Fottere tutti e farsi applaudire. È la specialità dei Benetton. Se ci fosse una cattedra per la materia, sarebbero professori emeriti. Se ci fosse una specialità olimpica, sarebbero medaglia d’oro. Ce l’hanno nel sangue: riescono sempre dare il peggio al Paese che, per contro, ogni volta inspiegabilmente li ricambia ricoprendoli di peana e onori. L’ultima impresa: l’affa - re Autogrill. Uno storico marchio italiano (un altro!) viene venduto all’estero, le leve del comando passano agli svizzeri della Dufry, il titolo sarà tolto da Piazza Affari e quotato solo a Zurigo e come se non bastasse i piccoli risparmiatori vengono bastonati. Gli unici che ci guadagnano, insomma, sono i medesimi B e n etto n . I quali però, come sempre, se ne escono circondati da euforici applausi e commenti entusiasti. «Nasce il nuovo gigante», «ecco il colosso globale», «ecco il campione globale», «accordo strategico», «Inizio di una nuova era», «passo decisivo», «nozze da 12 miliardi», titolano i giornali. E Alessandro Benetton, che ha concluso l’o p e ra z io n e, arriva a dire (al Messag gero) che così si ritorna «allo spirito dei padri fondatori». Infatti, lo si è sempre saputo che Autogrill era stata fondata per diventare svizzera. Di secondo nome infatti fa Heidi. «La realtà è che un altro pezzo dell’imprenditoria italiana è finito in mani straniere», ha scritto Gianluca Baldini su l l a Ve rità di ieri. Ma la realtà non interessa a nessuno. E infatti la nostra è stata, come spesso ci accade, l’unica voce fuori dal coro dei commenti entusiasti. «Campione internazionale», «integrazione strategica«, «prosecuzione di un percorso di crescita», hanno scritto i giornali. Ma di crescita per chi? Non certo per i piccoli azionisti che ci hanno rimesso di tasca loro. Non certo per il titolo in Borsa che è crollato (pardon, la versione ufficiale dice che «si è adeguato»). Non per i consumatori che si troveranno davanti un nuovo gigante che, alla faccia di tutti gli antitrust, imporrà prezzi ancora più cari al panino Camogli, ammesso che resti Camogli e non venga ribattezzato Berna o Canton Ticino. Però i Benet - to n dopo essersi arricchiti gestendo per anni la gallina d’o ro delle autostrade per gentile concessione pubblica; dopo aver incassato 8,2 miliardi di euro come premio per averlo fatto talmente male da farle cadere a pezzi; dopo aver evitato la revoca della concessione (che è invece toccata a C a rl o Toto per la A24 e A25), adesso svendono all’estero il marchio Autogrill che avevano avuto dallo Stato. E passano pure per eroi. Per geni dell’economia. «I B e n etto n salgono al comando», riesce a scrivere qualche cronista in preda all’eu fo r i a . Come no. Al comando. Con il 20 per cento delle azioni. La famosa maggioranza del 20 per cento che comanda sulla minoranza dell’80 per cento. È vero che, con quel 20 per cento delle azioni, i B e n etto n saranno i primi azionisti del gruppo. Ma è vero anche che non potranno comandare nulla. Come dimostra il fatto che nelle cariche di presidente esecutivo e di ceo vengono confermati gli attuali manager del gruppo svizzero, Juan Carlos Torres e Xavier Rossinyol, mentre ad Alessandro Benetto n viene riservata la carica di presidente onorario. Eppure i quotidiani nascondono la verità sotto fiumi di eufemismi. Scrivono che la «governance è mista». Mista, capite? Gli svizzeri hanno presidente esecutivo e ceo, gli italiani la presidenza onoraria: «governance mista»? Davvero? Però ecco, «i manager italiani lavoreranno a stretto contatto con quelli svizzeri», aggiungono i sottili analisti economici. Perbacco: questa sì che è una conquista importante. E cosa fanno i manager italiani per essere a contatto con i colleghi della Dufry? Prendono l’ascensore insieme? O si mettono sotto la scrivania? O li aspettano alla macchinetta del caffè? «Tecnicamente si configura come un’acquisizione» è costretto ad ammettere qualche giornale fra le righe. Ma va? Pensa un po’. Però lo dicono sottovoce. Vergognandosene un po’. Nascondendolo sotto tonnellate di melassa euforica per la grande operazione. Perché l’immagine che deve passare è quella dei B e n etto n vin - citori, che fottono e vincono come sempre, che creano giganti, colossi, accordi strategici, integrazioni miracolose. Che diventano leader del travel concession market. Che fondano la big del travel retail (un po’ di inglesorum fa sempre bene). «I B e n etto n p o rta n o in dote i loro valori e la loro cultura aziendale», scrive La Sta mp a. Ovviamente nella speranza che valori e cultura aziendale non siano quelli della grigliata a Cortina dopo il crollo del Ponte Morandi. Ma insomma: perché su questi signori, qualsiasi cosa combinino, vige sempre un pregiudizio positivo? Non riesco proprio a capire. Hanno guadagnato soldi per anni alle nostre spalle con le autostrade, le hanno gestito male da provocare disastri, per ringraziarli di tutto ciò li abbiamo riempiti di soldi. E ora, come se non bastasse, li facciamo passare per eroi perché hanno ceduto agli svizzeri uno storico marchio ital i a n o… Non è il primo, certo. Da Galbani a Invernizzi, da Carapelli a Bertolli, da Plasmon a Peroni, da Gancia a Pernigotti, passando per l’intero settore della moda (Versace, Ferrè, Valentino, Bulgari, Gucci, etc.), per quello dei motori (Ducati, Lamborghini, Pininfarina), per le biciclette (Bianchi e Atala), gli yacht Ferretti, la Carta Fabriano, la Riello, la Piaggio, fino ad arrivare ai vigneti e ai grandi hotel, sono tanti i pezzi d’Italia ormai non più italiani. Ma ogni volta fa male. Perché questi marchi raccontano la nostra storia. Il primo autogrill, per dire, è del 1947, lo inventò Mario Pavesi, il papà dei Pavesini. Da allora il loro sviluppo ha accompagnato la nostra storia: il boom economico, le vacanze con la Cinquecento, gli esodi degli anni Setta nta … In quelle aree di sosta c’è qualcosa della nostra vita. Ora quel qualcosa è nelle mani degli svizzeri. Ma non ditelo a nessuno. Non vorrete mica disturbare la grande operazione strategica di quei geni dei Be - n etto n?
NEL 2012 NON CI SARA' LA FINE DEL MONDO IN SENSO APOCALITTICO,MA UN CAMBIAMENTO A LIVELLO POLITICO ED ECONOMICO/FINANZIARIO. SPERIAMO CHE QUESTA CRISI SISTEMICA ,CI FACCIA FINALMENTE APRIRE GLI OCCHI SUL "PROGRESSO MATERIALE:BEN-AVERE""ECONOMIA DI MERCATO" FIN QUI RAGGIUNTO E SPERARE IN UN ALTRETTANTO "PROGRESSO SPIRITUALE:BEN-ESSERE"ECONOMIA DEL DONO,IN MODO DA EQUILIBRARE IL TUTTO PER COMPLETARE L'ESSERE UMANO:"FELICITA' NELLA SUA COMPLETEZZA".
STUPIDA RAZZA
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