STUPIDA RAZZA

mercoledì 28 settembre 2022

Dollaro schiacciasassi globale: il record dal 2002 pesa su tutti

 

Il dollaro è la vera croce e delizia in questo momento per gli investitori. È croce perché quando sale depaupera il valore in un colpo solo di bond, azioni, materie prime e delle altre principali divise. È delizia per quegli investitori istituzionali che stanno scegliendo di posizionarsi sui titoli di Stato Usa a breve termine che offrono rendimenti d’altri tempi, superiori al 4%. Nel complesso però prevale l’effetto distruttivo del super-dollaro che ieri ha superato, stando alla misurazione del dollar index che lo confronta con un basket di divise internazionali, i 114 punti. Posizionandosi sui livelli dell’estate 2002. Così i 120 punti del top del febbraio di 20 anni fa non sembrano distanti mentre gli investitori di tutto il mondo si augurano che il record dei 165 visto nel 1985 resti solo un lontanissimo ricordo. Il dollaro è sia il termometro del rischio - funge da rifugio di ultima istanza - che naturale valvola di sfogo dei capitali in un contesto le banche centrali si stanno rilevando quantomai aggressive per provare ad arginare l’inflazione. Il pallino in mano c’è l’ha la Fed, dato che le materie prime sono quotate in dollari. Di conseguenza quando la Fed alza i tassi, dà una spinta al dollaro e costringe gli altri Paesi ad importare inflazione nel momento in cui hanno bisogno di biglietti verdi (per loro sempre più cari) per acquistare le commodities. Un circolo vizioso che potrebbe spingere molte banche centrali ad alzare i tassi oltremisura rispetto a quanto necessitano le rispettive economie, con l’intento di difendere la propria moneta dal super-dollaro. Questa spirale si sta disegnando in un contesto pericoloso, lo stesso in cui il debito globale aggregato ha superato i 300mila miliardi di dollari, tre volte tanto i valori che esibiva nel 2008 prima dello scoppio dell’ultima grande bolla finanziaria. Il quadro è quindi molto fragile e delicato con la volatilità del mercato obbligazionario (indice Move) letteralmente preso di mira dagli investitori nelle ultime sedute con cali record e conseguente impennata dei rendimenti, che ha superato i 153 punti e si è ampiamente distaccata da quella del mercato azionario (Vix a 33 punti) con cui solitamente viaggia a braccetto. Di conseguenza, delle due l’una. C’è da aspettarsi o che il Move si attenui con i bond che vadano a trovare un po’ di quiete oppure che il Vix continui a salire. A quel punto andrebbe monitorata la panic zone oltre i 40 punti, quella che storicamente innesca vendite forzate da parte dei fondi e margin call. Non si può però neppure ignorare che a questi livelli molti indicatori segnalino valutazioni estreme. L’elastico sembra davvero troppo tirato. «Quand’è così l’elastico o si rompe oppure funge da molla per un riequilibro delle quotazioni - spiega Salvatore Scarano, trader professionista nonché ideatore e principale ispiratore del progetto di analisi flussometrica Volcharts -. Prendiamo l’indice S&P 500, rotto il supporto dei 3.660 troverebbe un’area di approdo a 3.575 punti dove l’analisi dei flussi indica che sono stati posizionati molti capitali che hanno lavorato e costruito quell’area per oltre un mese nel 2020. Anche l’elastico del dollaro sembra molto tirato in area 115 punti. Difficile che i mercati reggano per altri 2-3 mesi valutazioni così estese». Può accadere di tutto e le Borse sono sempre lì per sorprendere, soprattutto in questa fase quando non solo Powell, ma tutti gli investitori sono in una posizione data dependent, ovvero in attesa di nuovi dati macro che possano delineare un quadro recessivo che in questo contesto di lotta all’inflazione sembrerebbe paradossalmente come una notizia molto positiva lato investing. Del resto che il mercato sia giunto a un bivio ce lo segnalano altri indicatori di natura contrarian, quelli che molto spesso, chiamano un’inversione, quand’anche breve, di tendenza. «Le opzioni put acquistate dai trader sono sugli stessi livelli record del 2008 e del 2020 - spiega Stefano Bottaioli, responsabile territoriale di Banca Consulia -. I segnali tecnici di DeMark indicano il completamento tra oggi e domani del ciclo 9+13 che di solito precede un’inversione. E per chiudere, i titoli dell’S&P 500 che quotano sopra la media a 200 giorni sono appena il 12% e appena il 3% quelli sopra la media a 50. Di solito quando si presentano estremi del genere si rimbalza. L’unica volta che non è successo è stato nel 2008. Quando poi è venuto giù tutto».

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