Ciò che sta succedendo in Olanda sembra un racconto di François Rabelais nel quale l’Unione Europea e l’ecologi - smo svolgono il ruolo di giganti malvagi e ottusi. Naturalmente nessuno ne parla, tranne La Ve rità qualche giorno fa con Carlo Cambi, e chi ne fa cenno si limita a far vedere le proteste dei contadini ignoranti che non capiscono gli alti richiami di Greta Thunberg. Naturalmente le cose non stanno affatto così. Tutto nasce da una causa di qualche anno fa intentata da associazioni ambientaliste che si appellano alle normative europee sui valori massimi di concentrazione delle sostanze pericolose presenti nell’ambiente. Al termine dell’iter processuale un tribunale olandese accoglie l’istanza e, facendo riferimento alle norme europee, impone la riduzione delle concentrazioni di azoto. L’azoto è il fertilizzante che, dall’inizio del Novecento, ha rappresentato la nascita delle coltivazioni intensive e, alcuni dicono, si deve all’azoto il maggior merito per il contrasto alla fame nel mondo. Nel caso olandese tutti, specialmente noi italiani, hanno sempre saputo che le coltivazioni di cereali destinate all’alimentazione degli animali da allevamento erano fortemente spinte da quantità molto alte di concimi a base di azoto, il quale, oltre alla penetrazione nel terreno e nella falda acquifera, si ripresenta sottoforma di letame di difficile smaltimento e va a concentrarsi nell’ambiente. A questo punto, però, entra in scena il governo del premier M ark Rutte, recentemente definito dal direttore esecutivo del World Economic Forum, Klaus Schwab, un «golden pinup boy» insieme all’a ltro campione del Great Reset Ju - stin Trudeau, uno che invece degli agricoltori ha già avuto a che fare con i camionisti che rifiutavano l’obbligo vaccinale e che, per convincerli, ha pensato bene di bloccare loro i conti correnti. Il governo olandese, dunque, rendendosi conto all’im - provviso che il sistema di allevamento intensivo olandese è nocivo per l’ambiente, impone la riduzione delle concentrazioni di azoto del 50%, e in alcune aree del 70%, entro il 2030. Una misura che sarebbe sembrata di difficile attuazione a Luigi XIV, quando decise di portare l’acqua alle fontane di Versailles. Il governo verdeprogressista di Rutte ha deciso, in pratica, che nel giro di qualche anno l’Olanda deve passare dall’essere la fabbrica di carne che in Italia conosciamo da anni, al paradiso degli allevamenti bio. Alcuni coltivatori riusciranno a sopravvivere, altri no. Si stima che un terzo delle aziende agricole olandesi dovranno chiudere, ma c’è chi sostiene che, considerando l’in - dotto, le ricadute sull’intero sistema produttivo saranno molto peggiori. Per gli ecologisti e per l’Unione europea chi dovrà chiudere potrà sempre mangiare brioche, ma ciò che conta sarà un intervento ecologico che, dopo numerosi ed elaborati battiti di ali di farfalla, consentirà, chiudendo le stalle in Olanda, di salvare i ghiacciai alpini. Del resto, come si fa a difendere le alte concentrazioni di azoto, che sono effettivamente tossiche? Se il contadino è malvagio ed esagera con i concimi ne deve subire le conseguenze. Ma per tutto il Novecento il sistema produttivo che ha consentito «l’eman - cipazione delle classi proletarie» non si è forse basato sulle coltivazioni intensive? E chi decide quando è giusto iniziare e quando è giusto smettere? Chi decide chi può continuare a fare l’allevatore e chi invece deve perdere l’azienda e cambiare vita dopo magari tre generazioni? Greta Thunberg? Mark Rutte? I movimenti ecologisti? L’Unione europea? Visto che le scelte vengono prese dalla politica, questa vicenda olandese pone una domanda assolutamente decisiva per la vita di tutti noi: chi può dirsi, in questa Europa, assolutamente al riparo dalle decisioni di un sovrano distante, incomprensibile, ideologico, capriccioso e imprevedibile? Esiste ancora, nel mondo del Great Reset, la libera scelta delle cure mediche, la possibilità di controllo democratico sulle decisioni politiche e la certezza che le leggi non cambino arbitrariamente, improvvisamente e con fini di «educazione ambientale»? In fondo tutti potremmo scoprire un giorno di essere stati definiti elementi nocivi per il pianeta.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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