Joe Biden non canta vittoria. Nonostante il s o r p re n d e nte co ntrattac co delle truppe di Kiev stia cambiando gli scenari della guerra in Ucraina, e ne abbia rianimato l’immagine in vista della prossima sfida elettorale, il presidente americano misura le parole, limitandosi a una semplice constatazione: «La controffensiva si sta dimostrando efficace» è stato il laconico commento davanti alla stampa. Ma subito dopo, l’i n qu i l i - no della Casa Bianca ha fatto capire che la guerra è tutt’altro che finita, temendo un colpo di coda di Putin e perfino l’impiego di armi tattiche nucleari. Ma se B id e n (e anche il segretario alla Difesa L l oyd Aus tin) si dimostra cauto, non così si può dire dei nostri commentatori, i quali da un paio di giorni, cioè da quando gli ucraini hanno riconquistato Kharkiv, respingendo nella zona Nord Ovest i russi fino al confine, sono in preda a un tifo da stadio. Non condivido sempre ciò che sostiene il professor Alessandro Orsini, ossia l’esperto di scenari geopolitici internazionali che, per le sue critiche all’Occidente, si è beccato l’accusa di essere al servizio di Mosca. Tuttavia, al docente della Luiss devo riconoscere di aver ben spiegato come l’approcc io alla guerra in certe redazioni sia simile a quello che si ha con la squadra del cuore. Gli ucraini, con la loro strenua resistenza davanti ai carrarmati russi, e nonostante siano da sei mesi sottoposti a bombardamenti a tappeto, si sono rivelati simpatici. Di certo molto più dello zar del Cremlino che, come ogni dittatore, non mette in conto le perdite di vite umane, calcolando i morti fra gli invasi ma anche quelli fra gli invasori come «effetti collaterali». Certo, Puti n è una canaglia e, al cospetto di chi di fronte ai suoi cannoni non piega la testa, non può che suscitare la totale esecrazion e. Tuttavia, le analisi su una guerra non si fanno applaudendo, sventolando striscioni e intonando inni da curva Sud. Al contrario, è necessario non lasciarsi sopraffare dai propri sentimenti per poter offrire un giudizio critico. Beh, quello che ho letto in questi giorni su diverse testate, mi pare invece che non sia dettato dal cervello, ma dalla pancia. Su Re p ub - b l ic a , per esempio, mi è capitato di scorrere un articolo con l’elenco di tutti i professori e gli analisti che nelle passate settimane avevano espresso dubbi sulla capacità degli ucraini di ricacciare i russi da dove erano venuti. Il tono dell’articolo del quotidiano della famiglia E lka n n era canzonatorio, quasi che invece di riflessioni sulle scarse possibilità degli ucraini di vincere la guerra, quelle degli opinionisti da salotto tv fossero cori da stad io. In realtà, a somigliare molto alle filastrocche dei tifosi sono gli articoli di chi interpreta ogni rovescio al fronte come una fuga per la vittoria, quando in realtà gli stessi esperti ci vanno con i piedi di piombo, perché quello in corso non è un film di Hollywood, con i buoni che vincono sempre e i cattivi che vengono messi in fuga prima di essere totalmente annientati. La guerra è spesso indecifrabile e quello che pare assodato, spesso non lo è. Provate a pensare ai commenti che abbiamo letto in questi sei mesi. Fosse per certi giornalisti, ma anche per tanti politici, a cominciare da Enrico Letta per finire a Luigi Di Maio, il conflitto si sarebbe già concluso dopo poche settimane. Infatti, molti colleghi, insieme al segretario del Pd e al ministro degli Esteri, sentenziavano senza ammettere repliche che Mosca sarebbe capitolata in poco tempo a causa delle sanzioni economiche. Come si è visto, così non è stato. I provvedimenti decisi da Stati Uniti ed Europa hanno certo messo in difficoltà l’industria e il sistema finanziario russi, ma il default vaticinato ancora non si è visto. Le certezze propinate su l l ’efficacia dell’embargo e del blocco dei beni non sono state molto diverse dalle opinioni espresse quando le colonne di carrarmati russi abbandonarono Kiev. Anche allora, stampa & politica festeggiarono manco si fosse trattato della liberazione. In realtà, la guerra aveva preso u n’altra piega e dopo la ritirata dalla capitale abbiamo assistito all’assedio di Mariupol e alla caduta di tante città del Donbass. Non voglio dire che la riconquista di alcuni territori da parte degli ucraini non sia importante, ma forse un po’ di prudenza è consigliabile, perché al dietrofront di questi giorni potrebbero seguire nuovi attacchi e nuove atrocità. La paura è che Puti n , sentendosi all’angolo, non cerchi una tregua, ma come nello stile di un uomo che ha dimostrato di non avere alcun rispetto della vita degli altri, fossero anche suoi «sudditi», decida di rilanciare, intensificando i bombardamenti e ricorrendo all’arsenale nucleare. Non ultimo, temo che se messo alle strette, il padrone della Russia usi l’arma più facile, ovvero il gas, togliendolo a noi per pura ritorsione. Già ora che il metano arriva a singhiozzo tocchiamo con mano quali siano le conseguenze. Se dai tubi non uscisse più alcun combustibile, i problemi per la nostra industria e per le famiglie, come abbiamo capito non sarebbero secondari, soprattutto se le forniture in arrivo da altri Paesi (penso all’Azerbaijan, che sta bombardando l’A r m en i a) fossero a rischio. Insomma, siccome non stiamo assistendo a una partita ma a una tragedia, il tifo lo metterei da parte, anche perché spesso urlare non aiuta a capire.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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