Fino a poco tempo la discesa verso la parità tra euro e dollaro sembrava un miraggio, una provocazione finanziaria. Adesso il gioco delle aspettative si è ribaltato: la riconquista della parità con il dollaro è invece diventato un obiettivo della Banca centrale europea. Perché nell’attuale contesto macroeconomico e geopolitico l’Eurozona sta perdendo colpi e di conseguenza la sua espressione valutaria (l’euro) sta facendo fatica tanto che ieri il cambio è scivolato fino a 0,987, i minimi da 20 anni. Ad inizio anno invece con un euro si poteva acquistare 1,15 dollari. In pochi mesi l’euro si è svalutato del 16%. Un cross valutario è espressione di tante sfaccettature, dalla politica monetaria (la banca centrale più aggressiva tende a rafforzare in termini relativi la propria divisa) alla bilancia dei pagamenti (se un’area è in surplus delle partite correnti tende a rafforzare la valuta). Va però detto che il dollaro non è una valuta come tante: è la riserva di ultima istanza che nelle fasi di turbolenza finanziaria viene acquistato come bene rifugio. Un altro fattore da aggiungere alla delicata formula che determina giorno dopo giorno i valori delle monete. Di questo passo il 2022 sarà ricordato come l’anno del Re dollaro perché il “dollar index” - un paniere che mette in confronto l’andamento del dollaro con un basket di valute dove però i cambi con euro e yen incidono per il 70% del calcolo - ha toccato nell’ultima seduta i 110 punti, come non accadeva dalla primavera del 2002. L’euro sta perdendo colpi per tre motivi. Il primo riguarda la politica monetaria ed è conseguenza della maggiore aggressività della Federal Reserve rispetto alla Bce sul fronte tassi. Da inizio anno la Fed ha alzato i tassi di 250 punti base (che il 21 settembre diventeranno 300 o 325) mentre la Bce per ora è ferma a 50 punti base (che giovedì potrebbero diventare 100 o con maggiori probabilità 125). Anche se la Bce pare essersi svegliata dal torpore e quindi ha avviato un percorso di strette monetarie difatti al momento resta sempre indietro rispetto all’operato della riserva statunitense. Il secondo punto riguarda la bilancia commerciale. Il 2022 passerà anche alla storia perché la Germania, la principale economia dell’Eurozona, è passata in deficit commerciale per la prima volta dal 1981. «Il terms of trade della Germania, ovvero il rapporto tra il costo delle importazioni e quello delle esportazioni è sceso ai minimi degli ultimi 40 anni - spiega Paolo Belvederesi, ad di Zeygos -.Detto in modo più semplice, per la Germania (ma non solo), importare costa sempre di più ed esportare fa guadagnare sempre di meno. E questo si traduce in maggiore inflazione importata e minore crescita». E di qui si passa al terzo punto: la maggiore debolezza economica dell’area euro, complice anche la guerra energetica con la Russia alimentata dalla recente chiusura del gasdotto Nord Stream 1. «Il dollaro ha beneficiato del fatto che gli Stati Uniti sono autosufficienti dal punto di vista energetico, a differenza dell’Europa che è diventata molto dipendente dal gas naturale russo per il suo fabbisogno. Questo l'ha resa molto esposta all’impatto delle interruzioni delle forniture, dei conseguenti costi energetici più elevati, del potenziale razionamento dell’energia e, come effetto, di una probabile recessione - sottolinea John Stopford, gestore di Ninety One -. Al contrario, la crescita degli Stati Uniti continua a reggere abbastanza bene e la Fed è sulla buona strada per aumentare i tassi di interesse in modo significativo e superiore alla Bce, e tutto questo va a danneggiare l’euro e molte altre valute su base relativa. Ora che la moneta unica è scesa al di sotto della parità, il mercato valutario potrebbe tentare di spingerla ancora più in basso». Nel medio termine quindi, fino a prova macroeconomica e geopolitica contraria, il trend dell’euro nei confronti del dollaro sembra ancora impostato al ribasso. «Ma nel breve occorre stare attenti in quanto occorre rispettare i segnali tecnici di esaurimento - spiega Stefano Bottaioli, consulente finanziario e responsabile territoriale di Banca Consulia -. La nota strategia di DeMark ad esempio suggerisce un “buy sequential di 12 su 13” e indica quindi che siamo ormai alla conclusione di questa gamba di ribasso e un rimbalzo potrebbe essere nelle corde».
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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