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«Coloro che
stanno a prua vadano a poppa, e
quelli a poppa vadano a prua;
quelli a dritta vadano a sinistra e quelli a sinistra vadano a dritta; chi non ha
niente da fare, si dia da fare
qua e là ». «Facite ammuina»
(Fate confusione, n d r) è un regolamento attribuito alla Marina borbonica, che si è rivelato essere un falso storico. Rappresenta un moto di confusione organizzata, volto a mascherare un contesto di inadeguatezza generale: la fotografia dell’Italia pandemica e della comunicazione degli scienziati sul Covid.
Non è complicato trovare un
filo logico nelle informazioni
ufficiali che, da tutti i canali,
sono giunte e continuano ad
arrivare ai cittadini: è praticamente impossibile. E non (solo) perché gli scienziati si
smentiscono e si denigrano tra
di loro - sì, siamo arrivati anche a questo - ma anche perché
contraddicono ciò che loro
stessi avevano detto fino a poche settimane o mesi prima.
Due giorni fa il ministro della Salute, Roberto Speranza,
ha dato il via (con circa un mese e 20 giorni di ritardo rispetto all’inizio dell’ondata epidemica, partita intorno al 20
maggio) alla campagna vaccinale per la quarta dose. Eppure, soltanto pochi mesi prima
Sergio Abrignani, autorevole
membro del Cts, asseriva che
la terza dose può «innescare
una memoria di lungo termine
che consenta di fare altri richiami non prima di 5-10 anni». O aveva confuso gli anni
con i mesi, oppure la quarta
dose, rispetto alla terza, ha
u n’efficacia da Cenerentola visto che, secondo recenti dichiarazioni dello stesso Abri -
g nani, «il secondo booster offre una protezione di due mesi,
ma va fatto per ragioni logiche
ed immunologiche», sic .
Ne l l ’autunno del 2021, in effetti, la terza dose rappresentava la chiusura perfetta del ciclo vaccinale. Roberto Burioni
sentenziava che «dalla polio
all’epatite B, tanti vaccini prevedono tre dosi», dimenticandosi di elencare, oggi, quanti
vaccini ne prevedono quattro
(e poi cinque, e magari sei). Ma
mentre Agostino Miozzo,
membro del primo Cts, già a
novembre annunciava che «ci
potranno essere una quarta e
una quinta dose», alcuni
«esperti» (Matteo Bassetti,
Massimo Galli, Fabrizio Preg l i a s c o, per citare i più televisivi) si invece erano dichiarati
favorevoli a garantire una durata illimitata al green pass dei
tridosati, lasciando intendere
alla popolazione che dopo la
terza dose tutto sarebbe finito.
Promesso? Promessa da marinaio. Preg li as co, a gennaio
2022 definiva «non fattibile,
accettabile e riproponibile
una quarta dose universale»,
oggi la raccomanda «per il momento» ai sessantenni, in attesa del nuovo vaccino: sarebbe
il quinto in 20 mesi. Per Bas -
s etti la quarta dose è «un fallimento annunciato», quindi
nessuno deve farla, ma semplicemente perché dobbiamo
aspettare che arrivi la quinta,
ossia il vaccino che dovrebbe
arrivare a settembre (progettato a quanto pare su Omicron
1 mentre oggi nel mondo è prevalente Omicron 5). Tutto
chiaro? No, «non è detto che il
nuovo vaccino sia migliore»,
obietta Antonella Viola, che
consiglia inoltre ai tridosati di
non farsi neanche la quarta
dose, se guariti. Avrà letto la
circolare del ministero in cui è
consigliato farla «dopo 120
giorni dall’ultima infezione
successiva al richiamo»? Triplo carpiato per Ilaria Capua:
il 9 marzo dichiarava a DiMar -
te d ì, su La7 che «il vaccino sta
facendo miracoli, gli ospedali
si svuoteranno e tutto tornerÃ
nella giusta direzione, si tratta
di 2 mesi e siamo dall’altra parte»; undici giorni dopo, il 20
marzo, gelava lo studio di
InOnda , sullo stesso canale,
pronosticando che «bisognerÃ
vaccinarci in autunno, il Covid
non andrà via. Dobbiamo dirlo
agli italiani». Oggi giustamente dichiara di volersi prendere
un anno sabbatico.
La quarta dose, a gennaio,
non piaceva neanche a Gu id o
Rasi, per una ragione peraltro
condivisibile: «Non ha senso
mantenere il sistema immunitario continuamente attivato». Oggi l’ex consigliere del
generale Figliuolo consiglia di
aspettare a settembre la nuova
vaccinazione aggiornata.
Francesco Vaia a dicembre
raccomandava di «fare la terza
dose, ma non voglio arrivare a
“vaccino e cappuccino”, con
una quarta, una quinta, una
settima dose a colazione»: oggi
invoca «un richiamo annuale». B a s s etti rilancia: la terza
sì, la quarta no, la quinta sì, e
nel frattempo, «tanta circolazione virale non è poi così un
m a l e…». La famosa immunitÃ
di gregge. Quella che l’a nn o
scorso Franco Locatelli, presidente del Consiglio superiore
di sanità (Css) e coordinatore
del Cts, prevedeva che avremmo raggiunto tra agosto e settembre 2021. Smentito a fine
settembre da S p e ra n za , che la
prometteva per fine anno,
mentre R ic c i a rd i a dicembre
la stroncava come «tecnicamente irraggiungibile». Insomma, con la mano destra si
invitava la popolazione a vaccinarsi per raggiungere l’immu -
nità di gregge, con la mano sinistra si diceva che era una
chimera. Preg l i a s c o, non sapendo più come uscire dal cortocircuito, ieri si è avventurato
in un neologismo epidemiologico lanciando l’«immunità a
onde», intesa come «periodica
riduzione della quota di popolazione suscettibile all’in fezione». Il meglio è stato dato
sui bambini: a giugno 2021,
Guido Rasi dichiarava che «a
mia figlia il vaccino non lo darei adesso, sotto 40 anni è meglio non rischiare», a dicembre lo valutava indispensabile
anche per i bambini… «Ã¨ meglio non rischiare». «Terza dose sì, anche ai miei figli», insisteva B a s s etti a metà febbraio
con «soli» 60.000 contagi,
quarta dose ai giovani adesso
no, con 143.000 casi. Coerent e.
La scienza è tesi e antitesi, si
giustificano oggi le virostar,
appellandosi alla logica galileiana. È così? Certo, ma dipende dal metodo. I nostri
esperti, assolutisti del vaccino, hanno dimostrato di avere
una visione fideistica e pre-galileiana della scienza. Per mesi, incalzati dai media e dalla
politica, hanno imposto evidenze come se fossero regole
universali, smentite il giorno
dopo o quasi. Galileo non fu
processato da B el l a r m i n o per
la teoria eliocentrica, ma perché pretendeva che il suo metodo fosse «vero» in senso assoluto. Lo stesso peccato mortale in cui sono incorsi i nostri
scienziati, che però non sono
dei geni.
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