STUPIDA RAZZA

domenica 6 febbraio 2022

Lo scontro sui medici di famiglia rallenta il via alle Case di comunità

 

Trasformare i medici di famiglia in dipendenti del Servizio sanitario nazionale oppure lasciarli in «convenzione» (come liberi professionisti), ma con l’obbligo di lavorare almeno 6 ore nelle future Case di comunità sul territorio? È intorno a questo braccio di ferro che si decide un pezzo importante delle future cure fuori dall’ospedale, quelle che sono mancate di più durante la pandemia e a cui complessivamente il Pnrr assegna 7 miliardi. Di questi 2 miliardi servono per far partire le Case di  comunità, le nuove strutture che dovranno garantire le prime cure agli italiani insieme ai medici di famiglia. Il loro identikit insieme alle altre cure sul territorio sono definite in un documento atteso in Conferenza Stato Regioni per poter far partire tutta la macchina entro giugno come chiede l’Europa per non perdere i fondi. Ma per far decollare le cure sul territorio manca appunto il tassello sul futuro ruolo dei medici di famiglia che proprio oggi arriva in Stato Regioni dopo un confronto complicato che dura da settimane. Lo scorso 26 gennaio un gruppo di governatori ha incontrato il ministro della Salute Roberto Speranza che ha lavorato insieme ai sindacati dei medici a questo accordo che prevede appunto il “salvataggio” della convenzione ma l’obbligo per i camici bianchi di lavorare da 6 fino a 18 ore nelle nuove 1350 Case di comunità che nasceranno entro il 2026 grazie ai fondi del Pnrr. Nelle intenzioni di Speranza l’accordo dovrebbe essere tradotto in una norma di legge che rappresenterebbe la base dell'atto di indirizzo – di competenza delle Regioni – per la futura convenzione. Proprio in base all'interlocuzione con la Commissione Ue, la norma dovrebbe essere emanata prima della scadenza del secondo trimestre 2022 per garantire la partenza della Sanità sul territorio prevista nella Missione 6. Una Sanità finalmente più vicina ai cittadini. Si tratta di una partita troppo grande per naufragare dopo i danni della pandemia.

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