STUPIDA RAZZA

mercoledì 19 gennaio 2022

Nell’alimentare a rischio 40.000 posti: triplicate le spese per gli imballaggi

 

Il caro energia non impatta solo sulla grande manifattura degli energivori, come l’ac - ciaio, il vetro, il cemento e la ceramica, ma anche sulla filiera dell’alimentare, costituita spesso da aziende di trasformazione di piccole dimensioni che lavorano con bassi margini. Imprese ora messe a dura prova dai rincari delle bollette e che sono di fronte al bivio se arrestare la produzione per non aumentare le perdite. «La mia azienda ha avuto un aumento del 100% della materia prima mentre il cartone per gli imballaggi è triplicato. La bolletta energetica a novembre è arri vata a 200.000 euro da 80.000 di s ettem b re. Le previsioni per il 2022 sono di un costo dell’energia di 2,2 milioni a fronte di 800.000 euro che pagavo nel 2020 e 2021»: Ivano Vacondio è presidente di Federalimentare e proprietario di Molini industriali di Modena, azienda leader nella produzione di farine, poi usate dalla grande industria per produrre pane, pasta, dolci. «Si sta innescando una spirale di rialzi dei prezzi che arriverà presto al consumatore finale», aggiunge. «Prima abbiamo dovuto far fronte ai rincari delle materie prime. Il grano è aumentato del 100% rispetto a due anni fa, il mais e la soia sono saliti del 70% sul 2019», spiega. Le 13 associazioni aderenti a Federalimentare contano 55.000 aziende di cui poco meno di 7.000 superano la soglia dei 9 addetti. Gli occupati sono complessivamente 470.000. L’industria alimentare fa 150 miliardi di fatturato e rappresenta il 71% dell’agroalimentare. La polverizzazione del settore è enorme e se questo finora è stato un fattore di forza perché ha consentito di essere flessibili alla domanda, ora rende faticoso assorbire i maggiori costi di p ro du z io n e. «Corriamo il rischio di perdere dai 20.000 ai 40.000 posti di lavoro, quasi il 10% dell’occupazione del settore», denuncia Vac o n d io. E sottolinea che «non si possono scaricare a valle tutti gli aumenti. Ciò porterebbe a un calo dei consumi significativo che per noi sarebbe un dramma. Il settore alimentare è la seconda manifattura del Paese, non può essere abbandonata, il governo deve intervenire per evitare ricadute sui consumatori». Poi elenca gli aumenti dei costi di produzione: «Si va dal 61% in più per gli imballaggi al 49% in più del petrolio, fino al +177% del trasporto sui container. Nell’i n du - stria molitoria il costo energetico è più alto di quello della manodopera. Al momento le aziende cercano di rallentare la produzione e fermare gli impianti nelle ore in cui l’e n e rg i a costa di più e lavorare quando costa meno. Ma questo crea difficoltà nell’organizzazione del lavoro e se si produce meno aumentano i costi fissi. Senza un intervento del governo non c’è via d’u s c i ta » . 

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