STUPIDA RAZZA

giovedì 1 settembre 2022

ambiente, regole e ruolo delle banche

 

L a necessità di procedere rapidamente verso un mondo più sostenibile sotto il profilo innanzitutto ambientale (tra cui quello legato al cambiamento climatico) è drammaticamente evidente agli occhi di tutti. Ne derivano rilevanti danni economici attuali e prospettici che si riflettono anche sui rischi di credito valutati dalle banche. Conseguentemente anche la regolamentazione bancaria viene integrata per tenere conto di queste nuove fonti di rischio e impone alle banche di incorporare la dimensione dei rischi climatici (fisici e di transizione) nelle procedure di erogazione e monitoraggio dei crediti, nei modelli di valutazione, nelle decisioni di investimento. Il ruolo del settore finanziario è anche visto come un potente acceleratore dei processi di trasformazione dell’economia verso modelli più sostenibili: la logica sottostante è semplice, le regole imposte al settore finanziario possono spingere a orientare i flussi di credito e di capitale verso le attività economiche più sostenibili (Finanza Sostenibile) o che hanno avviato adeguati piani di transizione (Finanza di Transizione) e ridurre i finanziamenti (o aumentarne il costo) verso i settori più inquinanti o verso realtà che non investono per migliorare il loro profilo ambientale forzando di fatto la trasformazione. Le banche sono consapevoli dei rischi ambientali e del ruolo che possono svolgere nel processo volto a rendere più sostenibile le moderne economie e si stanno adeguando alle normative già approvate e in corso di approvazione. In questo processo occorre però evitare di commettere errori che potrebbero compromettere il risultato finale. 1) La regolamentazione prudenziale ha come obiettivo la stabilità degli intermediari bancari e definisce dei requisiti di capitale collegandoli ai rischi. Occorre evitare di immaginare che la regolamentazione prudenziale possa divenire uno strumento per perseguire obbiettivi diversi da quello della stabilità e del finanziamento dell’economia, contravvenendo alla regola base “un obiettivo uno strumento”. Purtroppo, vi sono già segnali di questa errata impostazione: nell’ambito di una proposta di direttiva sulla deforestazione sono stati presentati emendamenti che imporrebbero alle banche di non finanziare investimenti che possano essere connessi ad attività di deforestazione. Proseguendo di questo passo la regolamentazione prudenziale diverrebbe un sostituto di altre azioni di politica industriale e si attribuirebbe alle banche il ruolo di “vigilante” su fenomeni sui cui altre istituzioni con specifici ruoli e competenze dovrebbero intervenire. 2) Gestire la transizione. Un approccio che rigidamente distingua tra attività rispondenti ai criteri di sostenibilità ambientali, e quindi finanziabili secondo i nuovi standard regolamentari, e attività che non rispondono a tali requisiti e dunque non finanziabili, rischia di rendere difficile se non impossibile, per mancanza di fonti di finanziamento, la transizione di quelle attività che pur non possedendo da subito i requisiti di sostenibilità possono – se sostenute anche finanziariamente – immettersi in un percorso virtuoso per raggiungere i requisiti di sostenibilità. Occorre dunque identificare quali sono i requisiti che possono rendere finanziabili queste attività nella fase di transizione specie con riferimento alle piccole e medie imprese. In tal senso sarà importante definire con attenzione la c.d. Tassonomia di Transizione che individua, con un sistema di colori “a semaforo”, le attività economiche certamente non sostenibili (area rossa), quelle sostenibili (area verde) e quelle intermedie (area gialla). Tra queste ultime si discute se debbano essere incluse non solo le attività che non violano il principio del “non produce danni significativi” sebbene non raggiungano gli standard per entrare nell’area verde, ma anche quelle che pur essendo sostanzialmente ancora “rosse” hanno avviato dei piani credibili di transizione. 3) Definire un quadro di regole ben coordinato, proporzionato e attuato secondo una corretta sequenza temporale. La valutazione di profili di rischio ambientale da parte degli intermediari finanziari richiede la disponibilità di nuove informazioni fornite dai soggetti che chiedono il finanziamento, informazioni che travalicano i meri aspetti finanziari, reddituali e patrimoniali. In assenza di un quadro che disciplini la tipologia di informazioni, che ne garantisca la qualità, che standardizzi le metriche di valutazione dei rischi si determineranno situazioni in cui potrebbero non essere finanziate attività per una non corretta valutabilità dei profili di rischio ambientale, si possono determinare fenomeni di abusi, possono derivare rischi reputazionali per le imprese e per le banche. Da ultimo occorre tenere presente i costi della transizione e anche dei rischi derivanti dalla riduzione dei flussi finanziari verso determinate attività. Solo la definizione di un disegno complessivo di politica industriale, all’interno del quale si collochino anche le politiche regolamentari sul settore bancario, può assicurare una transizione ordinata, proporzionata, che non lasci indietro nessuno e che permetta di gestire i costi, anche sociali, di questo importante e non rinviabile processo di trasformazione delle economie. 

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