STUPIDA RAZZA

venerdì 4 febbraio 2022

Imu e coniugi con due case: accertamenti senza sanzioni

 

Accertamenti Imu sulle doppie residenze dei coniugi senza irrogazione di sanzioni, per sussistenza dell’obiettiva incertezza sull’ambito di applicazione della norma. A decorrere dal 2022, invece, la scelta dell’unità immobiliare esente deve essere fatta con la dichiarazione da presentarsi a giugno 2023, a cura del proprietario della casa. Questi i chiarimenti offerti dal dipartimento delle Finanze del Mef in occasione di Telefisco 2022, pubblicati oggi per la prima volta sul Sole 24 Ore del Lunedì (si vedano le risposte ufficiali nelle pagine seguenti). L’antefatto Con l’introduzione dell’Imu, la nozione di abitazione principale ha subìto alcune modifiche. In particolare, mentre nell’Ici non era normato il caso dello sdoppiamento di residenze tra coniugi, nel nuovo tributo si è espressamente previsto che in caso di due abitazioni principali ubicate nello stesso Comune, solo una di esse – a scelta del contribuente – ha diritto all’esenzione. Ciò ha indotto il Mef ad affermare, nella circolare 3/DF/2012, che la mancanza di indicazioni legislative in ordine all’ipotesi delle residenze disgiunte in Comuni diversi implicasse il raddoppio del l’esenzione, a tutela di esigenze effettive dei coniugi, quali ad esempio quelle lavorative. Questa tesi non è stata tuttavia accolta dalla Cassazione che, in numerose sentenze, ha affermato che l’esenzione per l’abitazione principale non può mai essere duplicata, neppure in caso di residenza in Comuni diversi. Il punto è però che, sempre alla luce di tale orientamento, laddove non sia dimostrato che il nucleo familiare risieda e dimori nello stesso immobile, l’esonero non compete per nessuna unità (Cassazione 17408/2021). Questo significa penalizzare proprio i casi in cui i coniugi hanno effettivamente l’esigenza di tenere dimore distinte, ad esempio per necessità lavorative. Va tuttavia segnalata, in proposito, la parziale apertura contenuta nell’ordinanza 17408/2021, nella quale la Corte pare ammettere l’esenzione per una abitazione in presenza di dimostrate esigenze professionali. La soluzione legislativa Con l’articolo 5-decies del Dl 146/2021 si è intervenuti, peraltro non in via interpretativa, modificando la disposizione di riferimento e accomunando la situazione delle due abitazioni principali nello stesso Comune e quella relativa alle abitazioni in Comuni diversi. Si è pertanto stabilito che in entrambe tali fattispecie solo una delle due unità è esente, a scelta del contribuente. Le risposte del Mef Ora il dipartimento Finanze chiarisce che la scelta dell’unità esente deve essere fatta dal soggetto passivo del tributo, in sede dichiarativa. Ne consegue che l’onere compete al titolare (proprietario o titolare del diritto reale di godimento) dell’immobile che sarà indicato come destinatario dell’agevolazione. Ciò avverrà – precisa ancora il ministero – in occasione della compilazione della dichiarazione Imu riferita al 2022, e cioè entro il mese di giugno 2023. Allo scopo, occorrerà barrare il campo 15 relativo all’esenzione e riportare nelle annotazioni «Abitazione principale scelta dal nucleo familiare ex art. 1, comma 741, lett. b), della legge n. 160 del 2019». Non è superfluo ricordare che le condizioni per l’esonero non sono state modificate dalla novella del 2021: resta perciò la necessità che il proprietario della casa non solo vi risieda anagraficamente ma vi dimori altresì abitualmente. In sostanza, continuano a non essere legittimate le residenze “fittizie”. I controlli per il passato Il dipartimento conferma che per le annualità pregresse vale il principio recato nell’articolo 10 dello Statuto del contribuente, in base al quale non sono irrogate sanzioni in caso di obiettiva incertezza sull’ambito di operatività di una norma. Nel caso di specie, sempre secondo il ministero, la previsione normativa in questione è stata oggetto di interpretazioni divergenti da parte della Suprema corte, che hanno pertanto creato le premesse per la disapplicazione delle sanzioni. A ben vedere, peraltro, nella situazione in esame potrebbe ugualmente richiamarsi il principio della tutela dell’affidamento del contribuente, pure sancito nel medesimo articolo 10, al comma 2. In forza di questo, non sono irrogate sanzioni né richiesti interessi moratori nei casi in cui il contribuente sia stato indotto in errore da atti dell’amministrazione finanziaria. Ma è indubbio che molti contribuenti abbiano ritenuto di poter contare sulla circolare 3 del 2012 delle Finanze che per l’appunto aveva affermato il diritto alla doppia esenzione, trovandosi successivamente “spiazzati” dalla Cassazione.

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