STUPIDA RAZZA

mercoledì 14 settembre 2022

No al tetto del gas perché Berlino ce l’ha già

 

Ai tedeschi non piace il tetto al prezzo del gas, visto che pagano già molto meno degli altri (se i nostri costi quintuplicano, i loro raddoppiano). Con Gazprom poi Berlino ha stretto un patto sugli stoccaggi passato in cavalleria. Lo scambio con Basf del 2015 ha consentito infatti a Mosca di entrare nel mercato interno. E di creare una crisi chiudendo i rubinetti.«Follow the money» (segui la traccia del denaro), è stata la frase con cui abbiamo terminato qualche giorno fa un articolo in cui è stato spiegato l’interes - se del tutto legittimo che ha l’Olanda nell’opporsi a qualsiasi tetto al prezzo del gas. Si tratta di decine di miliardi di avanzo commerciale spuntati dal nulla grazie ai maggiori prezzi di cui ha beneficiato l’export di gas naturale verso i partner della Ue. Non abbiamo mancato di sottolineare che l’Olanda, in questa opposizione, ha le spalle ben coperte dai tedeschi, azionista di maggioranza relativa della Ue. E la prova regina l’abbiamo avuta durante il Consiglio straordinario «Energia» di venerdì scorso, conclusosi con un nulla di fatto proprio sul tema del tetto al prezzo. Conseguentemente, co m’era ovvio attendersi, la proposta che la Commissione si accinge a presentare agli Stati non contiene alcuna ipotesi su questo argomento. Venerdì, pur essendoci almeno 15 Paesi a favore di un tetto generalizzato al prezzo del gas - ed essendo quindi raggiunto il quorum del 55% dei Paesi - la contrarietà della Germania ha fatto mancare il quorum del 65% della popolazione, necessario per le votazioni a maggioranza qualificata. I tedeschi sono contrari al price cap per un semplice e fondamentale motivo: il gas russo sta costando loro molto meno rispetto agli altri partner europei, Italia in testa. In sostanza, i tedeschi si oppongono a qualsiasi manovra per contenere i prezzi di mercato, perché loro stanno comprando a prezzi molto più bassi rispetto a quelli che quotidianamente vengono trattati sul mercato virtuale olandese Ttf. È un problema che li affligge relativamente perché il tetto ce l’hanno già e ci tengono a nasconderlo. Infatti, omettono anche di fornire ad Eurostat i dati puntuali relativi agli acquisti di gas dalla Russia. Qualsiasi ricerca eseguita sul database dell’Ue utilizzando la specifica voce statistica «gas naturale» restituisce una riga desolatamente priva di dati. Bisogna compiere un tortuoso percorso sul sito di Destatis (l’Istat tedesca) - il cui database non restituisce comunque direttamente i dati per gli acquisti di gas russo - per aggirare l’ostacolo ed estrapolare i dati e il fenomeno su cui sabato scorso Federico Fubini su l Corriere della Sera ha attirato per primo l’atte n z io n e. L’attività di approfondimento di quella traccia fornisce un quadro impressionante e spiega tutto lo stucchevole e furbesco traccheggiare della Germania, che dura ormai dalla primavera. Nel primo semestre del 2022, l’Italia ha visto all’incirca quintuplicare (+394%) il costo medio per metro cubo di gas importato dalla Russia e, pur avendo dato un consistente taglio ai volumi importati (-41%), abbiamo visto quasi triplicare la spesa (+193%) da 2,8 a 8,2 miliardi. La stessa cosa non è accaduta alla Germania. Infatti, da Berlino hanno comunque ridotto in modo significativo gli acquisti in volume (-56% nei primi sette mesi del 2022, rispetto al corrispondente periodo del 2021) ma, grazie al fatto che il costo unitario del gas si è moltiplicato «solo» per 2,5 volte, la spesa complessiva è aumentata del 9%. Il vero grande problema della Germania con la Russia sta nei volumi, non nel prezzo. Da qui l’altro motivo per essere contrari al tetto che provocherebbe l’interruzione dei flussi; evento che a luglio si è quasi realizzato, con i volumi in calo dell’85% rispetto a luglio 2021 e all’incirca dimezzati rispetto a giugno di quest’an - no, ma ancora a un prezzo unitario di 0,50 €/mc, comunque poco meno della metà rispetto ai 0,90 €/mc pagati dall’Ita l i a alla Russia per il mese di giugno. Per avere un’idea dell’im - portanza che comunque ancora riveste il gas per la Germania, occorre guardare anche ai valori assoluti. Nei primi sette mesi del 2022, nonostante la riduzione dei volumi, sono stati ancora compratori di 17,5 miliardi di metri cubi di gas russo, contro i nostri 9,3 fino a giugno. Ma noi abbiamo speso 8,2 miliardi e i tedeschi solo 6. Numeri che parlano da soli. L’andamento pressoché costante dei prezzi medi spuntati nel 2022 da Berlino nei confronti del fornitore russo - tra 0,31 e 0,36 €/mc - lascia ipotizzare che tra i due Stati ci siano contratti di fornitura di lungo termine del tutto svincolati dai prezzi variabili registrati sui mercati in queste settimane. Probabilmente legati alla costruzione dei gasdotti Nord Stream 1 e 2 e alla remunerazione di quegli investimenti. Gli affari russo-tedeschi non si fermano al gas. I prodotti petroliferi grezzi viaggiano verso Berlino come se le forze armate di Mosca non avessero mai varcato il confine con l’Ucraina. Nei primi sette mesi del 2022, i volumi acquistati sono in aumento del 6% e la spesa del 67%, attestandosi a 8,3 miliardi di euro, quindi un business ben superiore a quello del gas. Anche in questo caso si registra una relativa stabilità dei prezzi dall’inizio di ques t’anno, indice segnaletico di contratti di fornitura relativamente slegati dalle turbolenze dei prezzi nel breve termine. L’Ue si presenta ancora una volta divisa davanti a una crisi, in parte autoinflitta, che rivela come i suoi membri siano quasi sempre portatori d’i nte re s s i diametralmente opposti, la cui composizione vede sempre prevalere il più forte che cerca, a tutti i costi, di difendere il proprio giocattolo. Per la solidarietà e il sogno europeo si prega di ripassare un altro g io r n o.

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