STUPIDA RAZZA

martedì 4 ottobre 2022

Petrolio, l’Opec+ prepara maxi tagli e rilancia i prezzi

 

Dopo i tagli alle forniture di gas ora tocca al petrolio. L’Opec+ si riunirà domani a Vienna, per il primo vertice in presenza da marzo 2020. E per la prima volta dall’esplodere della pandemia da Covid sul tavolo c’è l’ipotesi di una forte riduzione delle quote produttive: una stretta da più di un milione di barili al giorno secondo le anticipazioni, incluso un probabile taglio volontario extra da parte dei sauditi. La decisione finale sulle prossime mosse sarà frutto del confronto tra i 23 Paesi del gruppo, che secondo le regole devono raggiungere l’unanimità. Ma i due pesi massimi – Arabia Saudita e Russia – sembrano già essere sulla stessa lunghezza d’onda, decisi a una drastica chiusura dei rubinetti per sostenere il prezzo del barile in una fase di frenata dell’economia globale. L’amaro paradosso è che i rischi recessivi derivano in gran parte proprio dal caro energia, che da un lato ha messo in difficoltà imprese e famiglie, con ripercussioni sulla produzione industriale e sui consumi, e dall’altro ha spinto le banche centrali a un brusco rialzo dei tassi d’interesse pur di fermare la corsa dell’inflazione. Stretta monetaria e timori per la crescita hanno raffreddato parecchio le quotazioni del Brent dopo la fiammata oltre 125 dollari registrata all’esplodere della guerra in Ucraina. Il riferimento è tornato a scambiare intorno a 80 dollari al barile e ha concluso il periodo luglio-settembre con una flessione di oltre il 20%, il primo ribasso trimestrale dal 2020, quando il Covid teneva gli aerei a terra e le auto chiuse in garage. Oggi la minaccia ai consumi petroliferi non è paragonabile a quella di due anni fa: l’Opec+ agirebbe a scopo preventivo. Ma il mercato prende molto sul serio la sua determinazione e il prezzo del barile si è rimesso a correre. Nella seduta di ieri il Brent si è riavvicinato a quota 90 dollari, con punte di rialzo superiori al 5%. La coalizione dei produttori di petrolio ha finito solo quest’estate di ritirare i maxi-tagli dell’epoca della pandemia, processo che aveva accelerato su pressione degli Stati Uniti e di altri Paesi consumatori. Ma il gesto di buona volontà si è esaurito in fretta: già a settembre c’è stato un cambio di rotta, con una prima simbolica riduzione delle quote da 100mila barili al giorno, ininfluente per gli equilibri del mercato ma significativa dal punto di vista politico. Ora l’Opec+ potrebbe tagliare oltre dieci volte tanto, anche se si tratterebbe comunque una riduzione virtuale, com’erano da tempo virtuali gli aumenti di produzione, perché la maggior parte dei Paesi  membri non riesce – per motivi diversi – ad estrarre i volumi di greggio consentiti dalle quote. Ad agosto, fa notare Argus, il gruppo era “sotto” di ben 3,58 milioni di barili al giorno rispetto agli obiettivi. In ogni caso è ben probabile che domani si prepari un annuncio shock, in grado – almeno nelle intenzioni – di fornire un sostegno duraturo al rally del petrolio: un’ipotesi rafforzata dal fatto che il vertice riunirà fisicamente a Vienna i ministri dell’Opec+. La convocazione in presenza è stata ufficialidzzata sabato in modo inatteso, dopo che le comunicazioni precedenti avevano indicato che anche stavolta ci sarebbe stata una videoconferenza. Un bisogno così impellente di riprendere ad incontrarsi de visu non sembra giustificabile con il semplice desiderio di ritrovare la normalità dopo il Covid. È probabile piuttosto che si torni a cercare la riservatezza degli hotel viennesi per trattative delicate, mirate a convincere ogni singolo membro della coalizione ad allinearsi ai piani già concordati (almeno a grandi linee) tra Mosca e Riad. Il 22 settembre c’è stato un colloquio telefonico tra il presidente russo Vladimir Putin e il principe saudita Mohammed bin Salman, durante il quale – secondo una nota del Cremlino – si è parlato di vari piani di collaborazione tra i due Paesi, ribadendo anche l’importanza degli impegni nella cornice dell’Opec+. Non si sa ancora se a Vienna sbarcherà anche il vicepremier russo Alexander Novak: il politico, incaricato dei rapporti con l’Opec+, da venerdì scorso è bersaglio di sanzioni Usa, ma l’Europa non ha ancora adottato misure analoghe, come ha fatto notare il governo austriaco, senza aggiungere ulteriori commenti. Di certo la questione russa sarà al centro dell’attenzione al vertice. Il 5 dicembre entrerà in vigore l’embargo europeo al greggio di Mosca (cui si aggiungerà a inizio 2023 il divieto di importare carburanti) e c’è ancora poca chiarezza sul “price cap” che il G7 vorrebbe introdurre, non tanto per schermare i consumatori quanto per limitare i danni collaterali delle rigide misure accessorie predisposte dalla Ue: il divieto di fornire qualsiasi servizio utile alla commercializzazione e al trasporto di barili russi rischia di creare carenze di petrolio a livello globale. Forse i sauditi si stanno anche preparando a uno scenario di gravi difficoltà di esportazione da parte della Russia: tagliando la produzione Riad ritrova flessibilità e margini di manovra, che potranno tornare utili per rispondere a eventuali emergenze. Oggi il prezioso cuscinetto della “spare capacity”, la capacità estrattiva di riserva, è estremamente ridotto. E non è un bene per nessuno.

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