STUPIDA RAZZA

mercoledì 14 settembre 2022

Wall Street in profondo rosso, per l’S&P peggior seduta dell’anno

 

Una seduta per cuori forti. Vedere il Nasdaq perdere quasi il 6% e il più grande indice S&P 500 arretrare di oltre il 4% in un colpo solo (peggiore seduta dell’anno) fa un certo effetto. Ed è accaduto ieri in una giornata che ha visto il dipanarsi delle vendite per tutto il tempo con un’ulteriore accelerazione nel finale. Il tutto mentre la lettera ha colpito anche il mercato obbligazionario con i rendimenti dei titoli di Stato a 2 anni impennatisi oltre il 3,7%. Il dato dell’inflazione Usa ad agosto (peggiore delle attese tanto nella versione completa, 8,3%, quanto in quella “core”, 6,1%) ha dato il segnale d’allarme: il livello dei prezzi non ha ancora raggiunto il picco e questo ha gettato gli operatori nel pieno dell’incertezza. Prezzi sempre più difficili da domare - nonostante le politiche aggressive della Fed che da marzo ha alzato i tassi di 250 punti base - hanno dato uno schiaffone al risk-on (in rosso sono finiti anche i listini europei con Piazza Affari che ha ceduto l’1,36%), riportando gli investitori sulla terra e sui problemi dell’economia reale. Un’economia che si troverà con ogni probabilità a fare i conti con una Federal Reserve sempre più aggressiva per combattere un’inflazione che si sta rivelando più “sticky” (appiccicosa) del previsto. Dopo il dato dell’indice Cpi il dollar index si è rafforzato di oltre un punto percentuale tornando oltre i 109 e riportando l’euro di nuovo sotto la parità. Nel movimento armonico le probabilità di un rialzo di 75 punti base nella riunione del 21 settembre sono balzate all’82%. La novità è che il 18% restante non è più occupato dall’opzione più blanda da 50 punti base ma da quella ancora più dura da 100. Su questa probabilità c’è chi, come gli analisti di Nomura, si è sbilanciato considerandola addirittura lo scenario più plausibile. Le Borse ora devono fronteggiare la competizione di obbligazioni via via più attraenti dato che ieri i tassi reali Usa a 10 anni sono balzati oltre l’1%. Il nervosismo generale ha colpito anche le materie prime, senza distinzioni di sorta (oro, argento, rame e petrolio). Tonfo letterale per le criptovalute con il prezzo di bitcoin scivolato del 10% da un picco a 22.700 in area 20mila mentre Ethereum, a poche ore dall’attesissimo “merge”, ha perso l’8% scivolando sotto i 1.600 dollari. Il violento ribasso a cui abbiamo assistito ieri è arrivato peraltro in una settimana molto complessa dal punto di vista tecnico. Non solo perché è quella delle “quattro streghe” (venerdì scadono opzioni e futures su indici e opzioni e quindi è previsto un aumento della volatilità) ma anche perché si porta dietro l’acquisto record di opzioni put da 8,1 miliardi di dollari effettuato la scorsa settimana dai fondi hedge. Con questa mossa - superiore ai livelli di assicurazioni sottoscritte nel 2008 - il mercato si è reso vulnerabile a possibili violenti strappi, perché è stato indirettamente preparato il terreno per un “gamma squeeze”. Di cosa si tratta? È quel fenomeno in cui i market makers (gli operatori professionali che svolgono il ruolo di controparte nel mercato delle opzioni) sono costretti - per ripristinare la loro posizione di neutralità - ad acquisti o vendite forzate. Quando si acquistano opzioni put ci si copre dal rischio di ribasso dell’asset sottostante. La controparte è il market maker che risulta venditore di put esposto a un ribasso del mercato. Essendo market neutral (il market maker guadagna sulla volatilità e non sulla direzionalità del mercato) tendenzialmente vende una parte del sottostante per coprirsi. Se il mercato parte violentemente al rialzo la put va “out of the money” e quindi il market maker deve acquistare altro sottostante per ripristinare la propria condizione di neutralità. Questo acquisto forzato di titoli da parte dei market maker è definito “gamma squeeze”. Si verifica allo stesso tempo se il mercato dovesse scendere, a quel punto il market maker dovrebbe procedere con le vendite del sottostante di pari passo per mantenere inalterata la propria esposizione al rischio. Ed è quello che è successo ieri e che in parte ha contribuito a dare benzina al ribasso. Ad onor del vero va detto che il Vix si è impennato dell’11% a 26 punti ma resta lontanissimo dai 37-40 che rappresentano l’ingresso del mercato nella “panic zone”.

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