STUPIDA RAZZA

domenica 10 luglio 2022

«Dobbiamo insegnare ai nostri ragazzi l’orgoglio di lavorare come artigiani»

 

Enzo Crivella, maestro gelatiere di Sapri (Salerno), instancabile e vulcanico masterchef del «gelato fatto ad arte», ideatore della «geogelatografia» («Scrivere la geografia significativa del territorio attraverso il gelato»), è uno dei pochissimi maestri gelatieri italiani insignito del Mam, il titolo di Maestro d’arte e mestiere equivalente al prestigioso Meilleur ouvrier de France (Mof) che incorona artigiani professionisti d’estrema eccellenza. Premiato poiché «più grande gelataio e animatore del gusto che il Cilento abbia mai avuto», habitué della Guida gelaterie d’Ital ia del Gambero Rosso, ha lanciato un’idea curiosa: ha proposto ai gelatieri sapresi di creare una unica gelateria senza dipendenti, gestita solo dai proprietari con ruoli diversi, per risolvere il problema dell’assenza di personale. «Naturalmente, è una provocazione per aprire la discussione», spiega Crivella alla Ve rità . «Senza personale, abbiamo grandissime difficoltà a mandare avanti le noZ COSTRUIRE IL FUTURO stre piccole attività che già subiscono una pressione fiscale n otevo l e » . Spesso si parla dei grandi imprenditori milionari, ma in Italia ci sono tantissimi piccoli artigiani che lavorano in cucina con i dipendenti. «Ci sono diversi tipi di imprenditori. La mia attività nasce nel 1950 con mio padre e c’erano imprenditori che utilizzavano gli operai in una maniera oggi impensabile. Il rapporto tra imprenditore e operaio è cambiato moltissimo. Non si deve identificare pregiudizialmente una categoria dei buoni e una dei cattivi: c’è buon senso da entrambe le parti. Ma tanti ragazzi adesso non vogliono avvicinarsi al mondo del lavoro, in questo caso quello dell’a rt i g i a n a l i tà , penalizzato moltissimo, vogliono seguire altre strade, tipo l’i n f lue n c e r » . Lei fa i colloqui, ha l’i mpressione che i ragazzi non vogliano più fare questi lavori ar tigianali? «Io dico loro: “Guardate che se fate questo mestiere poi diventate imprenditori, com’è stato per me, imparate il mestiere e poi diventate imprend i to r i”». È un messaggio che non viene mandato di frequente ai ra ga z z i . . . «Sento spesso la solita frase banale sugli imprenditori sfruttatori, ma quale ragazzo oggi accetterebbe di essere sfruttato? In realtà io li vedo abbastanza ribelli... Ma intanto questa narrazione ha creato una diatriba tra imprenditori e lavoratori. È una cosa voluta e non so da chi. Ma, nella realtà, noi coi ragazzi abbiamo dei rapporti bellissimi, piacevoli. Dovremmo piuttosto parlare di questioni come il divario tra Nord e Sud in questo settore, la differenza tra lavori annuali e lavori stagionali». Semplificare certo non aiuta a capire. Briatore ha proposto di togliere il reddito di cittadinanza ai giovani durante l’e s tate. «I ragazzi che vogliono avere visibilità vanno anche volentieri da Briatore o da Cracco. Ma da un artigiano anonimo no. Il protagonismo sfrenato odierno ci sta danneggiando ad ogni livello. Non c’è più l’aspirazione. La prima cosa che chiedono è “Quanto mi d ai ?”. C’è già una chiusura, una giustificazione, anche coi genitori, che hanno la responsabilità di non spingere questi ragazzi a trovarsi un lavoro». Bisognerebbe far tornare ai giovani l’amore per questi lavori e l’orgoglio di farli, du n q ue? «Nel nostro territorio molti ragazzi sono diventati imprenditori di sé stessi. Non ci credevo molto, nella mia militanza ventennale con Slow Food, invece questo ritorno alla terra, come diceva Carlin (Carlo Petrini, ndr), si è verificato, con mio grande piacere. Spesso vado incontro a questi ragazzi facendo un gelato coi loro prodotti, per dare visibilità. Questa ritrovata dignità, che l’agricoltura, ai loro occhi, aveva perso, è la chiave del loro successo». Cosa pensa della proposta di togliere d’imperio il reddito di cittadinanza? «Reputo che il reddito di cittadinanza sia stato una grande conquista e una necessità per i bisognosi, però la sua seconda fase, trovare un lavoro, è stata un fallimento e tanti percettori si sono adagiati su queste cifre mensili. Lo Stato potrebbe darle agli imprenditori che assumono i ragazzi col reddito: lo stipendio non costerebbe 1500-1800 euro al mese a noi imprenditori, ma 500-600 euro in meno e lo Stato aiuterebbe sia i ragazzi, sia gli imprenditori. Non sarebbe più un regalo a loro, perché li assumi. Né a noi, perché li assumiamo. Abbiamo criticato per anni l’ass istenzialismo della Democrazia Cristiana, ma elargire soldi così è uno spreco ed è inutile. Dobbiamo prendere coscienza di una situazione drammatica. Sempre meno persone hanno in mano poteri sempre più ampi » . Ampliare il numero dei piccoli imprenditori significherebbe anche costruire un capitalismo più gentile? «Sì. Più equo, più giusto, più spalmato. Bisogna assistere i ragazzi nel progetto di diventare imprenditori, farli affacciare al mondo del lavoro e poi farli appassionare, come accadde a me. Ci vogliono produzione e produttività per migliorare la società. Nella semplicità ci sono tutte le soluzioni, lo dico da anni. Bisogna tornare alla tradizione anche nel campo del lavoro».

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