conseguenze per l’occupazione di qualità che anche il nostro settore, come tutte le industrie manifatturiere, garantisce sui nostri territori, così come i rincari generalizzati dei prezzi con le conseguenti difficoltà per le famiglie a far quadrare i bilanci». Ci sono Paesi che potrebbero avvantaggiarsi della vostra difficoltà? «Certo, Turchia e India troveranno una strada aperta se andiamo fuori mercato. Anche perché i player finanziari andranno a investire in quei Paesi. È una delocalizzazione subdola. Un importante fondo inglese che opera anche nella ceramica, dopo aver fatto investimenti in Spagna e Italia, a novembre si è spostato in Turchia. Non li biasimo, vanno dove c’è convenienza » . Non è che rischiate anche il voltafaccia delle banche? Dare prestiti ad az ien de strozzate dagli alti costi potrebbe essere pericoloso. «Spero di no. Ho fatto proprio questa domanda a una primaria banca italiana e mi ha detto di no, ma il timore c’è. Sarebbe il colmo».
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
Iscriviti a:
Commenti sul post (Atom)
Nessun commento:
Posta un commento