STUPIDA RAZZA

mercoledì 23 febbraio 2022

L’escalation fa tremare le Borse Listini Ue ai minimi da ottobre

 

L’ottimismo, anche sui mercati finanziari, è durato poco. Il tempo di sperare che l’incontro annunciato tra Biden e Putin potesse portare buone notizie. Il tempo, giusto, di incrociare le dita. Ma già a metà mattina, mentre lo stesso presidente russo raffreddava le attese su quel meeting e dall’Ucraina arrivavano notizie di combattimenti, l’umore è cambiato drasticamente. Così, nel giorno in cui i listini Usa erano chiusi per il President Day, le Borse europee hanno virato subito in negativo: Milano alla fine ha perso l’1,72%, Francoforte il 2,08% e Parigi il 2,04%. L’indice europeo Stoxx 600 è sceso sui minimi dallo scorso ottobre. Lo spread BTp-Bund è risalito a 170 punti base. Ma soprattutto è salito il prezzo del petrolio: in serata il Brent guadagnava circa il 3%, sfiorando i 96 dollari al barile. Idem per il prezzo del gas naturale. Ma è a mercati chiusi che sono arrivate le notizie più preoccupanti, a partire dal riconoscimento, da parte della Russia, delle repubbliche separatiste del Donbass. La reazione, negativa subito sui futures, si vedrà oggi sui listini. Sui mercati la sensazione di un’escalation degli avvenimenti si respirava in realtà sin dalla tarda mattinata. Ormai è da giorni che gli analisti di tutte le banche d’affari cercano di fare i conti e di capire quale impatto possa avere una crisi con la Russia. Il problema principale, come noto, è la dipendenza dell’Europa dal gas russo. Secondo i dati di Capital Economics, dalla Russia arriva circa il 70% del gas che Germania e Finlandia importano. Per l’Italia il gas russo rappresenta circa il 45% dell’import totale. La media dell’Eurozona è poco sotto il 40%. Questo è dunque il nodo che tiene i mercati sulle spine: la crescita economica europea (e mondiale) è già in affanno per il rincaro delle materie prime e dell’energia, per l’inflazione galoppante, per la svolta restrittiva delle banche centrali e per una pandemia che solo ora sta mollando un po’ la presa. Una guerra, con il rischio di una riduzione dell’afflusso di gas in Europa, potrebbe rappresentare dunque un colpo ulteriore. Soprattutto nel Vecchio continente, dato che Stati Uniti e Cina non dipendono dalle importazioni russe. Gli economisti di Commerzbank calcolano che, se la Russia arrivasse alla contro-misura estrema di chiudere completamente i rubinetti del gas, l’Europa avrebbe riserve fino ad aprile. Questo porterebbe un ulteriore aumento dei prezzi. Capital Economics calcola che - con l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia - il petrolio Brent potrebbe rincarare fino a 120-140 dollari al barile dagli attuali 93-94. Solo questo rincaro - stimano - aggiungerebbe un punto percentuale alla  già elevata inflazione prevista attualmente. Simili i calcoli di Algebris: negli Stati Uniti e in Europa - calcolano i portfolio manger Alberto Gallo e Gabriele Foà - un ulteriore aumento dei prezzi del 20% per gas e petrolio potrebbe aggiungere circa un punto percentuale all’inflazione. E questo avrebbe un impatto notevole sulla crescita economica: stima Capital Economics che basta un calo del 10% delle forniture di gas per ridurre il Pil trimestrale di mezzo punto percentuale in Europa.

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