P arlare del mondo del libro fino a non molti mesi fa equivaleva a ripercorrere una parabola ascendente del business, per certi versi anche inattesa e spinta dall’emergenza Covid che ha fatto aumentare il tempo trascorso in casa o comunque in attività non basate sulla socialità. Per Ricardo Franco Levi, presidente Aie (l’associazione che riunisce il mondo dell’editoria libraria) oggi però si è piombati in «una situazione di emergenza». L’Sos è legato al costo della carta. E senza interventi opportuni e tempestivi da parte del Governo è «a rischio l’equilibrio economico generale del settore» che in Italia realizza (dato 2021) un giro d’affari complessivo di 3,4 miliardi, con 5.190 case editrici attive. I dati di confronto sono possibili per l’editoria di varia (romanzi e saggi vendute nelle librerie fisiche e online e nella grande distribuzione) che dopo un 2021 record ha segnato una battuta d’arresto con il 3,6% di copie vendute in meno e il 4,2% di valore del venduto (prezzo di copertina) in meno rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. Dal 2 gennaio al 19 giugno, le vendite nei canali trade (librerie fisiche e online e grande distribuzione) sono state infatti pari a 670 milioni di euro, 30 milioni in meno rispetto al 2021 ma 86 in più rispetto al 2019. Un calo, ma dopo un 2021 di crescita a doppia cifra. Perché parlare di emergenza? Perché di questo si tratta. Voglio richiamare l'attenzione sui titoli che proprio oggi (ieri, ndr.) Il Sole 24 Ore ha pubblicato a pagina 2 e 3. In una il presidente di Confindustria Bonomi parlava di “imprese in difficoltà”. Un altro titolo segnalava il tema della “carta ai massimi”. Ecco il punto è questo. E nel ragionamento occorre non perdere di vista un punto chiave. Quale? L’editoria rappresenta un elemento fondamentale della cultura e dell’istruzione nel Paese. È un ruolo assolutamente centrale. Ma il libro è anche un’industria. Anzi: è la più grande industria culturale del Paese e che ci vede quarti in Europa, dopo Uk, Francia e Germania. Non è un caso che l’Italia sia stata scelta come ospite d’onore l’anno prossimo a Parigi e fra due anni alla Fiera di Francoforte. Un’industria che negli ultimi due anni ha risalito la china in maniera arrembante. È vero. Però è il caso di segnalare come adesso i dati parlino di un - 4,2% a valore rispetto al 2021. Certo, stiamo parlando ancora del +14,7% sul 2019, ma è un segno meno che non si può derubricare. E qui si innesta il problema la cui mancata risoluzione finora ha determinato un’emergenza. E il termine è quantomai appropriato. L’esplosione del costo della carta i cui prezzi sono saliti di oltre il 50% e che rischia di abbattersi sul settore con la potenza di uno tsunami. Con due tipi di pericolo. Il primo è il ribaltamento dei costi sulla clientela finale: scelta finora evitata dagli editori. Ma il grande rischio è anche quello di vedere scomparire tante imprese, soprattutto le più piccole che possono non farcela a sostenere i costi. Da dove deriva questo aumento? All’origine c’è quella che mi verrebbe da definire una tempesta perfetta. Da una parte c’è l’incremento dei costi dell’energia. Dall’altra c’è la pressione che deriva dall'ecommerce, con il grande aumento di richieste di carta e cartone per imballaggi. Cosa fare dunque? Da parte nostra vogliamo rilanciare con forza la proposta di un credito d’imposta per la carta. Nei mesi scorsi avevamo proposto un intervento di agevolazione del 30% sulla spesa per la carta ipotizzando un impegno per il Governo di 40 milioni di euro all’anno per 2023 e 2024. Adesso con ogni probabilità non basta neanche più. Quindi quale può essere la linea d’azione? Il credito d'imposta sulla carta è vitale per il settore. Allo stato delle cose penso sia utile pensare a un’aliquota del 40 per cento. E a un impegno finanziario maggiore. Ma è una misura indispensabile. Solo per i libri di testo è previsto un aumento dell’1,5% come da inflazione programmata. Ma quella reale è ben altra cosa. Gli editori hanno fatto sinora e faranno di tutto per evitare di scaricare i maggiori costi sui lettori e sulle famiglie. Ma la tensione sul settore è fortissima.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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