STUPIDA RAZZA

lunedì 29 agosto 2022

«Il gas sarà razionato Dobbiamo riaprire le centrali a carbone»

 



Mi sa che voi esperti di energia rimarrete di moda parecchio a lungo, con i tempi che corrono… «Almeno finché non scoppia la pace!». Davide Tabarelli, presidente di Nomisma Energia, la Russia invade l’Ucraina. Gli esperti si dividono subito in due partiti. Gli ottimisti, quelli che «si può fare a meno della Russia e avanti con le sanzioni». I pessimisti come lei. Le secca avere ragione? «Contento fra virgolette. Sì, sono vanitoso, però mi dispiace non aver urlato più forte e mi intristisce ancor più avere interlocutori fuori dalla realtà. Quelli che “risol - viamo tutto con le rinnovabili”. Era una crisi imprevedibile. Ci abbiamo messo del nostro. L’ansia del cambiamento climatico è la madre di tutto. Dispiace non essermi spiegato bene. Dire “l’avevo detto” è sciocco». Sintesi del «Tabarelli pensiero»: l’ansia del cambiamento climatico ha indotto i produttori di gas e petrolio a ridurre gli investimenti sulla capacità produttiva. Il risultato è la scarsità dell’offer ta e i prezzi salgono. Giusto? «Esatto. Poi si è aggiunta la questione Russia. Le radici sono lontane, però. L’ambientalismo antindustriale a sinistra ha avuto il sopravvento sulla critica al sistema capitalistico in senso stretto tipica del vecchio partito comunista. Io ho avuto una piacevole discussione con un esponente dei Verdi pochi giorni fa. Vivono nel loro mondo. Enrico Letta è stato ministro dell’Industria nei primi anni Duemila. Ha firmato le prime direttive gas. Ma dopo 22 anni lo vedo poco attento alle questioni industriali. Da qui nasce anche la “d i s tra z io n e europ ea” espressa dalla von der Leyen e da Timmermans. Per non parlare degli ambientalisti al governo in Germania». Hanno anche un alleato in più. La grande finanza! «Che si è innamorata di questa bolla alimentata dalla “c e rtez za” che fra pochi mesi avremo l’ac qu a sopra il Colosseo a causa del cambiamento climatico. Ma se fosse vero ciò che dicono, noi dovremmo smettere. Da ieri». La narrazione è che tutto il mondo scientifico è d’accordo su questi temi. Ma non è vero. «Mi trovo a disagio se provo ad argomentare sulla complessità del problema. Sono tacciato di essere “di destra” e negazionista». La Germania sta peggio dell’Ita - lia quanto a energia? «Usa più gas in valore assoluto; su 90 miliardi di metri cubi di fabbisogno, 55 arrivano dalla Russia. La sua industria chimica usa tantissimo gas: penso al polo industriale Basf sul Reno. Solo lì hanno bisogno di 1 miliardo di metri cubi. Ma attenzione. Il peso del gas sul loro bilancio energetico è più basso del nostro. Da loro arriva al 18%. Noi siamo al 35%. Da noi l’e n e rg i a elettrica si fa soprattutto con il gas. Questo è il nostro grande elemento di debolezza. In Germania si usa in proporzione molto più carbone nella generazione elettrica. E stanno ripensando al nucleare. L’elet - tricità, che è il sistema nervoso di un Paese, in Germania non dipende così tanto dal gas come da noi». Poi c’è la Francia, variabile impazzita che da esportatore di energia elettrica è diventato impor tatore. «La Francia era lo zoccolo duro del sistema elettrico europeo: 56 centrali nucleari che ovviamente stanno invecchiando con normative sulla sicurezza sempre più stringenti ma talvolta sclerotiche e che impongono manutenzioni a man bassa. È terribile per l’Eu ro pa ma soprattutto per l’Italia. E qui dopo la dipendenza dal gas arriva la nostra seconda debolezza. Importiamo strutturalmente energia elettrica. Quasi tutta dalla Francia. Questo 10%-15% di energia importata che viene meno diventa tutta domanda addizionale di gas. E il gas non c’è». Vi sono praticamente due gasdotti fermi: il Nordstream 1 e il 2… «Lo scontro iniziale fra Russia e Ucraina viene da lontano. Fin dai primi anni Duemila, con quest’ul - tima accusata di “r uba re” il gas in transito dalla Russia verso l’Euro - pa. Da lì arriva il gas in Italia. Nordstream 2 parte anche da qui. Dall’insicurezza del sistema di trasporto che attraversa l’Uc ra i n a . Investendo un decimo di quanto speso per Nordstream2, avremmo oggi un’infrastruttura da 400 miliardi di metri cubi. Avremmo  prezzi del gas che sarebbero più bassi di quelli americani». Investimenti impossibili da fare se si litiga. Lei ne ha scritto e parlato. Si parla tanto di globalizzazione. Ma in Usa il gas costa dieci volte meno che in Europa. «Dobbiamo tenerne conto. L’energia è un fattore critico. Incide sulla capacità di lavorare dell’in - dustria. Sulla sua competitività. Corriamo dietro il cambiamento climatico. Lavoriamo di più. Spendiamo di più. Il tutto a parità di prodotto finito. Mentre il resto del mondo va da tutta un’altra parte». U n’importante azienda veneta produce libri di pregio - industria «gasivora» per definizione - e sta delocalizzando a Chicago. Non in V ietn a m . «Basf ha già delocalizzato in America parte della produzione nel 2017». Perché - quanto a energia - Spagna e Portogallo stanno m eg l io? «Perché sono isolate e hanno interconnessioni limitate con il resto del continente. Le distanze dal centro della penisola iberica sono enormi. Portare gasdotti lì sarebbe stato costoso. La Francia si è sempre opposta. Hanno rigassificatori stabili e a terra con tantissima capacità. Hanno una forte capacità politica che consente di regolamentare il prezzo da un punto di vista amministrativo intervenendo anche, se necessario, a coprire con fondi statali perdite di fatturato. Contano su un atteggiamento più morbido della Commissione Ue in materia di aiuti di stato». Facciamo un gioco. Il prossimo premier chiama Davide Tabarelli a Palazzo Chigi a gestire l’emer - genza. Cosa proporrebbe come misura immediata per i primi sei mesi? «Si fa subito un esercizio. Il piano di razionamento per i mesi di gennaio e febbraio nel caso in cui i picchi di domanda superino i 400 milioni di metri cubi di gas al giorno. È in quei mesi che fa più freddo. È allora che le scorte cominciano a calare. Se non hai pressione sulle scorte perché le hai utilizzate prima, devi tagliare la domanda. Serve un elenco accurato e dettagliato di tutti gli stabilimenti con capacità di consumo e possibilità di interruzione dei relativi cicli produttivi. Se sì, per quanto tempo. Da qui si individuano le aree da tagliare. Ovviamente ipotizzando in dennizzi adeguati per i danni delle eventuali interruzioni. Il compito varia a seconda di quanti milioni di metri cubi al giorno devono essere recuperati. Bisogna essere preparati a tutto. Magari siamo fortunati. Il gas dalla Russia arriva e non farà freddissimo. Magari arriva la recessione e i consumi diminuiscono». Eh già. Il prezzo stratosfericamente alto concorre già di per sé a razionare l’utilizzo del gas. «Esatto. Bisogna anche agire sul carbone. Aprire subito La Spezia. Vi sono unità chiuse a Fusina e Brindisi. Nei giorni in cui fa più freddo possono dare una mano». Subito dopo i primi sei mesi? «Bisognerà avere in linea le due navi galleggianti. Riscrivere il piano di trivellazione. Riaprire le autorizzazioni per tutta l’attività di ricerca e produzione in Italia ferma al 2018. La Snam deve espandere la capacità di trasporto nel centro Italia». Lei ha scritto che il gas estratto in Italia costerebbe 10 euro a megawattora. Lo stiamo pagando oltre 300. «Ho sbagliato. In realtà gli euro sarebbero 5. Sia chiaro; non è che producendo 4 miliardi di metri cubi in più in Italia il prezzo crolla. Ma farebbero comunque Pil e alimenterebbero le entrate fiscali». Ma in Italia abbiamo veramente così tanto gas? «Siamo ricchi di gas. Ancora di più di petrolio. Ma non è quello il tema. Siamo ricchi di capacità di andare a trovare giacimenti e di imbastire produzioni a regola d’arte nel rispetto dell’ambiente. E quindi portarlo al consumatore in tempi ragionevolmente brevi. Eni ha trovato giacimenti importanti a Cipro. Abbiamo un tessuto economico e di ricerca che ci consentiDAVIDE TABARELLI rebbe di valorizzare al meglio 100 miliardi di metri cubi di riserve. Una professionalità quasi unica al mondo. L’Eni è al mondo quella che trova più gas e che in meno tempo lo porta sul mercato. Questo conta più delle riserve». Voliamo più in alto. Un piano strategico a cinque-dieci anni. «Sia chiaro, facciamo le rinnovabili là dove possono essere realizzate. E finiamola con l’alibi di mettere in croce le soprintendenze. Questi impianti sono “i nva s iv i”. Il paesaggio, soprattutto in Italia, ha un valore economico. Si ritorna sempre lì. Al tema della densità energetica. Quello che tu fai su 500 ettari con un impianto fotovoltaico lo fai in una normale centrale convenzionale che occupa mezzo etta ro » . Nucleare sì o no? «Sì, se non altro nel rispetto di Enrico Fermi. Ma occorre che ci inventiamo qualcosa di nuovo. Le difficoltà sono enormi. Le democrazie non sono in grado di risolvere il problema oggi dell’opposizio - ne della popolazione». Il mercato Ttf ad Amsterdam dove si stabilisce il prezzo delle rinnovabili ha un senso? «Nessun mercato ha senso quando si raggiungono questi livelli di prezzo. Trovare alternative è difficile. Ma è stato complicato anche abbandonare vecchi contratti che dominavano fino al 2010. Il mercato Ttf è privo di spessore. Inventato dai regolatori drogati dall’entusiasmo della competizione. Ma un sistema del genere non può reggere quando i tuoi fornitori sono Paesi come Algeria, Libia, Qatar e Russia. Paesi che decidono di fare guerre mettendo in crisi un sistema congegnato per tempi di pac e » .

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