STUPIDA RAZZA

domenica 3 luglio 2022

Finito il Qe parte lo scudo (pandemico) anti spread

 

Il QE iniziato nel 2014 e gli acquisti netti dei titoli dei 19 Paesi membri nel programma PAA, per allentare ovunque le condizioni di finanziamento, sono terminati ieri. E ieri stesso, in vista del rialzo dei tassi il 21 luglio, è ricominciata anche la lotta contro la frammentazione finanziaria e spread eccessivi. Dal primo luglio è scattata la flessibilità dei reinvestimenti del capitale rimborsato nell’ambito del programma pandemico Pepp. Si tratta della stessa flessibilità degli acquisti netti: i reinvestimenti potranno essere adeguati in maniera flessibile, fra le varie classi di attività e i vari Paesi in qualsiasi momento. Per evitare che gli spread tra i titoli degli Stati ad alto e a basso debito pubblico si allarghino troppo, oltre i fondamentali economici, la Bce è pronta ad usare lo strumento della flessibilità nei reinvestimenti. Questo significa che quando scade il titolo di un emittente sovrannazionale AAA o di uno Stato a basso debito pubblico, per esempio Germania oppure Olanda o chissà anche l’Irlanda, invece di reinvestire quel capitale riacquistando un titolo dello stesso emittente sul mercato secondario, la Bce utilizzerà quel capitale per acquistare il titolo di uno Stato altamente indebitato, sotto pressione nei mercati con uno spread troppo elevato: come è accaduto di recente a Italia, Spagna o Portogallo. Questo nell’ambito della normalizzazione, una politica monetaria che prevede l’inasprimento delle condizioni di finanziamento, in maniera uniforme nell’area dell’euro, per riportare l’inflazione al 2%. In base a uno scoop della Reuters, non smentito dalla Bce, la flessibilità sul Pepp suddividerebbe gli Stati tra “donatori”, neutrali e “destinatari”. La Francia per esempio ambisce ad avere uno standing come quello della Germania, ma non regge il confronto con il debito/Pil tedesco. La Francia viaggia da anni ben sopra il 100% (112,9% a fine 2021) mentre la Germania orbita attorno al 69% e se non ci fosse stata la pandemia sarebbe tornata sotto la soglia di Maastricht del 60%. Per non danneggiare lo spread dei Paesi intermedi, secondo Reuters la flessibilità Pepp avrebbe previsto gli Stati “neutrali” con stock di titoli invariato, fuori dalla flessibilità. Certo è che il mancato reinvestimento dei titoli in scadenza, in titoli equivalenti è come una vendita: per evitare che lo stock dei titoli tedeschi nel portafoglio della Bce possa ridursi troppo con gli interventi anti-spread, il capitale di altri titoli, emessi dagli enti sovrannazionali come la Bei, sarà reinvestito con finalità anti-spread. Fabio Panetta, membro del comitato esecutivo, in un intervento al Parlamento europeo ieri, ha sottolineato che «l’unione, non la frammentazione, ci rende più forti» in Europa. Combattere la frammentazione rientra nella normalizzazione della politica monetaria e aiuta la Bce ad alzare i tassi adeguatamente per riportare l’inflazione al 2%, a vantaggio di tutti gli Stati nell’area dell’euro. Una reazione eccessiva dei mercati agli shock esterni genera una stretta asimmetrica delle condizioni di finanziamento che si auto alimenta e che danneggia tutti i Paesi membri dell’euro. Secondo Panetta, non bisogna solo guardare ai Paesi più vulnerabili, le cui condizioni di finanziamento possono peggiorare troppo con un allargamento eccessivo degli spread, ma anche ai Paesi meno vulnerabili oggetto di un aumento dei flussi di capitale che porta a una compressione dei rendimenti e di conseguenza a condizioni di finanziamento «troppo allentate», a un’inflazione «troppo alta» rispetto all’orientamento di normalizzazione della politica monetaria. La frammentazione nuoce a tutti i Paesi, con spread troppo ampi e troppo stretti.  

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