STUPIDA RAZZA

domenica 4 settembre 2022

«Troppe reazioni avverse gravi»

 

Sono troppo elevati i casi di eventi avversi gravi da vaccino a mRna anti Covid-19 rispetto a quelli attesi da una vaccinazione media. Lo denunciano i dati di uno studio appena pubblicato sulla rivista Vac c i n e e coordinato da Peter Doshi, ricercatore americano dell’Università del Maryland (Baltimora), molto rinomato nel settore. In base ai dati disponibili sugli studi di registrazione fatti da Pfizer e Moderna, i ricercatori rilevano che il numero di eventi avversi gravi negli adulti, dopo la somministrazione del vaccino a mRna, è pari a «un caso su 800», rispetto all’uno, massimo due, attesi mediamente per ogni milione di dosi per una normale vaccinazione. Si tratta, commentano gli autori, di un «aumento assoluto» del rischio di questi eventi gravi» che «solleva preoccupazioni sul fatto che i vaccini a mRna siano associati a più danni di quanto inizialmente stimato, al momento dell’autor iz zazione, dalle agenzie del farmaco». Le reazioni avverse gravi (Sae, serious adverse event) comprendono: pericolo di vita; ricovero ospedaliero o suo prolungamento; disabilità/incapacità persistente o significativa e morte. Anche su una lettera aperta agli amministratori delegati delle due aziende, nel blog di Bmj - la rivista della British medical as s o c i at io n , di cui è associate editor - Doshi r i ba - disce che «è difficile definire il profilo di sicurezza dei vaccini a mRna» senza i numeri. Da un lato, le agenzie del farmaco non sempre hanno (o danno) i dati digitalizzati precisi sui vaccinati e, dall’alto, le aziende produttrici, nonostante le richieste, non mettono a disposizione della comunità scientifica informazioni importanti per definire in modo preciso il rapporto beneficio/rischio del vaccino nelle varie fasce d’età . Nel dettaglio, dai dati (aggregati) dello studio recente, il rischio di eventi gravi dopo la vaccinazione con un prodotto a mRna, rispetto alla persona non vaccinata, è del 36% più elevata con la dose di Pfizer e più alta del 6% per Moderna. Combinando i due dati, si arriva a un + 16% di rischio, in chi si vaccina. Numeri da approfondire per Doshi che, sul B m j, riconosce «che le stime sono solo approssimazioni» e spiega che questo accade «perché i dati originali rimangono sequestrati. Ad esempio», aggiunge, «non possiamo stratificare per età, cosa che aiuterebbe a chiarire le popolazioni in cui i benefici superano i danni». Non sono questioni secondarie perché permetterebbero un uso più preciso e razionale di uno strumento di salute pubblica. Purtroppo, oltre alle aziende, anche l’Agenzia americana (Fda) che, a differenza della controparte europea (Ema) «detiene set di dati elettronici di ciascun partecipante» agli studi, non ha ancora reso disponibili i valori in suo possesso. Eppure, osserva Doshi «questi piccoli set di dati potrebbero aiutare» a dare il prodotto in modo corretto «nelle persone che ne potrebbero beneficiare di più» - gli over 70, secondo alcuni esperti - ridurre il rischio di danni in altre fasce e di età e «mettere a tacere le preoccupazioni diffuse sulla mancanza di trasparenza». 

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