Sull’energia Letta & C. non capiscono un tubo
Un amico mi
ha girato il link
di una vecchia
intervista di
Enrico Letta al
Corriere della
S e ra . Vladimir Putin aveva da
poco invaso l’Ucraina e l’Eu -
ropa aveva appena varato misure ritorsive per costringere Mosca al dietrofront. Il titolo del colloquio, da solo, illustra meglio di qualsiasi articolo la miopia del segretario del Pd e l’assoluta incapacità di comprendere ciò che
stava accadendo: «Le sanzioni porteranno l’ec on om ia
russa al collasso». Come ha
di recente chiarito l’Ec o n o m i st , e come a dire
il vero fin dall’inizio della
guerra avevamo previsto noi
della Ve rità , i provvedimenti
adottati dalla Ue non hanno
causato il tracollo della Russia, ma si sono rivelati un
boomerang, mettendo in seria difficoltà l’economia dei
Paesi europei, che oggi infatti
si trovano a fare i conti con il
prezzo delle materie prime e,
soprattutto, con quello dell’energia. Immaginare l’au m e n -
to delle bollette causato dall’esplosione del prezzo del
gas a causa della dipendenza
da Mosca non era una previsione da Nostradamus: bastava avere un minimo di conoscenza della questione,
che L etta e compagni hanno
dimostrato di non avere. Il
leader della sinistra non solo
ha dato prova di non avere
idea di quali leve potesse usare Puti n per ribaltare sulla Ue
gli effetti delle sanzioni, ma
ha anche reagito con estrema
lentezza di fronte alle conseguenze pratiche delle decisioni che ha contribuito ad
ad otta re.
Il segretario del Pd tuttavia
è in buona compagnia, perché gran parte della classe
politica in questa faccenda si
è comportata come lui, cioè
in maniera ottusa. Giovedì
sera, ad esempio, mi è capitato di ascoltare in tv l’i nte r -
vento della ex grillina C a rl a
Ruo c c o, già funzionaria dell’Agenzia delle entrate, divisione accertamento. Di lei mi
erano note un paio di gaffe, la
prima quando alla Camera
confuse il Patto di stabilità
con la Legge di stabilità, la
seconda quando a Ignazio Visco chiese a bruciapelo dove
si trovasse l’oro della Banca
d’Italia e il governatore, sornione, le rispose che i lingotti
erano custoditi nei caveaux
di via Nazionale e nessuno se
li era fregati. La manifesta
inesperienza di questioni
connesse al credito le è valsa
la poltrona di presidente della Commissione banche, ruolo che l’altra sera l’ha abilitata ad esprimere pareri sullo
spaventoso aumento delle
bollette, in quanto esperta in
materie economico-finanziarie. E che cosa ha detto l’ex
grillina su un tema che angoscia milioni di famiglie e centinaia di migliaia di imprese?
Che la colpa è di Silvio Berlusconi, perché si deve a lui se
l’Italia dipende da Puti n per
le forniture di gas. Ora, a prescindere dalla verità storica
(il peso del metano russo è
cresciuto negli anni in cui a
Palazzo Chigi governava la sinistra) e da come se ne esce, il
Cavaliere non è più presidente del Consiglio da 11 anni. Le
sue dimissioni risalgono al 12
novembre di quell’anno e dal
27 novembre del 2013 non siede in Parlamento. Dopo di lui
sono venuti Mario Monti,
Enrico Letta, Matteo Renzi,
Paolo Gentiloni, G iu sep pe
C o nte e, infine, Mario Draghi. Il buon senso, prima che
l’onestà, induce dunque a dubitare che in 11 anni sei presidenti del Consiglio non siano
stati in grado di dare una sterzata a una politica energetica
sbilanciata verso la Russia.
Ammesso e non concesso che
B e rlu s c o n i avesse stretto alleanze con Vladimir Putinta -
li da creare una dipendenza
del nostro Paese, non solo il
governo tecnico dell’ex rettore della Bocconi, ma anche
quelli venuti dopo avrebbero
potuto correggere il tiro. Soprattutto, una volta arrivati
nella stanza dei bottoni, con
Giuseppe Conte premier e
Luigi Di Maio (che la Ruo c c o
ha seguito in Impegno civico)
ministro dello Sviluppo economico, che cosa hanno fatto
i grillini ed ex grillini per evitare il disastro attuale? La risposta è semplice: niente. E
niente continuano a fare.
Anche la Ruo c c o, come
Letta , è tuttavia in buona
compagnia. Nella medesima
trasmissione infatti c’era anche Paoletta De Micheli, ex
ministro delle Infrastrutture
nel Conte bis, che al grido di
dolore di famiglie e imprese
ha risposto dicendo che la soluzione del problema sta nel
porre un tetto al prezzo del
gas. Facile, no? Peccato che se
ne discuta inutilmente da
mesi e da mesi si proceda di
rinvio in rinvio. Fino a venerdì, quando il metano è schizzato a 230 euro al chilowattora, l’argomento del price cap
era all’ordine del giorno della
riunione dei ministri dell’energia fissata per l’11 e il 12
ottobre. In pratica, per la De
M ich el i gli italiani avrebbero
dovuto attendere i comodi
della politica comunitaria,
soffrendo e pagando in silenzio fino a metà ottobre. Ora,
dopo che le quotazioni hanno
avuto una nuova fiammata,
con il rischio di un nuovo aumento delle bollette e di veder fallire decine di migliaia
di imprese, Bruxelles ha anticipato la riunione a metà settembre. Ma almeno per quella data una decisione verrà
presa? Le premesse non fanno propendere per una soluzione positiva. A sentire gli
esperti, da Alberto Clò a Pao -
lo Scaroni, che certo in materia di energia ne sanno più
della De Micheli, sarà molto
difficile. Entrambi, infatti,
hanno definito la proposta
del price cap «irrealizzabile»,
in quanto gli interessi dei
Paesi produttori e non della
sola Russia confliggono con
l’idea di calmierare sotto i 100
euro a chilowattora il prezzo
del gas. Per non dire poi dei
guadagni che gli olandesi, dove ha sede il principale mercato del metano, stanno realizzando in questo periodo e
ai quali difficilmente saranno disposti a rinunciare.
Tuttavia, a prescindere
dalla fattibilità della proposta che De Micheli e compagni da mesi sventolano, c’è da
chiedersi perché, di fronte all’aumento delle bollette, fino
a oggi se ne siano stati con le
mani in mano. Se la soluzione
è uno stop agli aumenti, nazionale o europeo, perché
quando il prezzo del gas è cominciato a crescere, cioè dalla fine dello scorso anno, non
hanno adottato la facile soluzione che suggeriscono ora?
La sinistra negli ultimi dieci
anni è stata al governo per
nove e tutt’ora è in maggioranza con ministri chiave
ne ll ’esecutivo: dunque perché aspettare che imprese e
famiglie siano alla canna del
gas? La verità è che in tv e sui
giornali gli imbonitori sono
tanti. Soprattutto ora che la
campagna elettorale incombe, rischiando di archiviare
bruscamente molte carriere
politiche. Se fossero in buona
fede, chiederebbero subito
misure urgenti e invece si accontentano di parlarne nei
talk show.
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