Se conviene a Parigi, il patto del Quirinale non conta più nulla
«Vengo anc h’io. No tu no».
C’è bisogno di
scomodare E nzo
Ja nnacci p er
comprendere il
significato dell’acccordo tra
Francia e Germania per far
fronte all’inverno senza gas
russo. Sbandierato in Italia come un toccasana «che dimostra quanto l’Europa è unita»,
in realtà il bilaterale a sorpresa
è un dribbling riuscito ai danni
del nostro Paese, rimasto
escluso dal summit e trattato
come semplice leone da scendiletto (destino dovuto alla
passività da camerieri) nel
continente degli altri. Nonostante il movimentismo di Ma -
rio Draghi, il destino ancillare
è confermato per quattro mot iv i .
Primo. A due giorni dal vertice europeo fra i ministri dell’energia, previsto per venerdì, il segnale della «solidarietà
energetica» franco-tedesca
(così l’ha battezzata l’Eliseo) è
pessimo e prelude alla domanda più sibillina: a quale scopo
gli altri 25 dignitari partecipano se il menù è stato già deciso
dalle due prepotenze continentali? Emmanuel Macron
ha spiegato chiaramente che
«la Germania ha bisogno del
nostro gas e noi abbiamo bisogno dell’elettricità prodotta
nel resto dell’Europa, e in particolare in Germania. Ci metteremo in grado di essere solidali sul piano del gas con la
Germania se l’inverno sarà difficile e se loro ne avranno bisogno. Allo stesso modo» ha proseguito il presidente francese
parlando con Olaf Scholz in videoconferenza, «la Germania
si è impegnata ad una solidarietà elettrica nei confronti
della Francia e si metterà nella
situazione di avere più elettricità e soprattutto di fornirci,
nelle situazioni di picco, la sua
solidarietà elettrica».
Praticamente loro sono a
posto o ritengono di esserlo.
Gli altri - come l’intendenza ai
tempi di Napoleone Bonaparte - seguiranno. L’asse europeo
per far fronte alla più drammatica crisi energetica degli
ultimi 50 anni si riduce a un
duetto dal quale l’Italia è esclusa, con una palese violazione
del Trattato del Quirinale, firmato neppure un anno fa con
Parigi con uno scintillio di
Montblanc e contrabbandato
come il toccasana assoluto per
evitare gli strappi individualisti di Berlino, che già di fatto
guida i Paesi del Nord (soprattutto l’Olanda e i baltici) e dell’Est (Polonia, Ungheria, Romania, Croazia). Quell’i m p egno fortemente voluto da Ser -
gio Mattarellae siglato da Dra -
ghi contiene un capitolo di reciproca intesa proprio sullo
sviluppo e sullo scambio energetico. Accademia.
Il tango M ac ro n- S ch ol z de -
rubrica il Trattato del Quirinale ad accordicchio di facciata
ed è uno schiaffo allo spirito
solidale ed egualitario sul quale Bruxelles fonda la sua instancabile propaganda per
convincere gli euroscettici. È
curioso notare come sia utile
in chiave francese quando si
tratta di vendere o comprare
aziende di Stato (o porzioni),
quando si parli di affari per la
Difesa comune (Finmeccanica
e Fincantieri ne sanno qualcosa). E invece finisca in un cassetto quando l’obiettivo è supportare gli interessi italiani
nella battaglia del gas. Tagliati
fuori, buoni solo per la foto ricordo come piace a Paolo Genti l o n i .
Il secondo motivo per guardare con amarezza allo scavalcamento preventivo è tutto politico ed è la constatazione che
l’architettura stessa dell’Euro -
pa è sgangherata. Il momento è
molto delicato, gli accordi dovrebbero essere aperti, discussi e definiti a beneficio di
tutti, non condizionati da un
bilaterale chiuso in anticipo e
già ufficializzato nei suoi contenuti. Come a dire: da qui non
si torna indietro, venerdì tratteremo i dettagli. Il blitz ricorda quello di Angela Merkel n ei
giorni più drammatici della
pandemia, quando l’approvvi -
gionamento dei vaccini era
stato delegato a un ente comune europeo ma la ka n zle ri n fir -
mò un accordo privato con Pfizer per avere 30 milioni di dosi
«extra dote» a favore di Berlino. Una furbata da far invidia a
Totò davanti alla fontana di
Trevi. Continuano a chiamarla
solidarietà, ma dall’osservato -
rio di Roma è a senso unico. Le
regole vengono adattate alle
esigenze dei più forti; se le
banche sono sull’orlo del default, quelle tedesche vengono
nazionalizzate ma quelle italiane saltano. Se le compagnie
aeree hanno bisogno di finanziamenti per far fronte alle crisi, quelle altrui ottengono aiuti
di Stato mascherati mentre
Alitalia deve svendere o fallire.
Due pesi e due misure, neanche la Ue fosse un Commonwealth, con noi nei panni della
Sierra Leone.
C’è un terzo motivo per temere la trappola e diffidare.
Bruxelles ha fatto capire che,
in nome della solidarietà di
pongo, chi è più avanti nello
stoccaggio del gas dovrà aiutare chi è in affanno. A dispetto
della propaganda l’Italia ha accantonato l’83,7% del fabbisogno, meno di Francia (92,6%),
Germania (85,5%) e Spagna
(85,1%) ma più di Austria
(67,9%) e Olanda (79,1%). Con
Germania e Francia già con le
spalle reciprocamente coperte, la «redistribuzione etica» ci
cadrebbe in testa come un boiler. E a pagarne le spese sarebbero le aziende italiane, con
conseguenze immaginabili sul
piano dell’occupazione e con
una fragilità strategica davanti
a scalate o acquisizioni francotedesche a prezzo di saldo.
Il quarto motivo è il rispetto
della sovranità nazionale italiana e dell’esito delle elezioni
politiche del 25 settembre.
Poiché a pensar male eccetera,
è possibile che M ac ro n e
S ch ol z si siano messi al riparo
anche per avere le mani libere
nel condizionare proprio la
politica italiana in caso di successo del centrodestra, inviso
a Bruxelles. Sarebbe semplicemente meschino, un evidente
regalo a Vladimir Putin. È lo
scenario davanti al quale venerdì si troverà il ministro Ro -
berto Cingolaninel vertice Ue.
L’augurio è che almeno il buffet valga il viaggio.
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