STUPIDA RAZZA

mercoledì 24 agosto 2022

Occhi puntati su Jackson Hole Powell scopre le carte sui tassi

 

Gli occhi sono tutti puntati su Jackson Hole. Sul rustico e appartato rifugio nel cuore del parco nazionale del Grand Teton in Wyoming dove ormai dal 1978 la Federal Reserve organizza il suo simposio annuale. Che, archiviati gli inizi da conferenza sull’agricoltura cortesia della sede di Kansas City dell’istituto, è diventato sempre più influente e caratterizzato da risvolti internazionali. Raramente l'attenzione è stata spasmodica quanto oggi, segno delle sfide aperte: tra giovedì 25 agosto, serata dell’arrivo dei banchieri centrali e dei loro ospiti, e sabato 27, investitori e operatori economici cercheranno nella parole pronunciate a Jackson Hole urgenti risposte sul corso della politica monetaria, tra lotta all’inflazione e spettri di recessione. Il chairman della Fed, Jerome Powell, stando agli analisti, dovrebbe essere pronto a rilanciare dal Wyoming anzitutto la centralità del contenimento del carovita. Anche se resta irrisolto il più complesso rebus su quanto aggressive e protratte debbano essere le strette, della Fed come di altre banche centrali a cominciare dall’Europa, nello sforzo di riportare i prezzi sotto controllo. E quanto minacci di essere pesante il conseguente danno all’attività economica. L’incertezza del momento, alla vigilia del Simposio, è trapelata dalle scosse sulle piazze finanziarie: frutto degli interrogativi sulla Fed, i futures nelle ultime ore hanno nuovamente alzato le scommesse su una maxi-stretta da 75 punti base al vertice del 20 e 21 settembre, la terza consecutiva, con il 56% di probabilità contro il 39% di una settimana fa. Un volatile clima di mercato che, se possibile, rende ancora più delicata la missione della Fed alla guida della crociata globale contro il carovita. «Il focus primario di Powell a Jackson Hole dovrà essere sottolineare la posizione anti-inflazione della Federal Reserve, una scelta che potrebbe venire letta come un atteggiamento da falco», prevede Mickey Levy di Berenberg. Gli analisti di Citigroup pronosticano a loro volta parole «relativamente da falco» per dissipare eccessive ambiguità, conseguenza di dati che semmai, negli Stati Uniti, «hanno allentato i timori su una recessione e nutrito preoccupazioni sull’inflazione». Powell deve dimostrare «risolutezza nel ridurre l'inflazione nonostante i rischi di debolezza nell'outlook ravvicinato sulla crescita», ha incalzato Lou Crandall di Wrightson Icap a MarketWatch. I verbali dell'ultimo vertice Fed, peraltro, sono coerenti con un simile messaggio. «Ci sono poche indicazioni finora su rientri delle pressioni inflazionistiche», ha indicato il documento che riassume il dibattito in seno al Fomc. E «un rallentamento nella domanda aggregata giocherebbe un importante ruolo nel ridurre le pressioni inflazionistiche», ha continuato, indicando un cammino probabile di ulteriori strette. La recente frenata dell’inflazione annuale, dal 9,1% a giugno all’8,5% a luglio, non basta a mutare il quadro. Appare concentrata anzitutto in energia e auto usate, mentre rincari restano diffusi nei servizi e nei costi abitativi. E si sommano ad ancora solidi segnali da occupazione e consumi. Numerosi osservatori anticipano però che Powell, al di là del messaggio anti-inflazione, difficilmente si sbilancerà su una guidance troppo esatta sulle prossime mosse. Sono da evitare errori che tuttora scottano, quando aveva frettolosamente liquidato l’inflazione alla stregua di fenomeno transitorio. Nel tempo, inoltre, la Fed ha progressivamente ripudiato un ricorso all’appuntamento di Jackson Hole per svelare chiare azioni o svolte di politica monetaria, in nome di trasparenza e governance (non è sede di vertici formali). Era stata, quella, una tendenza che aveva raggiunto il suo apice sotto la gestione “accentratrice” di Alan Greenspan. Ciò non significa che la gara a interpretare le indicazioni in arrivo dal Simposio sia, soprattutto adesso, meno drammatica. E non solo in vista delle iniziative a tambur battente. In gioco sono gli interrogativi di più lungo respiro: quando sarà il caso di rallentare il passo delle strette e quale sia il livello ideale dei tassi – e dei tagli del portafoglio di Qe - per dichiarare missione compiuta. Rischi non fare abbastanza vengono sottolineati da voci autorevoli quali quella l'ex Segretario al Tesoro Larry Summers; paure di fare troppo da economisti come Paul Krugman. Le incognite sono ancora più sentite dall’Europa, che a Jackson Hole sarà rappresentata da esponenti della Bce anche se non da Christine Lagarde. Le ombre di recessione sul Vecchio continente sono più cupe e l’inflazione altrettanto se non più acuta, una realtà aggravata dalla profondità della crisi energetica e dalla guerra in Ucraina. Grandi assenti dal Simposio, come già avvenuto in anni recenti dopo un’iniziale partecipazione nel 2005, saranno invece alti funzionari della Banca centrale cinese. La loro azione oggi diverge da Fed e Bce: la Pboc, in risposta agli affanni dell'economia di Pechino e dichiarando contenuta l’inflazione, sta tagliando i tassi d’interesse. Ma la latitanza riflette forse più generali e profonde spirali di tensione tra le due potenze, che incoraggiano decoupling industriali ed economici. La Casa Bianca ieri ha celebrato un rapporto del think tank Reshoring Initiative che calcola come quest’anno le aziende americane rimpatrieranno dall’estero, Asia compresa, quasi 350mila posti di lavoro, un record.


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