STUPIDA RAZZA

mercoledì 31 agosto 2022

L’industria dei pannelli spegne le macchine

 

Rischio black-out per la filiera del legno-arredo. L’allarme arriva dal presidente di FederlegnoArredo, Claudio Feltrin, che paventa il rischio di stop produttivi e di ricorsi alla cassa integrazione da parte delle aziende più energivore della filiera (ovvero i produttori di pannelli) se non saranno introdotte al più presto misure urgenti per bloccare gli aumenti di gas ed energia da parte dell’Unione europea o del governo italiano. «Uno scenario fosco – dice Feltrin – che in tempi brevi coinvolgerà l’intera filiera del legno-arredo, che riuscirà a evadere gli ordini solo in base alle scorte di magazzino, che però possono durare al massimo un mese e mezzo» «Quasi tutti i colleghi mi confermano che siamo entrati un un’area di marginalità negativa», spiega il presidente di Assopannelli, Paolo Fantoni. E questo nonostante il prezzo di mercato dei pannelli sia aumentato del 40% circa negli ultimi sei mesi e del 220% in 18 mesi. Il comparto affronta le stesse problematiche delle industrie energivore come siderurgia, ceramica, vetro e carta. Ma deve fare i conti, oltre che con l’impatto degli aumenti sui costi di produzione, anche con l’impennata dei prezzi dei prodotti chimici derivati dal gas (urea, metanolo e melamina), necessari alla produzione dei pannelli. Di fermi e cassa integrazione sta già ragionando il gruppo Fantoni di Osoppo, in provincia di Udine, che ieri ha fatto un primo incontro con i sindacati per concordare una cassa integrazione di cinque settimane: «Non chiuderemo per cinque settimane, ma dovremo ridurre la capacità produttiva in un range tra il 25% e il 35%», spiega ancora Paolo Fantoni, presidente del gruppo friulano. Il gruppo Saib di Caorso riapre i battenti domani dopo la pausa estiva, ma già sta già pensando a uno stop delle macchine per una settimana al mese. Il gruppo ha convocato per la prossima settimana le Rsu, anche in questo caso per discutere una cassa integrazione parziale. «Siamo arrivati a un punto tale che conviene tenere fermi gli impianti piuttosto che produrre, salvo lo stretto necessario – spiega Giovanni Conti, uno dei titolari dell’azienda piacentina, che conta 230 dipendenti –. Anche perché ci attendiamo un ulteriore calo della domanda, iniziato già prima della chiusura estiva». Nel solo mese di agosto, aggiunge Conti, l’incidenza degli aumenti di gas ed energia sul prodotto finito (esclusa la parte legata ai prodotti chimici) è aumentata del 30%. «Il problema vero non è fermare la produzione per qualche settimana – precisa però l’imprenditore –. Un’azienda solida può affrontare un anno difficile. L’aspetto più grave è la mancanza di orizzonti, che blocca gli investimenti. Perciò il governo dovrebbe intervenire nell’immediato sostenendo le imprese, ma poi deve avviare un piano energetico serio sul lungo periodo, che ci conduca all’autonomia energetica». Il tema degli ammortizzatori sociali non è ancora sul tavolo del gruppo Saviola, una delle principali realtà del settore, con 707 milioni di fatturato nel 2021 e circa 1.500 dipendenti. Tuttavia, il gruppo sta pianificando una chiusura degli impianti più energivori (pannelli truciolari e prodotti chimici) nella seconda metà di settembre. «Preferiamo programmare e organizzare il fermo, piuttosto che subirne uno all’improvviso, perché i costi salgono troppo – spiega il presidente, Alessandro Saviola –. Utilizzeremo le ferie dei dipendenti, facendo di tutto per evitare la cassa integrazione, anche se non posso escludere questa eventualità, vista la situazione davvero difficilissima». I costi dell’energia del gruppo sono aumentati di 15 volte nell’ultimo anno e mezzo e senza stop programmati il rischio è di produrre in perdita. Sono solo alcuni esempi, ma molti altri imprenditori del settore sono nella stessa situazione, aggravata dalla competizione di Paesi come Spagna e Portogallo, che beneficiano di prezzi al sistema industriale inferiori di un quarto o un terzo rispetto a quelli in vigore in Italia e Germania, spiega il presidente Paolo Fantoni. Vanno un po’ meglio le cose per chi, come la mantovana Panguaneta specializzata in pannelli in compensato, ha in vigore contratti a prezzo fisso fino alla fine dell’anno. «Subiamo i rincari dell’energia elettrica, ma per ora affrontiamo costi che sono la metà rispetto a quelli di mercato – spiega la ceo Nicoletta Azzi –. La mia preoccupazione è per quello che accadrà nel 2023». Anche la milanese I-Pan (unica in Italia a produrre pannelli Osb per l’edilizia) per ora è riuscita a evitare il fermo, grazie al fatto che una parte dell’energia utilizzata per la produzione proviene da un impianto a biomassa. I costi sono comunque esplosi, spiega il presidente Enrico Bonzano: «In due mesi il prezzo è aumentato del 50% e questo si scontra con un mercato che, da luglio, ha rallentato. Perciò stiamo valutando tutte le azioni possibili per abbattere i costi, anche riducendo l’utilizzo degli impianti, sebbene senza fermarli del tutto».



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