D i questo passo in novembre saremo costretti a convocare un vertice europeo straordinario per nazionalizzare in tutta l’Unione produzione e distribuzione di energia: in giro si respira esasperazione per la nota lentezza delle decisioni a 27. Esagerazione? Di certo, mentre la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, pronuncia davanti al parlamento di Strasburgo il discorso sullo Stato dell’Unione, fuori la casa brucia. D i questo passo in novembre saremo costretti a convocare un vertice europeo straordinario per nazionalizzare in tutta l’Unione produzione e distribuzione di energia: in giro si respira esasperazione per la nota lentezza delle decisioni a 27. Esagerazione? Di certo, mentre la presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, pronuncia davanti al parlamento di Strasburgo il discorso sullo Stato dell’Unione, fuori la casa brucia. E nessuno riesce a spegnere l’incendio. Dopo un primo ingresso del Governo tedesco nel 30% del suo capitale, era luglio, Uniper sta trattando l’aumento della quota oltre il 50%. Ma, per evitare il crollo del colosso dell’energia, non è esclusa la nazionalizzazione tout court, mentre Berlino riorienta 67 miliardi di fondi Covid verso le imprese del settore per scongiurarne il fallimento. A Parigi soffia lo stesso vento. Complice anche la scelta della presidenza Macron di cavalcare il nucleare, la nazionalizzazione di Edf è cosa fatta. In Belgio stessi progetti. Intanto continua dovunque la raffica di interventicalmiere contro caro-bollette e inflazione insieme alle misure per frenare i consumi. Europa a ritroso. Non solo resuscitano monopoli pubblici e dirigismo economico nell’Unione che li aveva abbattuti con le liberalizzazioni degli Anni ’90 per fare il mercato unico ma la tenuta di quel mercato barcolla sotto il peso delle iniezioni continue di aiuti di Stato e conseguenti distorsioni di concorrenza tra i paesi con larghi margini di bilancio e quelli che ne hanno pochi o nulli, Italia tra gli altri. Come dire che, per risolvere la grande emergenza che strangola l’economia, alimenta inflazione e promette recessione, l’Europa rischia di allevarsene in seno un’altra dal potenziale altrettanto dirompente, a meno di non contrapporle l’antidoto della solidarietà interna ed esterna. La guerra russa in Ucraina ha sconvolto l’Europa ma il peggio potrebbe ancora venire con l’inverno in arrivo. Ha ragione von der Leyen a sottolineare, come ha fatto ieri, che l’Europa ha reagito in fretta su aiuti a Kiev e sanzioni a Mosca, molto di più che con crisi finanziaria e Covid. E risultati concreti: 70% delle banche russe fuori dai circuiti internazionali, un migliaio di imprese in fuga dal paese, produzione di auto crollata del 75%, aerei Aeroflot a terra senza parti di ricambio, mezzi militari bloccati dalla carenza di chip o costretti a estrarli da lavapiatti e frigoriferi. Ma non basta. Perché non bastano le misure finora proposte per risolvere l’emergenza delle emergenze che si chiama energia. Non bastano perché non affrontano il problema centrale: la fissazione di un tetto al prezzo del gas. E non bastano perché le altre, pur necessarie, rischiano tempi biblici perdendosi nei meandri delle divisioni e dei conflitti di interessi dei 27 che nascono dai diversi mix nazionali in campo, fornitori, densità di interconnessioni, cioè dall’inesistenza di un mercato comune dell’energia: per vedere la luce, richiederà anni e una volontà politica che per ora non c’è. Oltre alla riduzione dei consumi di elettricità, Bruxelles propone di fissare un tetto temporaneo agli extra-profitti delle società che la producono senza gas e un contributo di solidarietà da parte dei produttori di petrolio, metano e carbone per raccogliere più di 140 miliardi da redistribuire a famiglie e imprese in difficoltà. Poi, adeguamento degli indici della Borsa di Amsterdam, ora che il Gnl sta soppiantando il gas. Nuove regole, per sostenere la liquidità delle imprese del settore, sulle garanzie e contro la volatilità dei prezzi. Modifica del codice degli aiuti di Stato. Radicale riforma del mercato dell’elettricità, anche attraverso il disaccoppiamento delle sue relazioni con il gas. Proposte tante. Fattibilità in tempi brevi minima. Sul tetto al prezzo del gas, la misura più efficace nell’immediato, si continua a temporeggiare per discordie evidenti tra i 27 su come e a chi applicarlo, a tutti o solo alla Russia. Di più, c’è chi spera che il “divorzio” tra elettricità e gas possa trarre tutti d’impaccio dimenticando il tetto al prezzo. Così va da sempre l’Europa, la Commissione propone e i Governi dispongono: siccome bisogna mantenere l’unità di fronte alla Russia di Putin, si rimandano o si diluiscono le decisioni da prendere. Con la guerra in Ucraina e la mannaia energetica sul collo, la musica però deve cambiare. Questa volta si gioca davvero con il fuoco: proteste sociali, desertificazione industriale, recessione sono dietro l’angolo. Nessuno può vincere da solo con paci separate e la logica dell’ognun per sé. L’Europa resta la soluzione purché la si faccia funzionare presto.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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