STUPIDA RAZZA

domenica 4 settembre 2022

Le sanzioni sono sbagliate? No, peggio: sono un danno

 

I sei pacchetti di sanzioni varati sin qui dall’Unio - ne europea, applicati alla Russia in seguito all’in - vasione dell’Ucraina decisa da Vladimir Putin, funzionano? Funzionicchiano, forse, come disse qualcuno in altri tempi e riguardo ad altri temi. È certamente vero che l’economia russa per alcuni aspetti sta subendo dei danni, tuttavia, per altri, mostra una resistenza e una capacità di reinventarsi che ha sorpreso molti osservatori, soprattutto negli Stati Uniti. Complessivamente, nel 2022 la Russia dovrebbe raggiungere un valore dell’ex p o rt di idrocarburi superiore ai 330 miliardi, una cifra enorme, in crescita rispetto all’anno precedente di oltre il 35%. Potendo vendere sempre meno in Occidente i propri idrocarburi, con una certa rapidità la Russia si è rivolta ad altri mercati che non applicano regimi sanzionatori, come l’Ind ia. Questo Paese ha aumentato a dismisura l’import di greggio dalla Russia, arrivando quasi a saturare la capacità di raffinazione per poi esportare prodotti petroliferi in grandi qu a nt i tà . Anche la Cina è cresciuta come partner commerciale, non solo rispetto al gas venduto da Mosca attraverso i gasdotti, ma anche per petrolio, carbone e Lng. Nei primi sei mesi del 2022 l’i m p o rta z io n e di gas via gasdotto, chiamato Power of Siberia, ha raggiunto il massimo storico, con una crescita rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente del 63%. Per il terzo mese consecutivo, a luglio la Russia è risultata essere il maggior esportatore di petrolio verso la Cina (+7,6% rispetto a un anno prima), a discapito di altri Paesi dai quali Pechino ha ridotto l’import. La Cina compra volentieri anche il carbone russo, dato che l’import di Pechino nel solo mese di luglio ha fatto segnare un +14%. In Cina arrivano anche molte navi metaniere russe, tanto che i dati fanno segnare un +36% di import di Lng nel primo semestre 2022 rispetto allo stesso periodo del 2021. La Russia è diventato il quarto fornitore della Cina, dopo Australia, Malesia e Qatar e nel primo semestre ha esportato verso Pechino 4 miliardi di metri cubi di gas. La sorpresa è che i cinesi, a loro volta, esportano Lng. La Jiangxi jovo energy, ad esempio, che nel primo semestre del 2022 ha fatto registrare un aumento di profitti del 61,5% rispetto all’anno precedente, avrebbe venduto il carico di almeno una nave metaniera a un acquirente europeo. Altri soggetti, come Sinopec, avrebbero rivenduto quantitativi di Lng all’estero. Si tratta di movimenti piccoli, ma che segnano l’inizio di una tendenza. In Russia, Gazprom prevede di staccare un maxi dividendo. Avendo sviluppato un utile nel primo semestre 2022 pari ad oltre 41 miliardi di euro, a settembre un’a s s e m b l ea straordinaria degli azionisti discuterà la distribuzione di un dividendo da oltre 20 miliardi di euro, che per circa la metà entreranno direttamente nelle tasche del governo di Mosca. Dopo avere chiuso per tre giorni di manutenzione il Nord stream 1, il Cremlino accusa l’Ue di mettere i bastoni tra le ruote a Gazprom, riferendosi alla ormai celeberrima turbina Siemens ferma in Germania, la cui mancanza impedirebbe un normale flusso di gas attraverso il gasdotto. Il portavoce Dmitry Peskov ha affermato ieri, durante un incontro da remoto con i giornalisti, che Gazprom è pronta ad adempiere agli obblighi contrattuali sulle forniture di gas, ma che l’Unione europea sta ostacolando la ripresa del Nord stream 1 perché applica le sanzioni. Intanto, il G7 dei ministri delle Finanze che si terrà nei prossimi giorni dovrebbe discutere un piano messo a punto dagli Stati Uniti per imporre un prezzo massimo al petrolio proveniente dalla Russia. Dal Cremlino è arrivato però un altro avvertimento all’Occidente: «Mosca non fornirà greggio o prodotti petroliferi raffinati a quelle società e nazioni che introdurranno un tetto massimo al prezzo del petrolio russo», ha detto ieri il vice primo ministro Alexander Novak. Dalla parte occidentale, l’applicazione delle sanzioni alla Russia ha comportato la necessità di trovare fornitori alternativi per carbone e petrolio. Il gas non è oggetto di una vera e propria sanzione: Bruxelles, ben sapendo di non poter fare a meno completamente del gas russo dall’oggi al domani, ha lanciato nella primavera scorsa il programma Repowereu che prevede un progressivo distacco dalle forniture russe per arrivare entro la metà del 2023 a un azzeramento dei flussi. La realtà sta già dimostrando che questa intenzione è destinata a restare tale, considerato che nel frattempo Mosca non è rimasta (e non rimarrà) a guardare. In Italia, in particolare, si sono inaugurati i tazebao di bollette del gas, a significare certo il disagio di chi si trova a pagare dieci volte tanto un’e n e rg i a che sembra diventata un bene di lusso, ma soprattutto il fallimento della politica estera ed economica di un colosso dai piedi d’argilla. A conti fatti, l’effetto economico delle sanzioni sull’economia russa, se mai arriverà a essere decisivo, è molto più a lungo termine di quanto inizialmente previsto da chi ha voluto le sanzioni, mentre, per converso, il contraccolpo sull’economia europea è stato immediato e drammatico. Un ripensamento appare sempre più necessario.

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