NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
lunedì 14 marzo 2022
«La programmazione non è esistita e tra qualche anno saremo da capo»
«Quello che stiamo vedendo oggi è frutto delle scellerate scelte fatte nel passato».
Così sentenzia il dottor Filippo Anelli, presidente della Federazione nazionale degli ordini dei medici chirurghi e
odontoiatri (Fnomceo).
Dal 2018 la federazione che
lei presiede denuncia la situazione dei medici che sarebbero andati in pensione e
dei relativi vuoti nell’a s s is te n za . Chi si sarebbe dovuto
muove re?
«La programmazione è
compito delle Regioni. Le Regioni comunicano ogni anno
al ministero della Salute il
fabbisogno dei professionisti,
frutto di un’istruttoria che gli
enti locali devono svolgere
per verificare quante persone
sono presenti e quanti medici
andranno in pensione».
È un calcolo complesso?
«Deve tenere conto dei
pensionamenti e del numero
di medici in formazione specialistica. Poiché il corso di
formazione specifica è triennale, bisognerà considerare il
triennio. E in aggiunta almeno altri due anni prima che le
graduatorie regionali siano
realmente efficaci per consentire l’inserimento e la distribuzione degli incarichi.
Se la programmazione non è
precisa, poi ovviamente succede quello che tutti quanti
stiamo verificando».
Per esempio?
«Ne faccio soltanto uno. La
Lombardia fino a qualche anno fa dichiarava un fabbisogno di medici di medicina generale sostanzialmente simile a quello della Puglia, avendo invece il doppio della popolazione. È sicuro che in
questo sistema qualcosa non
abbia funzionato». Le misure che sta prendendo il governo con l’i nves timento del Pnrr nella medicina generale e con l’i s ti tu z io -
ne delle Case di comunità saranno utili?
«Le Case di comunità rappresentano oggi soltanto degli involucri, delle strutture
murarie. Resta inalterato il
fabbisogno dei professionisti
che dovrebbe attestarsi in 1
medico ogni 1.000/1.300 assistiti. L’attuale programmazione era stata fatta sul rapporto ottimale di 1 medico
ogni 1.000 cittadini, ma il rapporto è cambiato con lo spostarsi della curva pensionistica».
Oggi a che livello siamo?
«Abbiamo un rapporto attorno a 1 medico ogni 1.250
assistiti, con alcune Regioni
che lo hanno portato fino a
1.500. Gli interventi del governo hanno oggettivamente
svuotato quell’imbuto formativo che è stato da noi evidenziato, quindi quest’anno il numero dei medici professionisti disponibili a partecipare
alle prossime turnazioni e
che hanno effettuato il concorso è quasi pari al numero
di borse messe a concorso.
Anche in questa fase, oltre alle 17.500 borse, sono state rese disponibili circa 4.000 borse per la medicina generale
che hanno esaurito l’imbuto e
quindi la disponibilità dei
medici a partecipare».
È possibile che dando così
tante borse di specializzazione fra qualche anno si crei il
processo inverso, ovvero che
il numero dei medici diventi
addirittura eccessivo?
«Sì, il rischio c’è. Per questo noi chiediamo che sia
svolta una migliore programmazione. Abbiamo due strade: la prima è quella della specialistica su cui bisognerebbe
fare standardizzazioni sul
numero di professionisti in
ragione dei posti letto, degli
ospedali, dei servizi attivi e di
quelli che si vogliono attivare.
In medicina generale bisogna
definire il rapporto ottimale
tra numero di pazienti e medici. Poi è necessario definire
come poter consentire più
agevolmente ai diplomati e ai
medici di medicina generale
di entrare realisticamente nel
mondo del lavoro, snellendo
la burocrazia e le lunghe attese».
Perché negli anni scorsi sono state stanziate così poche
borse rispetto a quelle per
s p e c i a l i z za re gli altri medici?
«Direi che questa scelta è
frutto di una cultura che ha
considerato la salute unicamente un costo e questa cultura ha determinato tagli pesanti sulle professioni. L’og g i
è frutto di quelle scelte sciagurate fatte nel passato che
hanno portato a un blocco,
per esempio, delle assunzioni
negli ospedali o a un fondo
previsto per l’assunzione del
personale fermo al 2004.
Questo è ancora vigente anche se è stato leggermente
m o d i f ic ato » .
E sulla medicina general e?
«Qui più si risparmiava in
termini di personale, più le
Regioni facevano quadrare i
loro bilanci. Le Regioni non
hanno mai finanziato i fondi
per poter assumere il personale amministrativo e il personale di studio, lasciando
praticamente in percentuali
risibili i fondi che avrebbero
consentito l’assunzione di
questo tipo di personale, che
sarebbe stato indispensabile
nella gestione della pandemia. I medici si sono trovati
da soli a svolgere mansioni
che avrebbero richiesto le
competenze di altre professioni, nel bel mezzo di una
emergenza di masse e perfino
in una situazione di carenza.
Hanno svolto un carico di lavoro immenso durante questi
due anni. Ma per loro il tempo
in cui venivano acclamati come eroi sembra già appartenere al passato».
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