STUPIDA RAZZA

mercoledì 19 gennaio 2022

Il caro bollette ferma le imprese A rischio 500.000 posti di lavoro

 

Altro che ripresa. Dal distretto della carta di Lucca a quello delle materie plastiche in Veneto, dalle aziende dell’acciaio di Brescia a quello della meccanica di Lecco: ecco i settori messi in ginocchio dal caro bollette. «Con questi costi meglio chiudere», ci raccontano gli imprenditori di tutta Italia. E gli aiuti del governo sono insufficienti.A breve perfino comprare un mazzo di fiori diventerà un privilegio per pochi. Con il gasolio schizzato a cifre stellari, le serre stanno chiudendo o rallentano. È una mossa obbligata, dal momento che la produzione di fertilizzanti e il riscaldamento delle colture hanno raggiunto quotazioni impensabili qualche mese fa. Per non parlare degli imballaggi, delle acciaierie, della ceramica. Che fare? Scaricare i rincari energetici sul prodotto finale rischia di compromettere un posizionamento di rilievo sul mercato. Il paradosso è che il 2021 ha segnato un incremento generalizzato degli ordini, con una domanda in crescita, con l’export che marcia a pieno ritmo e con prospettive di sviluppo dell’economia. Tutto bene, quindi, finché le quotazioni del gas non sono impazzite: tra marzo e novembre rialzi del 350% e solo a dicembre +39%. L’escalation è cominciata alla fine del lockdown, quando l’economia mondiale ha ripreso a marciare chiedendo al mercato più energia e contemporaneamente l’Europa decideva di accelerare la transizione energetica e quindi la decarbonizzazione. riducendo gli investimenti nell’estrazione di gas. A questo scenario ora si è aggiunto un altro fattore che ha a che fare con gli equilibri della geopolitica: la tensione tra Russia e Ucraina. Una guerra ai confini dell’Europa ci interessa eccome, dal momento che la Ue da tempo ha rinunciato a una propria autonomia energetica ed è diventata sempre più dipendente da Mosca. Mentre l’Europa chiudeva i giacimenti, la Russia si faceva avanti per soddisfare la domanda crescente di energia. In Italia la metà dell’energia elettrica si produce con il gas e un altro 10% viene dal nucleare francese, da noi sempre criticato ma che ci ha fatto comodo. Ora Mosca, in base a come evolverà la partita sull’Ucrai - na, può regolare a suo piacimento i rubinetti del gasdotto e mettere in ginocchio l’indu - stria europea. Sembra che sia arrivato il momento critico in cui i nodi vengono al pettine. TARIFFE DA INCUBO Le tariffe energetiche, nonostante il deficit aggiuntivo deciso dal governo, sono aumentate mediamente nel 2021 di quasi il 30%. Un intervento quasi simbolico quello di palazzo Chigi, considerata l’on - data di rincari dei prezzi del petrolio e del gas naturale. Chi soffre di più sono i settori produttivi grandi utilizzatori di energia, ma il problema riguarda tutte le aziende, costrette a rivedere i loro costi registrando aumenti stellari. Rispetto al gennaio dell’anno scorso, devono sopportare il raddoppio dei costi dell’ener - gia. Per Davide Tabarelli, presidente di Nomisma energia, «il rischio di un lockdown produttivo c’è. Molte fabbriche stanno decidendo se stare aperte o chiuse, pur in presenza di ordini, perché non ce la fanno a pagare le bollette». La stima degli esperti è che il caro-energia, oltre a mettere a dura prova il sistema produttivo, avrà un costo notevole per l’economia italiana, che in questo 2022 sarà più povera per 35 miliardi di euro. L’au - mento abnorme del prezzo europeo del gas e, quindi, dell’elettricità in Italia (+572% a dicembre sul pre-crisi), se persistesse, metterebbe a rischio l’attività nei settori energivori. FRENATA DEL PIL Il Centro studi di Confindustria ha misurato i primi impatti sulla produzione industriale in Italia (-0,6% in ottobre, dopo la frenata nel terzo trimestre). Secondo la Cgia di Mestre, sono 500.000 i posti a rischio per il caro energia. I settori energivori contano circa 1,8 milioni di lavoratori e di questi il 30% potrebbe essere costretto a rimanere a casa per il fermo della produzione. Nei prossimi mesi, con variazioni annue delle tariffe che in alcuni comparti rischiano di raggiungere il +250%, molte aziende del vetro, della carta e della ceramica, ma anche del cemento, della plastica e della produzione dei laterizi potrebbero essere costrette a fermare la produzione, perché non in grado di far fronte all’aumento esponenziale di questi costi fissi. Toccati anche i settori della meccanica pesante, dell’al imentazione e della chimica. Per molte aziende quindi è più conveniente spegnere i macchinari, come per esempio hanno fatto le Fonderie di Torbole (Brescia), fornitore di dischi e tamburi freno per il comparto auto, che a metà dicembre hanno fermato la produzione per 40 giorni: «Impossibile pensare di produrre e di creare valore in queste condizioni», dice il numero uno aziendale, Enrico Friger io. GUADAGNI SVANITI I più colpiti sono settori che in questo momento stanno dando un contributo fondamentale alla ripresa economica del Paese, con livelli di vendite all’estero mai toccati in precedenza. Secondo la Cgia, tra i distretti da tutelare maggiormente ci sono quello cartario di Lucca-Capannori, le materie plastiche di Treviso, Vicenza e Padova, i metalli di Brescia-Lumezzane, il settore metalmeccanico del basso Mantovano e di Lecco, le piastrelle di Sassuolo, la termomeccanica di Padova e il vetro di Murano. I settori energivori sono tanti. In ballo c’è anche la moda, la seconda manifattura del Paese che ha 50mila imprese e 400mila lavoratori. Il ministro Roberto Cingolani sta valutando di aumentare la produzione di gas nazionale attraverso i giacimenti già aperti. Avviare le perforazioni nell’Adriatico porterebbe anche fino a 7 miliardi di metri cubi in più di gas, ma l’opera - zione anni fa fu osteggiata perché si diceva che c’era il rischio di far finire Venezia sott’ac - qua, figuriamoci oggi che l’Eu - ropa sta puntando tutto sull’economia green. Ma mentre si discute, la bolletta sale. E  ad annegare sono le aziende.

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