STUPIDA RAZZA

martedì 5 luglio 2022

«Magari non lo sanno ma le onlus aiutano il traffico di esseri umani»

 

L’ultimo incarico prima della pensione spiega bene quanto l’ammiraglio (di riserva) Ni - cola De Felice, decano del Centro studi Machiavelli, conosca il fenomeno migratorio. È il 2015 quando viene nominato comandante della Marina militare in Sicilia e il 18 aprile di que l l ’anno un barcone con poco meno di mille passeggeri a bordo affonda nel Mediterraneo. Una strage senza precedenti. È lui che si occupa del recupero di 700 salme. Ammiraglio, è una vicenda che deve averla segnata partic ol a r m e nte. «Al punto da determinarmi a fondare un comitato nazionale che ha come obiettivi principali la difesa della sovranità nazionale, la lotta al fenomeno della tratta degli esseri umani, anche nei confronti di chi la sostiene indirettamente » . La stagione estiva è quella in cui le Ong giocano un ruolo chiave. Concretamente come a g i s c o n o? «Le loro navi arrivano sotto costa nella zona di competenza libica. Dopodiché nonostante l’Onu abbia regolarizzato le zone Sar (Search and rescue, ndr) di Tripoli, La Valletta, Tunisi e Roma, se ne fregano delle regole. Perché hanno il diritto dovere di chiedere il Pos (porto sicuro, ndr) a Tripoli. Per essere più chiari: se salvo dieci persone nella Sar maltese dovrei portarle a Malta. Tutto ciò è regolarizzato dall’Onu attraverso il suo braccio esecutivo che è l’Imo (organiz - zazione internazionale marittima, ndr) che assegna le zone Sar a tutto il mondo. E c’è un altro aspetto da considerare». Qua l e? «Ormai le imbarcazioni delle Ong sono molto attrezzate. A bordo hanno le migliori tecnologie e medici, dunque da un punto di vista tecnico potrebbero essere considerate un porto sicuro. È un aspetto importante, senza dimenticare che in media tengono per due settimane i passeggeri a bordo. Il regolamento di Dublino è chiaro: non parla di Pos, ma di primo passaggio illegale. Dunque nel momento in cui il primo passaggio illegale viene eseguito a bordo di una nave norvegese, è la Norvegia che si deve occupare di quel clandestino». Quindi l’Italia dovrebbe essere più rigorosa nel far rispettare le regole anche ai partner europei? «Assolutamente, anche perché le norme ci danno ragione. Basti pensare al Trattato internazionale del diritto marittimo, riconosciuto dall’Onu e ratificato da 200 Paesi fra cui l’Italia, e il Codice della navigazione italiana. Norme che giustificano qualsiasi tipo di operato dello Stato costiero, il quale potrebbe individuare nelle navi Ong possibili pericoli o attività di immigrazione clandestina. Lo dico in maniera benevola, sono convinto che le Ong aiutino inconsapevolmente la tratta di esseri umani. Comunque il nostro Paese più che sul piano normativo dovrebbe agire in campo dip l o m at ic o » . In che modo? «Prendendo una posizione netta con le ambasciate che hanno la stessa bandiera delle imbarcazioni. Servirebbe una capacità contrattuale ben diversa da quella di cui disponiamo al momento sullo scacchiere internazionale». Alla lunga lista dei finanziatori vip delle Ong si è aggiunto il graffitaro Banksy. «Un egocentrico che vuole accreditarsi come filantropo donando un milione di euro alla Louise Michel, che guarda caso batte bandiera tedesca. A me non preoccupa Banksy ma la chiesa evangelica tedesca che foraggia le Ong con milioni e milioni di euro, anche grazie allo Stato tedesco. I loro fedeli credono di risolvere così i problemi del mondo. Pensano di fare del soccorso quando in realtà stanno contribuendo ad u n’attività da «tassinari»». Come giudica l’attuale politica dei rimpatri? «Mi dispiace ripetermi ma anche in questo caso dovremmo avere una forza contrattuale in campo diplomatico ben diversa. Per essere ancora più chiari: ad oggi l’Italia può vantare un solo accordo bilaterale con i Paesi di origine, il trattato è stato siglato con la Tunisia e prevede il rimpatrio di circa 70 persone ogni tre settimane. Se lo confrontiamo con i numeri del ingressi è davvero poco. Per non parlare del fatto che con Egitto, Bangladesh, Pakistan, Somalia e Nigeria non c’è nessun accordo in tal senso». L’immigrazione non ha solamente costi sociali ma anche e c o n o m ic i . «Ricordo che nel 2019 all’epoca del governo giallo-verde la Lega tentò di inserire una norma che prevedesse sanzioni dure per chi favoriva gli sbarchi. Dopo la levata di scudi della sinistra non se ne fece più nulla. Nonostante l’assenza di una legge basterebbe applicare il Codice della navigazione italiana: prevede che le spese del servizio che lo Stato rende per qualsiasi motivo alle navi Ong che approdano in Italia siano a carico dello Stato di bandiera. Potete immaginare i costi delle varie attività delle navi militari o dei volontari attivati per ricevere i migranti. A oggi queste spese le paga il contribuente italiano». Analizzando i dati sugli sbarchi il 2022 non rischia di essere l’annus horribilis del fenomeno migratorio? «Se gli approdi nel nostro Paese continueranno con questo ritmo la situazione presto diventerà molto critica. Gli ultimi dati dicono che al 1° luglio ne sono arrivati 27.633, probabilmente entro la fine dell’an - no supereremo i massimi storici. Per essere chiari e dare una cifra indicativa rischiamo di far entrare 90.000-100.000 stranieri in Italia. Una situazione che è in parte dovuta all’utilizzo di nuovi itinerari». In che senso? «I cittadini del Bangladesh, dell’Egitto e dell’A f g h a n i s ta n , tre delle quattro nazioni che attualmente forniscono il maggior numero di migranti all’Italia, non usano solamente come in passato la rotta libica. Molti prima prendono l’ae re o verso l’Albania (Tirana) o Cipro (Tymbou). E siccome ques t’ultima è una zona poco controllata, da lì riescono a proseguire via mare con barconi e navi a vela verso la Calabria. È per questo che da mesi quella Regione è sotto pressione ( so lo a Roccella Jonica da inizio anno sono 27 gli sbarchi complessivi, ndr)». Anche lei ritiene che la guerra in Ucraina abbia contribuito all’attuale pressione migratoria che stiamo subend o? «Senza dubbio, perché ha destabilizzato il settore energetico e alimentare. Però penso che il peggio debba ancora arrivare. In Paesi come Egitto, Bangladesh e Tunisia i veri problemi non sono politicoistituzionali, ma economici. Queste nazioni che ho appena citato sono a rischio default perché hanno investito molto sui treasury statunitensi, obbligazioni governative, il cui tasso di interesse è stato recentemente rialzato dalla Fed . A breve Al Cario potrebbero avere serie difficoltà nell’ap - provvigionamento dei beni primari. E in Egitto vivono 104 milioni di persone…». 

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