STUPIDA RAZZA

venerdì 4 febbraio 2022

SENSO di Sé E REDDITO, equilibrio per pochi

 

La grande fuga dal lavoro evoca
un esodo che ci sorprende
abituati come siamo a
ragionare di mercato dei lavori da
trovare, più che da cambiare. Solo
in base alle turbolenze dei mercati,
si mobilitano gli strumenti per
l’uscita, cassa integrazione e scivoli
quando va bene. I numeri celano,
segnalano un funzionamento del
mercato del lavoro più fluido in cui
crescite e cadute si mischiano.
Anche con la faglia tra Nord e Sud
sempre più profonda. Visto che il
grosso della fuga la si registra
soprattutto al Nord, dove
contemporaneamente in alcune
filiere si è quasi raggiunta la piena
occupazione. C’è altro più in
profondità, che attiene invece al
rapporto tra personale e sociale.
Per capire il motivo per il quale si
decide di dimettersi o di cambiare:
occorre inforcare altri occhiali per
vedere l’esodo. L’esodo evoca
l’attraversamento del deserto alla
ricerca della terra promessa del
lavoro nella terra del latte e del
miele, con la speranza
dell’ascensore sociale. Un deserto
attraversato da due carovane che
vanno in direzione contraria anche
se entrambe verso la speranza. Una
che si dismette dal lavoro cercando
oasi dove dissetarsi; l’altra che si
mette in cammino lasciando la
terra della disoccupazione e del
precariato continuato. Senza
dimenticare i milioni di giovani
neet che nemmeno si mettono in
marcia. Le due carovane non si
incontrano nel mitico mercato del
lavoro perché questo si è fatto
sabbia nella frammentazione del
diamante del lavoro. Diamante
sempre più scheggiato e
frammentato perché non tiene più
assieme senso e reddito. Il lavoro
non è solo ricerca di reddito, ma
anche senso e significato del
vivere, di appartenenza, di identità
e di senso di sé. Non basta più
chiedere dimmi che lavoro fai e ti
dirò chi sei come nel 900. Quando
si capiva anche dove uno abitava e
addirittura per chi votava. Oggi
sono tante le domande da porre
per capire le carovane in direzione
ostinata e contraria: di che genere
sei, da dove vieni straniero, quale
dimensione del tempo tra vita e
lavoro, cosa pensi e cosa senti, e
desideri oltre il tuo curriculum? E
si potrebbe continuare. Domande
spesso senza risposte sia per
offerta di reddito, basta guardare ai
salari europei ai nostri contratti a
tempo e alla gig economy, che per
crisi di senso ammantata da una
retorica sui nuovi lavori flessibili
per molti e in equilibrio tra senso e
reddito per pochi. E cosi una
carovana cerca oasi di tempo per sé
sperando in una terra promessa
dove si lavori comunicando, e la
tecnica liberi tempo e creatività,
libertà dalla fatica con imprese 4.0
e smartworking, e per chi può il
prendere una pensione da reddito
da integrare cercando per una
volta il senso di un lavoro in
empatia con i desideri. L’altra
arranca nella sabbia verso il
miraggio di un reddito per la vita
nuda fatta dall’abitare il mangiare
il vestirsi lo scaldarsi.
Sperimentando uno squilibrio tra
pressione crescente del lavoro
sulla vita ed effettiva possibilità di
salita sociale. Alla passione
operosa del “mettersi sotto
sforzo”, dove lavoro e rete sociale
spesso coincidevano, subentra
verso il lavoro un sentimento più
freddo e la carovana diventa una
comunità del disincanto.
Entrambe le carovane nel
cammino alla ricerca di senso e di
reddito si selezionano in una
composizione sociale dove pochi
sono i salvati e molti i sommersi e
pochi quelli che, iniziato l’esodo,
trovano nuovo senso nel lavoro e
pochi il reddito per la vita nuda.
Manca il luogo di incontro, il
caravanserraglio dove si
incontrano le due carovane del
senso e del reddito. Una volta il
luogo era la fabbrica, poi lo
abbiamo definito ceto medio, la
grande oasi per l’ascensore sociale,
che oggi va ricostruito oltre le mura
dell’impresa rimettendo in mezzo
il fare società tra i salvati e i
sommersi, tra chi sta sui flussi
degli algoritmi dei lavori e chi li
subisce. Questione non solo
socioeconomica nella tempesta di
sabbia provocata dalla pandemia,
ma direi antropologica nell’averci
fatto riscoprire il corpo, non solo al
lavoro con tanto d’inadeguatezza
dei codici Ateco per i sommersi, ma
nell’essenzialità della cura di sé e
degli altri come tempo di vita. Ci ha
fatto apparire anche il miraggio
dello smartworking come oasi ove
trovare forme di lavoro ibrido che
tengano assieme senso e reddito.
Siamo tutti nell’esodo, il tema del
lavoro non è solo questione
giuslavorista e dei codici Ateco da
riformare. Interroga il fare
carovana per fare società.

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