Una Nato nella regione Asia-Pacifico per estendere l’egemonia e il neocolonialismo di Stati Uniti e Occidente, testimoniati anche dal recente viaggio a Taiwan della speaker della Camera Usa Nancy Pelosi. Intervenendo alla Conferenza internazionale sulla sicurezza a Mosca, il presidente russo Vladimir Putin alza i toni della retorica per ribattere alle accuse dell’Occidente, che vede al contrario nell’attacco all’Ucraina l’ultima e più eclatante dimostrazione del disegno imperialista della Russia. «Hanno bisogno del conflitto - ha incalzato Putin, davanti a una platea composta da funzionari militari di Africa, Asia e America Latina - per mantenere la loro egemonia. Ecco perché hanno trasformato il popolo ucraino in carne da macello. La situazione in Ucraina dimostra che gli Stati Uniti stanno cercando di prolungare la guerra, e agiscono esattamente nello stesso modo cercando di alimentare i conflitti in Asia, Africa e America Latina». A sostegno della sua tesi, il presidente russo ha citato due esempi: la visita a Taiwan di Nancy Pelosi, che non è stata – ha detto – «soltanto il viaggio di un politico irresponsabile, ma era parte di una strategia deliberata e consapevole degli Stati Uniti per destabilizzare la situazione e creare caos nella regione, una palese mancanza di rispetto per la sovranità di un altro Paese (la Cina, ndr)»; e il patto di sicurezza trilaterale Aukus tra Australia, Regno Unito e Stati Uniti. «Vediamo – ha aggiunto Putin – che l’Occidente sta cercando di estendere il suo sistema di blocchi alla regione Asia-Pacifico, in analogia con quanto fa con la Nato in Europa. A questo scopo, vengono formate aggressive alleanze politicomilitari come Aukus». Ma l’era dell’ordine mondiale unipolare – ha concluso, ribadendo un concetto già ripetuto - sta per finire.👌 🙏👌🙏 Contro l’Occidente e l’aiuto fornito all’Ucraina – armi e intelligence - ha puntato il dito, nella stessa conferenza, anche il ministro della Difesa russo, Serghei Shoigu, che ha voluto anche smentire («Una menzogna assoluta») l’ipotesi che la Russia possa usare armi nucleari o chimiche nel conflitto. «Dal punto di vista militare – ha spiegato – non ce n’è bisogno per raggiungere gli obiettivi». Il bollettino di guerra delle ultime ore non registra però notizie troppo incoraggianti per Mosca. Ieri si sono registrate diverse esplosioni in una base militare nel Nord della Crimea, la penisola annessa dalla Russia nel 2014, che hanno interessato un deposito di munizioni, costretto a fermare i treni ed evacuare circa 2mila persone. Successivamente il quotidiano Kommersant ha riferito di colonne di fumo in una seconda base militare russa nella Crimea centrale. Mosca stessa ha parlato di sabotaggio, Kiev non ha riconosciuto apertamente la responsabilità degli attacchi, ma li ha salutati come «l’inizio della demilitarizzazione». E un funzionario ucraino ha riferito al New York Times che dietro le azioni ci sarebbe «un’unità d’élite» delle forze armate ucraine. Di certo questi sviluppi, che arrivano dopo episodi analoghi negli ultimi giorni, prospettano nuove dinamiche nel conflitto, con Kiev che sembra avere la capacità di colpire in territorio de facto russo, o di portare a termine con successo azioni di guerriglia. Senza contare l’importanza strategica che ricopre la Crimea in sé, finora considerata da Mosca retroguardia sicura, vitale per garantire rifornimenti e alimentare l’offensiva russa.
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