STUPIDA RAZZA

mercoledì 19 gennaio 2022

«Più produciamo, più soldi perdiamo Costretti a fermare i macchinari»

 

«Se non alziamo i prezzi siamo morti nel giro di un paio di mesi perché non ce la facciamo con la liquidità, ma se li alziamo rischiamo di andare a una morte differita nel tempo perché il lavoro sarà trasferito altrove». Fabio Zanardi, presidente di Assofond, l’Ass oc iaz io ne che rappresenta le imprese di fonderia italiane, e amministratore delegato di Zanardi fonderie, parla vivendo sul campo la bolla dei prezzi energetici. L’industria delle fonderie è costituita da circa mille imprese, soprattutto di piccole e medie dimensioni, occupa 30.0000 addetti diretti e fattura 6,5 miliardi di euro. Serve mercati strategici come l’automotive, il trasporto ferroviario, gli impianti di energia eolica e l’industria meccanica. Il 69% del fatturato deriva dall’ex p o rt . Che cosa sta accadendo nella sua azienda? «Da 12 anni non vedevamo tanti ordini, una domanda che sta dando molte soddisfazioni. Ma la situazione paradossale è che a fronte di tanto lavoro, come sognavamo da anni, c’è il rischio di non guadagnare nulla o addirittura trovarsi con ondate di costi di energia difficili da assorbire. Insomma più produciamo, e più soldi perdiamo». Come state andando avanti ? «Agiamo sull’unica leva a disposizione, che è quella di trasferire i costi a valle nella catena di forniture. L’a l tra soluzione sarebbe di fermare la produzione. Ci siamo fermati per le manutenzioni, abbiamo ritoccato i prezzi di listino e speriamo di aver raggiunto l’equilibrio. Se dovessimo trovarci di fronte a u n’impennata di prezzi del metano come a dicembre, saremmo costretti ad altri rincari o a fermare la produz io n e » . Come si stanno regolando le altre fonderie? «Alcune hanno rinviato la ripartenza dopo le feste natalizie per vedere l’evo lu z io - ne della situazione; altre, soprattutto quelle che lavorano per l’automotive, hanno avviato la cassa integrazione. Tutti gli associati ad Assofond lamentano che pur lavorando tanto, sono in perdita. Il settore ha già sofferto a inizio 2021 con la carenza e i rincari delle materie prime e ora subiamo quest’altra bato s ta » . Avete fatto previsioni per il 2022? «Ci saranno alti volumi di produzione ma con guadagni poco soddisfacenti. Inoltre, siccome siamo costretti a scaricare i maggiori costi sul prodotto, nel giro di poco tempo ci sarà un calo della domanda e allora addio ripresa. Noi piccole e medie imprese energivore non usufruiamo delle azioni di calmieramento degli aumenti energetici di cui beneficiano altri settori industriali. Ci sentiamo abbandonati. Per il settore delle fonderie non è stato inserito nulla nella legge di bilancio». Ma se aumentate i prezzi non rischiate di consegnare il mercato alla concorrenz a? «Non siamo in un situazione paritaria rispetto agli altri Paesi europei. In Germania, Francia e Spagna le aziende energivore sono state tutelate dagli aumenti energetici e non hanno necessità di alzare i prezzi come noi. La Germania poi sta andando avanti a carbone mentre in Francia non ci dimentichiamo che c’è il nucleare. C’è il rischio che aziende italiane vadano a rifornirsi all’estero, dove i prezzi sono stabili, non sottoposti a oscillazioni come in Italia. Noi siamo anche gravati dai costi del capacity market che è partito a inizio d’anno». In che consiste il capacity m a rket? «Riguarda il mercato elettrico e prevede una serie di misure volte a garantire la sicurezza del sistema e l’ap - provvigionamento di energia elettrica con risorse sempre disponibili, così da evitare blackout. Ma questo vuol dire che vi sono 500 ore all’anno che costeranno alle imprese 40 euro al megawattora in più per scongiurare il pericolo di blackout. È un ulteriore onere. L’Arera ci ha comunicato solo il 20 dicembre quali sono le ore più costose. Sono tutte le diurne distribuite tra gennaio, febbraio e luglio. Stiamo cercando di organizzarci. Nel frattempo paghiamo oneri a g g i u nt iv i ».

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