STUPIDA RAZZA

lunedì 26 settembre 2022

Politica monetaria : La super stretta globale: le banche centrali hanno alzato i tassi già 90 volte

 

«È importante che si agisca velocemente e con forza». L’incoraggiamento, come da un allenatore a bordo campo, arriva dalla Banca dei regolamenti internazionali: le banche centrali - scrive nel report trimestrale il capoeconomista Claudio Borio - devono aggredire l’inflazione alzando i tassi. In fretta. Prima che l’inflazione si radichi nelle aspettative e nella società come un male incurabile. In realtà i banchieri centrali ormai sembrano aver bisogno di tutto tranne che di incoraggiamenti: secondo i calcoli del «Sole 24 Ore», le 23 principali banche centrali del mondo nel 2022 hanno alzato i tassi complessivamente ben 90 volte. Ma si tratta di un numero provvisorio: già da questa settimana ci daranno dentro ancora. Nuovi incrementi del costo del denaro sono attesi solo nei prossimi giorni dalla Svezia (previsti 50 punti base), Norvegia (50), Svizzera (50), Gran Bretagna (50 o 75) e, soprattutto, Stati Uniti (75 o addirittura 100 punti base in un colpo solo). Una super stretta monetaria. Dopo anni di tassi a zero. Come dire: la grande svolta è globale. Escludendo Giappone, Cina e Indonesia, tutte le banche centrali del mondo quest’anno hanno già incrementato i tassi 4, 5, 6 o addirittura 9 volte come quella ungherese che li ha portati dal 2,4% all’11,75%. 75 is the new 25? L’aggressività con cui le banche centrali stanno stringendo la politica monetaria fa porre a Joachim Fels, Global Economic Advisor di Pimco, una domanda provocatoria: i rialzi da 75 punti base (fatti già due volte dalla Fed, una dalla Bce e da altre banche centrali) sono la nuova normalità? I banchieri centrali sono determinati, per usare le parole di Jerome Powell, a continuare così finché il «lavoro non sarà finito». Cioè fintanto che l’inflazione non sarà davvero debellata. È chiaro che questo «lavoro» non sarà indolore: causerà - ormai lo prevedono tutti - una recessione. Perché questa è probabilmente l’unica vera cura per l’inflazione: economia in negativo, consumi in frenata, salari che non aumentano. La speranza dei banchieri centrali è che la recessione sia  morbida e veloce, il timore sul mercato è che sia più dura delle attese. Il punto è capire però quale sia il punto di arrivo dei tassi. Cioè quando «il lavoro» (per restare nelle parole di Powell) potrà essere considerato finito. Dopo 90 rialzi dei tassi da inizio anno tra le 23 principali banche centrali del mondo e altri 5 in arrivo solo questa settimana, l’inflazione è infatti ancora altissima. Ma nessuno - neppure i banchieri centrali - sa dove si dovrà arrivare per estirparla. «Non è chiaro quale sia il livello terminale dei tassi necessario per completare il lavoro - continua Fels -, ma il sospetto è che sia superiore al picco del 4,25% per il tasso sui tassi Fed che i mercati stanno prezzando in questo momento». Morale: sui mercati le sorprese (e le tensioni) potrebbero non essere finite. L’incognita QT C’è poi un altro interrogativo: quando e come le banche centrali inizieranno a ridurre il loro poderoso bilancio? Quando inizieranno a diminuire i titoli che hanno comprato durate la pandemia (e anche prima) con il cosiddetto quantitative easing? Alcune banche centrali hanno già annunciato - o iniziato - l’operazione inversa: il quantitative tightening (QT). Cioè hanno iniziato a vendere (o a non rinnovare alla scadenza) i titoli che hanno in portafoglio. Drenando liquidità. La Fed negli Usa ha già iniziato, ma - a differenza di quanto annunciato - per ora non sta vendendo i bond legati ai mutui (chiamati Mbs) che aveva comprato: i tassi dei mutui sono già saliti oltre il 6%, livello massimo dal 2008. Ridurre i titoli Mbs nel bilancio della Fed potrebbe dunque causare uno shock maggiore sul mercato immobiliare Usa. Un problema simile, ma diverso al tempo stesso, ce l’ha la Gran Bretagna. La Bank of England vorrebbe avviare il QT, cioè la riduzione dei titoli che ha in bilancio. «Ma può iniziarlo ora che è appena arrivato un nuovo Governo intenzionato ad aumentare il debito per aiutare i cittadini di fronte al caro bollette?» si chiede Antonio Cesarano, chief global strategist di Intermonte. Si rischia infatti un cortocircuito: lo Stato emette più debito e la banca centrale ne rimette altro sul mercato. Ecco dunque che non solo il rialzo dei tassi non ha, al momento, un punto di arrivo decifrabile. Ma anche la riduzione dei bilanci si presenta problematica. Comunque si muovano, le banche centrali, rischiano di fare danni in un mondo iper-indebitato. Il problema, per tornare alla Bri, è che non muoversi farebbe ancora più danni.

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