N ell’estate che ci stiamo lasciando alle spalle, nella raccolta di frutti e ortaggi gli agricoltori, quando possibile, hanno concentrato il lavoro nelle ore più fresche, iniziando con le primissime luci dell’alba, per riprendere al tramonto. Un anticipo che non ha riguardato solo l’agricoltura. Il caldo, soprattutto in certi comparti e per certi mestieri, sta diventando un problema da risolvere con cambiamenti nell’organizzazione del lavoro, rivedendo orari e turni, immaginando piani anticaldo d’emergenza e nel lungo periodo, con investimenti sul miglioramento della climatizzazione dei siti (si vedano altri pezzi in pagina). Senza tralasciare le ripercussioni molto pesanti anche sulle bollette, soprattutto in questa fase di shock energetico. Nelle scorse settimane, sul tema, c’è stato anche un intervento del Tribunale di Palermo che ha accolto il ricorso d’urgenza di un rider, a cui, secondo quanto ha stabilito il giudice, dovevano essere forniti almeno un litro di acqua per ogni ora di esposizione ai raggi solari, integratori di sali, crema solare ad alta protezione e salviette rinfrescanti. Marco Morabito, ricercatore del Cnr, responsabile del progetto Workclimate, ci spiega che «quello che si è verificato quest’estate è quello che raccontiamo con una certa insistenza da oltre una ventina d’anni e che purtroppo negli ultimi 10 anni tende sempre più a peggiorare. Secondo i recenti dati pubblicati dall’Isac-Cnr (Istituto di scienze dell’atmosfera e del clima) i primi 7 mesi di quest’anno sembrano proiettarlo come il più caldo di sempre, almeno per quel che riguarda la situazione nel nostro paese. Altri anni particolarmente caldi sono stati il 2018, 2015, 2014, 2019 e 2020, quindi negli ultimi 8 anni, 6 hanno fatto registrare le temperature più elevate della storia. Purtroppo non abbiamo più bisogno di “prove generali”, la situazione dovuta ai cambiamenti climatici è già ampiamente critica». E chiede alle imprese e ai lavoratori flessibilità nell’adattare l’organizzazione del lavoro nei momenti più difficili. Sempre più lunghi e intensi nei mesi centrali dell’estate. Al punto che quest’estate il caldo è stato inserito tra gli eventi meteo estremi per richiedere la cassa integrazione, secondo quanto annunciato da Inail e Inps nelle scorse settimane (si veda altro pezzo in pagina). Ci sono rischi per la salute e la sicurezza, «spesso scarsamente percepiti dalla popolazione in generale», osserva Morabito, ma anche per la produttività. E c’è una polarizzazione dei “mestieri” sempre più marcata. Coloro che lavorano negli uffici possono infatti utilizzare lo smart working in base agli accordi sindacali, risparmiandosi, per un certo numero di giorni al mese, uno dei momenti più critici nelle giornate calde e cioè il trasferimento casa e sede, per esempio. Chi invece deve lavorare in presenza sulle linee produttive o nei cantieri o nei trasporti o nei ristoranti, non può farlo e proprio per questo le organizzazioni sono corse ai ripari. Dalle proiezioni dell’Ilo, l’organizzazione internazionale del lavoro, basate su un aumento della temperatura a livello globale di 1,5°C (che sottostima quando prevede il Cnr) entro la fine del ventunesimo secolo, emerge che nel 2030, il 2,2 per cento del totale delle ore di lavoro in tutto il mondo andrà perso a temperature elevate: si tratta di una perdita di produttività equivalente a 80 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Questo secondo una stima conservativa. L’Ilo, però, ipotizzando che il lavoro agricolo e le costruzioni si svolgono sotto il sole, prevede che nel 2030 la perdita di ore di lavoro in tutto il mondo salirà al 3,8 per cento, ossia l’equivalente di 136 milioni di posti di lavoro a tempo pieno. Se le perdite economiche dovute allo stress termico sul lavoro sono state stimate in 280 miliardi di dollari nel 1995, nel 2030 questa cifra aumenterà fino a 2.400 miliardi di dollari. Le subregioni europee, dove rientra l’Italia non risultano tra le più colpite e, per ora, nelle proiezioni registrano perdite di produttività intorno allo 0,1 per cento. Le aree più colpite saranno l’Asia meridionale e l’Africa occidentale: con uno scenario di riscaldamento globale di 1,5°C, entro la fine del secolo lo stress termico in queste due subregioni, porterebbe rispettivamente alla perdita del 5,3 per cento e del 4,8 per cento delle ore lavorative nel 2030, corrispondenti a circa 43 milioni e 9 milioni di lavori a tempo pieno. Come rileva Morabito, però, la situazione potrebbe essere sottostimata. Nei paesi dell’Europa centrooccidentale e orientale, «potrebbe verificarsi un aumento medio della temperatura di circa 2°C e questo significherebbe che metà della popolazione europea sarà esposta ad un rischio molto elevato di stress da caldo in estate, con conseguenze devastanti per la salute della popolazione e importanti ripercussioni economiche». Quest’anno, le ondate di calore, hanno manifestato tutta la loro potenziale criticità e non bisogna trascurare che, anche nelle stagioni intermedie «l’acclimatazione al caldo è un processo che si completa nell’arco di 7-14 giorni di esposizione al caldo, se impegnati in attività lavorative intense, esposti al sole o utilizzando dispositivi di protezione individuale che limitano la sudorazione», spiega Morabito. In questa situazione il rischio infortunistico è dietro l’angolo, come racconta un recente studio condotto dall’Inail, in collaborazione col progetto Workclimate. Analizzando gli infortuni sul lavoro verificatisi in Italia nel periodo 2006-2010, circa 5.200 infortuni sul lavoro all’anno sono stati dovuti agli estremi termici: 4mila agli effetti del caldo e circa mille al freddo, pari a circa l’1,15% del totale degli infortuni. Dallo studio è emerso che gli effetti del caldo sono maggiori per i lavoratori dell’edilizia, nei giovani, probabilmente perchè sottovalutano il rischio, o perchè meno esperti e coinvolti in mansioni più intense, negli uomini e nei lavoratori occupati nelle piccole imprese.
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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