STUPIDA RAZZA

martedì 4 ottobre 2022

Ex Ilva e cartiere a caccia di gas

 

Perfino un colosso produttivo come il siderurgico di Taranto — quell’Acciaierie d’Italia che ha raccolto l’eredità industriale dell’Ilva, il 2% del consumo nazionale di metano — ha aperto l’anno termico il 1° ottobre senza un contratto ufficiale di gas. Il gruppo siderurgico è costretto a fare ricorso al “fornitore di ultima istanza” assegnato dall’autorità dell’energia Arera a chi è rimasto senza contratto, e il gas è uno dei servizi universali che vanno garantiti a chiunque ne faccia richiesta. Se il colosso siderurgico integrato non può essere spento, ed è considerato alla stregua di servizi non interrompibili alla stregua degli ospedali, c’è preoccupazione per quelle centinaia di imprese industriali cui le aziende fornitrici di gas hanno risposto picche: spiacenti, non abbiamo gas da vendervi. L’Arera aveva indetto una gara per definire chi avrebbe svolto il ruolo di fornitore di ultima istanza, e l’incarico era stato assegnato, secondo le diverse zone, a una società del gruppo Enel e a una società del gruppo Hera. Il decreto Aiuti Ter ha ridotto a 50 giorni la possibilità di accedere a questo servizio di ultima istanza. L’anno termico, cioè la durata convenzionale dei contratti energetici, comincia il 1° ottobre e finisce il 30 settembre dell’anno solare successivo. E sono innumerevoli le attività che si sono affacciate al rinnovo dei contratti senza avere il rinnovo dei contratti. Secondo molti osservatori una delibera di rimodulazione tariffaria adottata dall’Arera, sebbene introduca elasticità nella gestione delle capacità di trasporto per il prossimo anno, si occupa essenzialmente di mettere in sicurezza il sistema nazionale di trasporto del gas e il suo equilibrio finanziario. La delibera non è in grado di sbloccare le situazioni commerciali ancora aperte. Sul tema le imprese della carta starebbero lavorando con Confindustria per chiedere l’attivazione di tavolo di lavoro con l’Arera e con i fornitori di gas per capire se si possa mettere in atto una forma di acquisto più evoluta, dove il rischio prezzo e il rischio volume gas è in capo al cliente finale. Ma sono preoccupate per la disponibilità anche le aziende elettriche, per le quali il metano è la materia prima da trasformare in chilowattora, e le aziende del gas, quelle che acquistano dai grandi importatori milioni di metri cubi di metano e li rivendono alle famiglie e alle imprese. Alcune di esse si mettono al riparo, come nel caso dell’Enel che ha approvvigionamenti indipendenti di metano e che la settimana scorsa ha concordato con l’algerina Sonatrach una fornitura di volumi maggiori del previsto per la fine dell’anno e la possibilità di volumi incrementali negli anni successivi. In allarme anche altri settori ad alta intensità di domanda di metano, come le vetrerie e come le cartiere. Le aziende della carta che non hanno ancora un contratto di fornitura del gas sono circa 15, di varie dimensioni. Non è un problema solo dei piccoli, ci sono anche aziende medio-grandi come la trevisana Pro-Gest. Una ricognizione più precisa ci sarà a fine anno, perché alcune aziende cartarie erano già riuscite a negoziare contratti non legati all’anno termico bensì all’anno solare, da gennaio a dicembre. Anche per le cartiere rimaste senza contratto scatterà la procedura di default, il che vuol dire comprare gas dai fornitori di ultima istanza. Massimo Bello, presidente dell’Aiget (l’associazione dei grossisti e trader di energia), esprime la preoccupazione delle imprese nella parte alta della catena di fornitura, cioè le aziende energetiche rimaste senza energia da vendere. «Lo scenario è complesso e servirebbe un intervento che consenta ai fornitori di energia di affrontare questa crisi». Sul fronte della disponibilità, l’Italia pare più sicura rispetto ad altri Paesi perché la penisola ha una tastiera di fornitori più ampia cui fare ricorso, come l’Africa del Nord, ma rimane ancora essenziale un contributo di gas dalla Russia. Interrotto il 1° gennaio per problemi contrattuali (questa la versione ufficiale addotta dalla Gazprom), il flusso di metano attraverso il Tarvisio continua in modo ridottissimo. Si studia come mettersi al riparo da sorprese, tra le quali è fondamentale anche prepararsi all’ipotesi peggiore, come un’avaria a un impianto di rigassifiazione o a un grande metanodotto, il cosiddetto worst case. Un altro elemento del piano allo studio è evitare una fuga dei consumatori in massa verso altre fonti energetiche, come l’elettricità, fuga che si limiterebbe a spostare l’emergenza senza risolverla. In ogni caso, un piano di emergenza deve essere quando più riservato possibile nei dettagli, per non dare informazioni a politiche ricattatorie di Paesi fornitori. (Nota a margine: a dispetto della chiusura del flusso di metano russo, in questi giorni il mercato italiano del gas è “lungo” e l’Italia esporta).

Nessun commento:

Posta un commento