Il caro energia si è mangiato anche i vantaggi dell’euro debole sulle principali rotte dell’export made in Italy. «Anzi, se il Governo non interviene in fretta, rischiamo addirittura che i nostri prodotti non siano più competitivi sui mercati internazionali, perchè per compensare la crescita dei costi energetici siamo costretti ad aumentare il prezzo di vendita più dei nostri concorrenti». Marco De Matteis è l’ad dell’omonimo pastificio di famiglia, noto per il marchio Pasta Armando. Due stabilimenti produttivi - quello originario a Flumeri, in provincia di Avellino, cui si è aggiunto quello umbro di Giano - 270 dipendenti, 180mila tonnellate di pasta prodotta all’anno, 144 milioni di euro di fatturato di cui l’80% realizzato all’estero, soprattutto negli Stati Uniti. «La qualità della pasta italiana nel mondo è indiscussa - dice De Matteis - ma non lo è ad ogni costo. L’Italia è il primo produttore al mondo, ma non è l’unico: Stati Uniti, Turchia, Est Europa, Russia sono tutti produttori. E noi in questo momento fatichiamo a spiegare ai nostri distributori esteri perché dobbiamo aumentare il prezzo dei pacchetti. Oggi un pastificio turco paga l’energia un quinto di quello che paghiamo noi, uno spagnolo un quarto, mentre negli Stati Uniti nemmeno conoscono il problema del caroenergia. Da una settimana siamo partiti con la rinegoziazione dei listini: possiamo durare un mese o due, ma questo autunno c’è il rischio concreto che i nostri distributori non ci prendano più il prodotto perché è diventato troppo caro rispetto ai concorrenti». I pastifici sono nell’elenco delle industrie energivore, i macchinari rimangono accesi sette giorni su sette e lavorano 24 ore al giorno, senza mai spegnersi. Marco De Matteis si fa i conti in tasca: «Rispetto a settembre dell’anno scorso, l’elettricità ci costa il 500% in più al netto del credito di imposta. In questo anno ci siamo anche trovati a dover affrontare aumenti del 100% sulla nostra principale materia prima, che è il grano, e aumenti del 700% sui noli marittimi. La bolletta energetica è arrivata ormai al 25% dei ricavi. Sono parametri insostenibili per ogni azienda. Ci sarà anche il dollaro forte, ma i costi dell’energia sono talmente alti da mangiarsi ampiamente il beneficio dell’effetto cambio, che si ferma al 7-8%». Le aziende non sanno più come affrontare la crisi energetica: «È un anno ormai - dice sconsolato - che inseguiamo gli aumenti di costi e alziamo i prezzi. Ormai viviamo alla giornata, non riusciamo più a pianificare niente. Come chiuderemo il 2022? Non ne ho idea: la mole dei costi è talmente alta e varibaile che un trimestre solo può essere in grado sia di abbattere che di risollevare l’intero anno. Sono più preoccupato oggi di quanto non lo fossi nel 2020, con il lockdown e il Covid».
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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