STUPIDA RAZZA

giovedì 25 agosto 2022

Recessione, caro gas e Fed: mercati ad elevata volatilità

 

Quanto profonda sarà la recessione globale? Che impatto avrà davvero il rincaro dell’energia in Europa? L’inflazione ha già toccato il picco oppure no? Come si muoveranno le banche centrali? Troppi interrogativi, tutti senza risposta, pesano sui mercati. Offuscano la visuale degli investitori. Così tutti navigano a vista. L’euro è rimasto ieri sotto la parità, dopo averla sfondata lunedì e dopo aver toccato il minimo da 20 anni a 0,9901. In serata ha però recuperato, interrompendo la cavalcata del dollaro. I rendimenti dei titoli di Stato sono rimasti elevati: quelli decennali Usa sono tornati al 3%, per calare solo in serata. Le Borse hanno volteggiato senza meta, dopo la caduta di lunedì che per i listini Usa è stata la peggiore da giugno. Alla fine le europee hanno chiuso in ordine sparso: Milano ha svettato su tutte con un +0,97% (trainata dagli energetici) mentre Francoforte (-0,27%) e Parigi (-0,26%) hanno terminato in calo. In altalena tra il più e il meno anche Wall Street. Recessione e tassi I mercati con questi movimenti ci dicono qualcosa di ben preciso: il timore principale è che le banche centrali (soprattutto la Fed Usa) non si facciano spaventare dalla recessione globale in arrivo, ma continuino nella strada della stretta monetaria per combattere un’inflazione che non riescono ad estirpare. Così ogni notizia, indiscrezione o anche solo sensazione che lasci presagire questo mix (recessione e banche centrali aggressive) crea turbamento sui mercati. Ogni notizia di segno opposto, invece, fa partire un rimbalzo. La giornata di ieri è emblematica a riguardo, perché è spaccata in due. In mattinata i mercati vedevano nero, soprattutto in Europa. Il motivo è legato ai dati Pmi dei direttori degli acquisti: nonostante una sorpresa lievemente positiva in Germania dove gli analisti si aspettavano di peggio, questi indicatori mostrano che l’Europa si avvia a passo spedito verso la recessione. In tutti i Paesi l’indicatore è uscito sotto 50, segnalando appunto contrazione economica. Anche nell’intera Eurozona, dove si è attestato a 49,2. Non che il resto del mondo stia meglio, considerando che anche in Giappone l’indice Pmi è uscito a 48,3. Il timore è però che, in un contesto di recessione globale, l’Europa abbia il passo più spedito a causa della crisi del gas. Così le Borse hanno aperto negative, anche se poi hanno recuperato sul dato tedesco meno nero delle attese. E l’euro è sceso su nuovi minimi da 20 anni sul dollaro a 0,9901. Il timore, in questa prima parte della giornata, era quello del doppio bastone: recessione in arrivo (soprattutto in Europa) e banche centrali aggressive nell’alzare i tassi (soprattutto negli Usa). Insomma: lo scenario peggiore possibile. Il cambio di rotta Poi sono usciti dati economici ancora più negativi negli Stati Uniti. La vendita di nuove case (ai minimi da sei anni e mezzo) e i dati Pmi dei servizi statunitensi (ai minimi da 27 mesi) hanno dimostrato che, se l’Europa soffre, gli Stati Uniti non se la passano molto meglio. Questo ha fatto rimbalzare le Borse e l’euro. Motivo: in questo contesto negativo, i mercati sperano che un più repentino peggioramento della congiuntura negli Stati Uniti possa convincere la Fed a non alzare troppo i tassi d’interesse. Infatti in serata le previsioni sui tassi Fed (secondo il mercato dei futures) si sono lievemente ridimensionate: se lunedì veniva assegnata una probabilità del 70% ad un nuovo rialzo di 75 punti base, ieri le possibilità sono leggermente calate. Non di tanto, certo. Ma abbastanza per ridare un minimo di fiducia ai mercati e da invertire la rotta sull’euro-dollaro. Come si nota, i cambi di direzione sono tutti basati su sensazioni. Su ipotesi. Sul nulla, insomma. Per questo i mercati hanno gli occhi puntati con ossessione sul simposio di Jackson Hole, che inizierà giovedì, dove parleranno tutti i banchieri centrali. Il discorso più atteso è quello di Powell, perché dovrebbe dare la linea sulle prossime mosse della Federal Reserve. Dalle sue parole, più o meno dure, si capirà cosa intenda fare la banca centrale Usa.

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