gas è banalmente un’arma
spuntata se non addirittura
dannosa come un boomerang: se la Russia chiude
come ha già fatto i bocchettoni verso l’Europa sarà
semplicemente inutile stabilire o meno un prezzo
“p o l i t ic o” per un bene che
non c’è. In compenso la
mossa potrebbe essere assai poco gradita dagli altri
paesi fornitori che stanno
cercando di mettere una
pezza ai guai che arrivano
all’Italia dalla Russia: Algeria e altri paesi africani. Se
vuoi fare scendere il prezzo
del gas che paghi loro, quelli
girano all’unisono i tacchi e
vanno a venderlo su altri
mercati. Sarebbe grave,
perché quel gas ci serve come il pane: non compenserà quello russo di certo, ma
aiuterà ad avere qualche
ora di tepore nelle case italiane e a non interrompere
gran parte dei cicli produttivi nazionali. Ed è qui che
bisogna fare un po’ di chiarezza sugli stoccaggi,
uscendo dalla ambiguità
delle comunicazioni governative. Ho fatto una domanda a tutti gli esperti del
settore: «Questo 80% di gas
stoccato che forse salirà ancora un po’ fino al 90%
quanto rappresenta rispetto ai consumi di gas in Italia
nel periodo settembre 2021-
marzo 2022? La risposta è
stata semplice, univoca e
raggelante: Il 25% circa dei
consumi della stagione
scorsa». Questo significa
che l’Italia ha da parte il gas
che l’anno scorso era stato
necessario per riscaldare
una casa su quattro e fare
andare avanti una impresa
su quattro. Con quell’80%
quindi non è garantito il
riscaldamento nei tre quarti delle case italiane e non è
garantito il ciclo produttivo
in 3 imprese su quattro. Se
si arriva al 90% e più come
si ipotizza forse si limitano
un pizzico i danni, arrivando a coprire quasi il 30% del
fabbisogno storico del periodo. Una distanza siderale
rispetto a quanto è stato
comunicato con grande ambiguità fino ad oggi: la percentuale di stoccaggio è relativa alla capienza dei depositi in cui si immagazzina, non al fabbisogno degli
italiani. Evidente dunque
che per non mettere ko il
Paese sia necessario avere
continue altre forniture
che vadano a coprire almeno parzialmente quello che
serve, accendendo pure un
cero (ma con parsimonia)
per invocare lassù un inverno mite, come per altro
era già stato quello dello
scorso anno.
Il gas russo oramai non l’avremo più, e forse era proprio questa la vera guerra
iniziata da Vladimir Putin.
Semplicemente attendeva i
primi rigori del freddo per
staccare i gasdotti e gettare
tutti nel panico, ma ha dovuto anticipare un po’ i
tempi rispetto ai programmi. Terremotare il mercato
dei fornitori alternativi oggi
giocando con quel price cap
ha poco senso: servirebbero
tappeti rossi per chiunque
altro sia disposto a portare
in Italia (e in parte del resto
di Europa) il gas, non ostacoli su quel percorso.
Siamo in una situazione di
emergenza, e non è il caso
di fermarci sugli errori del
passato. Che fosse questo il
cuore della guerra russa
all’Europa- e non un grado
o più di condizionatore -
era chiaro a tutti gli esperti
fin dal primo giorno. Ci
sarà tempo per riflettere
sulle leadership dei vari
paesi Ue che con quattro
slogan hanno trascinato i
loro popoli in guerra (finanziaria), avendo a disposizione qualche fionda al
massimo contro i cannoni
puntati addosso.
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